The Adderall Diaries (2015) 50 Sfumature di Franco


Debutto dal retrogusto amaro quello di Pamela Romanowsky (facciamo Roman per abbreviare, amica e collega di James Franco) alla sua prima regia di un lungometraggio. La pellicola vanta tra i produttori, al di fuori di Franco e la Roman, il grande Robert Redford ed è confezionata come il classico prodotto in stile Sundance. La sceneggiatura scritta dalla stessa Roman prende spunto dal libro omonimo scritto da Stephen Elliott; che parla del fatto di cronaca nera riguardante Hans Reiser (ingegnere informatico di Linux) e dell'omicidio perpetrato ai danni di sua moglie e nello sviluppo del suo processo iniziato nel 2006 e conclusosi nel 2008 con l'accusa d'omicidio di primo grado poi diventata di secondo dopo l'aiuto nello scoprire la salma precedentemente nascosta da lui stesso della moglie morta. La trama risulta uno spaccato di uno scrittore afflitto e drogato che dopo un cupo periodo nero in preda al blocco artistico si ritrova a guardare dentro se stesso quando la figura paterna ritorna nella sua vita e così il caso di Hans Reiser diviene il contraltare per porre a suo personale giudizio il suo passato e il padre. Il contenuto della sceneggiatura di Roman mette in atto una redenzione, una ben precisa presa di posizione delle proprie azioni, entrando dentro se stessi ed abbattendo i blocchi che impediscono la giusta visione d'insieme dei fatti, cioè quindi di mettere a posto i ricordi e mostrare antichi sensi di colpa per quello che sono veramente.

(L'impostazione intrapresa dalla trama con l'arrivo di Amber Heard)

Fino a qui tutto bene, la Roman riesce a proporre il canovaccio narrativo decentemente (anche se in modo superficiale dovuto ad un blando montaggio), le maggior problematiche subentrano con l'arrivo della storia d'amore all'interno della trama che fa perdere completamente la bussola allo script ed al suo sviluppo focalizzandosi sul classico rapporto di due anime tormentate inclini al proprio autolesionismo. Potrei affermare che la trama diventa 50 sfumature di Franco, predisponendo la pellicola in una strada del tutto inaspettata e inutilmente forzata nell'introspezione di temi che non combaciano realmente con lo sviluppo narrativo. Ma tutta questa ridondante parte si spegne come la sigaretta sul torace del protagonista e alla buona ora emerge il succo di questo film ovvero: la spietata realtà con cui viene affrontato l'aspetto della memoria.

(Ed Harris ricorda a tutti il vero significato d'essere del film)

Elliott dopo una decadenza degna di un poeta del 900 finalmente elabora i suoi pensieri (come il film la sceneggiatura): "Fa più male il dolore che provochiamo o quello che subiamo?", di grande valore le parole del padre:"Ti sei accorto dei particolari, ma non hai mai voluto guardare al grande quadro", durante il ben sviluppato ed elaborato dialogo padre-figlio. Parlando del cast buoni nella recitazione (e dannatamente belli, in particolare lei) Franco e Amber Heard (nonostante la dispersiva storia d'amore), superfluo Slater ma in particolare vi è da citare Ed Harris che eleva tutto il prodotto grazie alla sua prestazione (del resto parliamo di un signore attore) che è come una detonazione emotiva e malinconica pronta ad assorbire tutto per poi rigettarlo dentro ad una implosione personale toccante. Tirando il conto il film in quanto fotografia non è male, Bruce Thierry Cheung mostra un'attualissima Brooklyn nel suo grigio ed urbano essere prediligendo ambienti poco sgargianti ma ben adatti alla trama come lo sono le composizioni musicali di Michael Andrews che nei titoli di coda ci piazza pure l'azzeccatissima To Me di Chet Faker. Quello che delude di Roman è la sceneggiatura che rielabora il film in modo non coeso ai fini della trama, perdendosi o dando una versione personale del contenuto, tanto che lo scrittore dirà che di suo nel film vi è solo il nome del protagonista (storia vera). Un vero peccato perché gli elementi vi erano tutti, ma volete per poca esperienza della regista o per la classica problematica che affligge l'adattamento di un libro, ma il prodotto perde mordente il più delle volte nel suo scopo ultimo regalandoci solo una più che degna prestazione del già citato Ed Harris.

(Ecco cosa mi è rimasto in mente di tutta la pellicola, grazie Ed per i tuoi momenti)

(Ed anche questa aggiugerei.) 

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