2000 prima decade, entriamo nel nuovo millennio facendo capolinea alla corte inglese e del suo particolarissino stile di cinema. Shaun of the Dead (primo lungometraggio del regista Wright, scritto assieme a Simon Pegg) si distingue per lo stile di regia personale di Wright ed i suoi riferimenti ad altri film, serie televisive e videogiochi oltretutto risente della sitcom britannica Spaced, su cui sia Pegg che Wright hanno lavorato in ruoli simili. Del resto la sceneggiatura si è ispirata all'episodio "Art", scritto da Pegg (insieme alla sua compagna di scrittura e co-protagonista Jessica Hynes) e diretto da Wright. Avendo scoperto un reciproco apprezzamento per la trilogia di Romero (che poi onorerà gli stessi Pegg e Wright con un comparsa in Land of the Dead), hanno deciso di scrivere il loro film sugli zombie. Spaced doveva avere una grande influenza sulla realizzazione di Shaun of the Dead, poiché era diretto da Wright in uno stile simile, e presentava molti degli stessi cast e della stessa troupe in ruoli minori e maggiori. Nick Frost, che ha interpretato Mike in Spaced, ha un ruolo da protagonista in Shaun of the Dead come Ed. Peter Serafinowicz e Julia Deakin - che hanno interpretato Duane Benzie e Marsha in Spaced - appaiono in Shaun of the Dead nei panni della mamma di Pete e Yvonne, e la co-protagonista di Spaced ovvero Jessica Hynes interpreta Yvonne.
Mi piace molto Edgar Wright, regista e autore britannico artefice di alcune delle migliori pellicole del nuovo millennio. Mai banale, sempre brillante, e capace di strutturare perfettamente e, in un certo senso, "elegantemente" delle commedie originali e divertenti, sempre fresche e decisamente distanti dai canoni classici americani . "Shaun of the Dead" del 2004 è il primo film della sua cosiddetta "Trilogia del Cornetto" ed è certamente il lavoro più famoso di Wright, il film che lo ha lanciato tra i nomi "forti" del cinema e con il quale ha ottenuto successo per la prima volta. Co-autore del film insieme a lui il suo amico e storico collaboratore dai tempi della serie tv "Spaced" Simon Pegg, attore protagonista del film nei panni di Shaun, affiancato da Nick Frost altra presenza fissa nei film del Cornetto di Wright. A mio avviso Wright e Pegg scrivono una zombie-comedy davvero molto divertente, senza banalizzare nulla e anzi sterminando personaggi a destra e a manca come in qualunque film di zombie "serio" ma ovviamente mettendo il tutto sotto una visuale comico-grottesca con gag improbabili e personaggi esilaranti nella loro assoluta incapacità. Il finale poi è una roba davvero bellissima che richiama l'umanizzazione degli zombi cominciata con Day of the Dead di Ronero. Pegg e Frost sono una coppia molto affiatata e tengono in piedi tutto il cast, senza contare poi la presenza di Bill Nighy e Penelope Wilton però vabènnella loro favolosa inglesità. Secondo me è davvero un'ottima zombie-comedy, l'erede più valido de "Il ritorno dei morti viventi" (comunque più originale e un'atmosfera irripetibile).
L'esordio di Edgar Wright alle prese con i classici morti viventi resi mitici da Romero, lascia un vago amaro in bocca, specie se si è già usufruito del successivo Hot Fuzz! che, a mio parere, sintetizza brillantemente tutto il positivo di quest'opera prima (montaggio frenetico, commedia dell'assurdo con abile sintesi tra finzione e paradosso (esemplare la scena in cui Shaun esce da casa nella cittadina ormai preda dei dementi, fa spesa al supermarket e ritorna senza accorgersi minimamente del delirio che impazza), gustosissime scenette in rapida sequenza come quelle per architettare il salvataggio della mamma, ma che risulta tutto sommato ingolfata, specialmente nell'indulgere su zombies tra il bolso e l'imbalsamato. L'idea del messaggio subliminale, a evidenziare il tedio di un'umanità affannata in alienante routine, arriva e anche abbastanza pungente specie nel finale di spietata allegoria, ma si perde tra svariati ghirigori che fiaccano la visione anche ai più indulgenti. Insomma una regia che si affina col tempo e lascia comunque ben sperare; la deriva convulsamente videoclippara rimane marchio di fabbrica e ottimo auspicio per future satire a 360 gradi su ogni genere che tenda a prendersi troppo sul serio.
Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi della vita e ad amare la settima arte
mercoledì 31 ottobre 2018
Night of the Living Dead (1990) La notte dei morti viventi di Tom Savini
Ed eccoci finalmente arrivati alla corte degli anni 90, patria di riletture dei generi cinematografici ed anche di una originalità che sfocia si nel non-essere originale ma di ritrattare, con l'appeal di quel periodo, tante piccole pellicole sfornando varie gemme di diversa caratura. Proseguendo la striscia del filone zombie che mi ha preso nell'ultimo periodo non poteva che mancare La Notte dei Morti Viventi diretta da Tom "Sex Machine" Savini che vedeva nel cast: Patricia Tallman, Tony Todd e Bill Moseley. Romero affermò che la nascita di questo prpgetto era a causa di problemi relativi ai profitti del film originale, dato che una svista burocratica fece in modo che l'avviso di violazione del copyright non venisse incluso, questo comportò che al povero Romero tornasse quasi niente nella tasca. La società di produzione di Romero, la Image 10, alla fine vinse la causa, ma il distributore cessò l'attività prima di poter riscuotere i soldi. A tutta questa faccenda si aggiunse la paura di remake non autorizzati e apocrifi del suo film, che portò il regista stesso a contattare Menahem Golan quando venne a sapere che la 21st Century Film Corporation voleva realizzare un rifacimento del suo prodotto.
Tom Savini, che non ebbe modo di partecipare come truccatore al film originale, si propose poi come tecnico degli effetti speciali (storia di un lungo amore sin da Dawn of the Dead) del nuovo film salvo poi venir persuaso dallo stesso Romero a dirigerlo. La produzione non fu facile per Savini, che lo descrisse come "il peggior incubo della mia vita", visto che solo il 40% delle sue idee entrò nella versione finale del film (tarpando le ali alla sua rilettura) oltretutto senza Romero sul set, si dovette scontrarr con i produttori. l team degli effetti speciali (Christopher P. Martin, Jeff Naparstek, Chris Stavrakis) scelse intenzionalmente un gore limitato (a discapito della fama sanguinolenta dello stesso Savini), poiché un eccesso di sangue sarebbe stato irrispettoso nei confronti del film originale. Per mantenere gli effetti realistici, fu usato come ispirazioni: una vera autopsia, libri di testo di patologia legale e filmati del campo di sterminio nazista. Quindi sebbene da un lato non ci fosse il bisogno di un rifacimento, dall'altro era una mossa che prima o poi andava fatta dato che il caro vecchio George, almeno da un punto di vista puramente economico, non riuscì mai a beneficiare dei proventi della sua opera, tanto fu disonestamente sfruttata, duplicata ed abusata (questioni di copyright su cui qualcuno dopo più di 40 anni ci mangia ancora sopra). Richiamata quindi parte della crew originale e affidata la regia (con la sua sceneggiatura) all'amico e stretto collaboratore Tom Savini ne è venuto fuori un lodevole film horror: incalzante, veloce, bello teso, claustrofobico, molto avventuroso e con ottimi effetti speciali. Insomma, tutto quello che si può volere da un film del genere. Bisogna dare atto al regista, che pur consapevole di rischiare il linciaggio, omaggia quasi con le stesse inquadrature e ricalca fedelmente le orme dell'originale senza sfigurare e sopratutto senza "mancare di rispetto al padre". Uniche differenze, giusto per dare un tocco di originalità, qualche variazione nei personaggi (Barbara, interpretata da una sexy Tallman, che da catatonica diventa combattiva, Cooper che è tre volte più bastardo) pochissimo sangue ed un finale parzialmente diverso ma comunque negativo ed efficace.
Ovviamente l'abisso tra l'originale e questo remake è enorme, visto che le critiche alla società, il cuore, l'angoscia, l'atmosfera apocalittica ed il terrore (vero terrore) più suggerito che mostrato qui mancano del tutto (oltre al fascino del bianco e nero, che per quanto mi riguarda contribuiva non poco al fattore paura). Ma tutto sommato, se lo si prende come un film a sè stante, e sopratutto se non si è così puntigliosi da paragonare ogni frammento con l'originale (è difficile, ma per apprezzare bisogna farlo), la visione alla fine sarà decisamente piacevole e divertente. Un buon horror vecchio stampo come non se ne fanno più. Bravo il cast, in particolare Tony Todd, davvero all'altezza di Jones. Personalmente provo molto affetto per questo film (così come tanti miei coetanei) visto che lo visionai diversi anni prima rispetto all'originale e che a suo modo riuscì comunque a spaventarmi. Per questo, gli dò un voto in più. Un piccolo cult, poco apprezzato e che ha sofferto di troppi confronti, ma senza ombra di dubbio da vedere almeno una volta. E ricordate, c'è un destino peggiore della morte.
martedì 30 ottobre 2018
Night of the Creeps (1986) Stupiscimi, Dekker!
Non mi sposto ancora dal periodo anni 80, oggi tocca a Night of the Creeps (da noi conosciuto come Dimensione Terrore) scritto e diretto dal buon Fred Dekker nel 1986. Per essere un film di trent’anni fa e poco più, c’è una tale tendenza al postmoderno e al citazionista da stordire, la raffinatezza di Dekker si nota dal fatto che i protagonisti abbiano nomi e cognomi di maestri del cinema come: Romero, Carpenter, Cameron, Cronenberg, Hooper, Landis, Raimi e Miner. Lo scopo esplicito di Dekker è un mosaico creativo organizzato dove possiamo trovare: Z-movie alla Ed Wood (che è pure citato), Slasher, Zombie, commedie per teenangers americani in stile Animal House etc. Il tutto però innestato con un arrangiamento organico all’interno di una storia coerente. Il collante sono i protagonisti, sfigatissimo il primo, disabile e furbetto secondo. Lo scheletro del film è l'amicizia tra i due e l’arrivo di una ragazza, interpretata dalla carinissima Jill Whitlow.
L’atmosfera “absolutely 80’s” che si respira in “Night of the Creeps” è introdotta da un prologo in bianco e nero che ci trasporta direttamente nella fine degli anni ’50, ma ciò non è dettato semplicemente dalla fotografia (di Robert C. New sempre sul pezzo per tutto il film) dall’abbigliamento dei personaggi, dall’auto d’epoca che guidano e dalla hit di quel periodo che costituisce il commento musicale, ma soprattuttotto dalla situazione di grande familiarità in cui lo spettatore, abituato agli sci-fi di metà secolo (trasmessi continuamente dalle tv americane di quel periodo), si troverà coinvolto. La coppietta appartata in auto che vede un corpo luminoso precipitare dal cielo è un palese omaggio a “Blob”, nonché a tanto altro cinema fantastico; così come l’assassino scappato dal manicomio che si avvicina alla vittima mentre la radio trasmette la notizia dell’evasione, ha tanto il sapore di leggenda metropolitana, di quelle che si raccontano davanti al fuoco scoppiettante durante i campeggi estivi. “Night of the Creeps”, oltre a riscuotere una certa fama tra gli appassionati del genere, ha avuto anche l’onore di ricevere un sentito omaggio in “Slither”, fanta-horror con parassiti alieni vermiformi per il quale il regista James Gunn ha semplicemente rielaborato il plot base.
Non c’è molto da dire se non che il film risulta un onestissimo horror anni con un gusto particolare per il citazionismo, il nonsense e i dialoghi surreali. Il film di suo non prova neanche a essere qualcosa di più o innovare/buttare in campo idee interessanti; è girato con mestiere, recitato altrettanto e ha il ritmo di un filmino qualunque, difetto dal quale si salva grazie all’amore per il gore bello esplicito e potente, a parecchie morti creative e a effetti speciali pratici. Un film che va amato anche per questo: perché (ripeto) è senza alcuna pretesa. È una storia con dei personaggi ai quali ti affezioni (come il detective solitario intepretato da Tom Atkins) oltretutto piena di tormentoni, per esempio il poliziotto Cameron che risponde «thrill me» a chiunque gli rivolga la parola. Night of the Creeps quindi per stilare una lista di quello che non fa: primo non reinventa la figura dello zombie e seconso non rivoluziona la fantascienza. Ma la cosa più interessante è il suo essere un film spaventosamente visivo, che pur restando entro i canoni del genere riesce a incollare allo schermo perché è semplicemente "bello da vedere" (per i fan del genere ovviamente).
giovedì 25 ottobre 2018
The Return of Living Dead (1985) Una risata li disseppellirà tutti
Rimaniamo sempre negli anni 80, ma ben lontani da Romero (ma non poi così tanto visto che il soggetto e parte della sceneggiatura sono per mano di John A. Russo la seconda mente della Notte dei Morti Viventi) per far capolino alla corte di un lungometraggio molto rinomato nel genere ovvero The Return of Living Dead. Il regista (e co-sceneggiatore) è Dan O'Bannom, famoso per le sceneggiature di Dark Star (John Carpenter, 1974), Alien (Ridley Scott, 1979) ed Atto di forza (Paul Verhoeven, 1990), che prese il posto di Tobe Hopper (occupato sul set di Space Vampires).
Day of the Dead (1985) Il ritorno di Romero
Immancabile l'appuntamento con Romero negli anni 80 con il terzo ed apparentemente conclusivo capitolo della saga fegli zombi più famosa di sempre. Inizialmente la sceneggiatura era molto più complessa di quella utilizzata per girare il film, e conteneva scene di violenza estrema; i produttori imposero però al regista la realizzazione di un film con un rating non superiore a "R" (cioè vietato ai minori di 17 anni non accompagnati) come i capitoli precedenti, in cambio del preventivato budget di 7.000.000$. Romero, invece preferì ridimensionare il progetto, accontentandosi di uno stanziamento di "soli" 3.000.000$, ma riservandosi ogni libertà artistica. Infatti il film rimane il capitolo più feroce e raccapricciante (merito di Savini e Nicotero veramente motivati nella messa in scena) della saga dei morti viventi, con sequenze di violenza che, seppure avvengano in molte meno scene rispetto ai suoi predecessori, mostrano degli effetti splatter al limite della sopportazione, tanto che la pellicola riceverà il rating NC-17, cioè vietato ai minori. Alcune delle idee accantonate saranno poi riprese nel successivo La terra dei morti viventi. La critica sociale (che nella Notte era diretta alla guerra del Vietnam, in Zombi al consumismo) questa volta è diretta verso le cosiddette "follie" dell'era Reagan.
Gli anni 80 sono sempre stati un calderone esemplare per ogni genere vista la particolarità creativ di quei tempi, non fa eccezione questo terzo capitolo che dopo la collaborazione con Dario da modo di nascere in un modo ancora più originale del precedente fornendo delle chiavi di lettura molto interessanti per il genere. I morti si sono risvegliati e dominano ormai da tempo su tutto il globo. Il film si apre con il pilota giamaicano John mentre conduce a bordo del suo elicottero un gruppo di persone costituito da Sarah, Miguel Salazar e l'operatore radio Bill McDermott a Fort Myers, Florida, dove Sarah e Miguel scendono per trovare eventuali sopravvissuti. Ai loro richiami, tuttavia, risponde solo l'arrivo di un'enorme orda di morti viventi, quindi il gruppo torna nella loro base militare sotterranea situata nelle Everglades, dove un organo scientifico, protetto da un ristretto plotone di soldati, sta cercano di trovare una soluzione all'epidemia degli zombi. Il capo del dipartimento degli scienziati, il Dr. Logan, denominato "Frankenstein" per via dei suoi esperimenti sugli zombi, è convinto che sia possibile accudire i morti viventi per riuscire a coesistere con loro. Vi è da dire che il film è tutto un crescendo, per certi versi l'ambientazione e l'atmosfera della base militare ricordano lo stile narrativo che Carpenter adotterà nel film La Cosa due anni più tardi, abbandonate le composizioni dei Goblin del secondo capitolo agfida le musiche al amico e collaboratore John Harrison il risultato è una colonna sonora solida e ben strutturata tipica di quei tempi che ben si adatta alla fotografia Michael Gornick ed alle scenografie di Cletus Anderson.
Romero ha deciso di girare un film a tratti claustrofobico (belli i sogni della protagonista veramente d'effetto), in cui i sopravvissuti sono costretti a vivere sottoterra in una base militare, ma i civili, tra cui alcuni scienziati non riescono a sopportare le vessazioni e l'aggressività del manipoli di militari guidati dal tenente Rhodes. Il quale in preda alla rabbia ha bisogno di un capro espiatorio e se la prende con gli unici che non fanno parte del suo branco. La metafora dell'autoritarismo becero e insensato che minaccia il buon senso è un esempio tipico del cinema di Romero, nonostante gli zombi, gli esseri umani trovano ancora il tempo di distruggersi tra loro. Il personaggio di Sara (una bellissima Lori Cardille) è lampante, una donna forte, una scienziata, una civile che cerca di conservare la sua umanità che viene messa a confronti con il dottor Logan, ormai squilibrato, ma sul punto di capire come addomesticare gli zombi. E qui c'è un altro protagonista Bub, il primo zombie semicosciente vero eroe del film, nonchè primo e credo unico esempio di zombi pensante e "buono". Visto quindi nel suo aspetto autoriale e antropologico,Il giorno degli zombi rimane ancora una volta l'ennesima, spietata e riuscita esaminazione dell'umanità nei più piccoli particolari per Romero, che non annoia mai pur trattando in pratica lo stesso tema degli altri suoi lavori. Ma due parole in più vanno spese per lo splatter e gli effetti sangiunolenti,qui veramente esagerati. Certo è il capitolo più violento e disturbante,alcune scene non si dimenticano facilmente (cadaveri smembrati vivi, budella che cadono) e lo rendono anche un film adatto a chi ama l'horror nel senso commerciale del termine; troveranno pane per i loro denti. Splendidi e particolarmente riusciti sotto il profilo tecnico sono gli incubi della scienziata protagonista.
martedì 23 ottobre 2018
Cattivi preferiti: Robert "Bob" Barnes
Robert "Bob" Barnes (Tom Berenger)
Caratteristiche: Sergente Maggiore, Veterano, Duro a morire
Film: Platoon 1986 di Oliver Stone
Frasi: "Morte?!...E che ne sapete voi della morte!"
lunedì 22 ottobre 2018
Dawn of the Dead (1978) Romero colpisce ancora
Vi è una regola non scritta dove si dice che il sequel non è mai all'altezza del primo film, cosa che però che non vale per questo secondo capitolo dedicato agli zombi da parte di Romero. Dieci anni passarono prima che George A. Romero tornasse a dirigere il secondo capitolo sulla saga dei morti viventi. Le ragioni furono molte, in primis che il regista di Pittsburgh considerava conclusa lì la storia, senza intenzione di girare una saga. Il film, le cui riprese sono durate circa quattro mesi fra la fine del 1977, è stato realizzato ben con 1,5 milioni di dollari (incassandone poi 55 in tutto il mondo). Il ruolo del regista italiano Dario Argento come co-produttore della pellicola è stato molto incisivo. Oltre ad aver materialmente ospitato Romero in Italia a Roma, dove sono state scritte molte pagine della sceneggiatura, ha contribuito alla colonna sonora (introducendo i Goblin alla composizione del film), ha curato il montaggio e la distribuzione della versione europea del film. Distribuito in Italia con il titolo di "Zombi" (e con molte parti tagliate da Argento) la pellicola incassò oltre tre miliardi di lire (oltre 10 milioni di euro odierni) rimanendo per due settimane in testa al box office. Nove mesi più tardi venne distribuito negli Stati Uniti dove arrivò ad incassare oltre 4 milioni di dollari (più di trenta rapportati ad oggi) e rinverdendo così le casse della Laurel Production. Alla fine il film totalizzò un incasso globale al box office mondiale di oltre 28 milioni di dollari, ottenendo consensi di pubblico e critica in molti paesi del mondo. In Francia tuttavia verrà distribuito anni più tardi, mentre in altri come Svezia e Germania uscirà direttamente sul mercato home video nel decennio successivo.
Guardando "Dawn Of The Dead", una delle prime cose che ho pensato, è il filone zombie che non è più riuscito a progredire dopo le pellicole di Romero, avendo, probabilmente, il picco di successo (non di qualità eh, non voglio essere frainteso) nella serie "The Walking Dead". La critica sociale, unita a tensione e grande inventiva gore/splatter (sia lodato Tom Savini), è rimasta nelle pellicole del compianto George Romero, scomparso da poco. Pellicole che hanno creato un mondo e un modo di fare cinema horror, probabilmente senza eguali. "Dawn of The Dead", nonostante evidenti limiti di budget, è una pellicola che ancora oggi rimane impressa nell'immaginario collettivo. Come contenuti, però, "La notte dei morti viventi" era decisamente superiore: l'orrore del vivere una situazione quotidiana come quella vissuta dai protagonisti, qui si percepisce solo a tratti, soprattutto verso la fine. L'incubo in cui si trovano i protagonisti è, insomma, più spettacolarizzato. Evidente ed interessante, però, il messaggio: il centro commerciale, simbolo del consumismo, come luogo verso cui tendono ad andare gli zombi perchè così erano abituati in vita ed in cui trovano rifugio i vivi nell'illusione di poter continuare una vita normale anche in quell'inferno. Non solo: vengono anche evidenziate la difficoltà delle persone ad organizzarsi nei momenti critici e la superficialità con la quale certe situazioni vengono gestite.
Qui Romero è grandioso non solo nel trasmettere tensione e nel sapere sempre scegliere le inquadrature più suggestive per rappresentare il degrado dell'essere umano di fronte a tali eventi, ma anche nel contestualizzare la vicenda in uno scenario socio-politico estremamente realistico, utilizzando la paura verso l'ignoto per rivelare tutte le lacune e le fragilità del sistema sociale del tempo. Ci sono poi alcuni aspetti tecnici del film che probabilmente, ad oggi, risultano non perfetti, come ad esempio la gestione dei tempi all'interno del centro commerciale (alcune sequenze tirate troppo per le lunghe, molti dialoghi, tempi morti, etc.), ma si tratta probabilmente di scelte volute dal regista al fine di trasmettere l'ansia vissuta dai protagonisti nella sua totalità, senza riduzioni nè spazio per l'immaginazione. Tutto documentato e chiaro, come un libro. Anche a livello di sceneggiatura non trovo difetti degni di essere riportati. L'intero scenario è realizzato alla perfezione e con la massima cura per i dettagli. Buone risultano le interpretazioni dei protagonisti (Gaylen Ross veramente convincente), quasi tutti poi non hanno preso più parte a lavori per il grande schermo se non in comparsate, a parte Ken Foree, visto anche in "The Devil's Reject" di Rob Zombie.
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