Immortals (2011) Il peplum secondo Tarsem Singh


Seguendo l'onda che sto portando nelle ultime due uscite, non vedevo perchè non sostarmi ancora nel genere peplum del 2000. Avevo già parlato della pellicola in questione, introducendone il suo cattivo nella mia rubrica dei cattivi preferiti, a cui aggiungo ora una costola informativa, impersonato dal rinnovato Mickey Rourke che scelse il ruolo abbandonando la nave, del disatro già annunciato, del progetto di Marcus Nispel che porta il nome di Conan il Barbaro. Come in 300 troviamo al timone gli stessi produttori, tra cui il buon Gianni Nunnari (artefice anche del Se7en di Fincher), però alla regia abbiamo un cineastsa molto particolare Tarsem Singh: balzato nei 90 sulla bocca di tutti con la regia del video musicale dei REM Loosing my religion, che poi ha continuato la sua carriera siglando un paio di pellicole niente male per poi richiudersi su se stesso (un po' come la carriera di Rourke) negli ultimi tempi. Hollywood è famosa per la formula che se qualcosa ha successo allora bisogno riproporlo fino allo sfinimento, quindi non è sbagliato segnare questo film sotto l'ambita scuola delle pellicole che hanno ricalcato il successo di 300.



La domanda è: cinema come visione o come narrazione? Tarsem propone con questo film il dilemma. Autore di pellicole visionare, pregne di momenti suggestivi e citazioni artistiche che rendono il suo modo di fare cinema un'esperienza davvero originale. I criticoni blasonati aggirano tale domanda proponendo il fatto che la messa in scena è un orpello inutile e fine a sé stesso, concentrandosi sulla trama, vi dirò in questa pellicola la forma non sovrasta il contenuto, essa è il contenuto stesso. Il regista indiano, ribadisce da sempre che nei suoi lavori la storia è più che altro un pretesto per esercitare il suo notevole talento visivo; rischiando di inimicarsi ulteriormente i fautori del cineasta in senso classico, quello cioè che i film li scrive, dirige, monta, produce e via dicendo. Dal mio punto di vista è sempre un'ottima cosa quando in un film si trovano sceneggiature valide, dialoghi scritti bene e interpreti talentuosi; d'altronde sono tantissime le pellicole nelle quali è possibile riscontrare le mancanze imputate a film come “Immortals”, che difettano anche negli aspetti dove questo invece eccelle.Prendete “Immortals” e paragonatelo con titoli come “Prince of Persia” o il rifacimento di “Scontro tra titani” e vi renderete conto di quanto ai film di Newell e Leterrier avrebbe giovato un regista come Tarsem. Le major però amano andare sul sicuro; del resto ci sarà un motivo se ha diretto solo tre film in undici anni. Comunque la pellicola che più viene in mente quando si pensa a “Immortals” è il cult “300”, coi suoi colori desaturati, i suoi eroi statuari e l'utilizzo del green screen. Se il film di Snyder è però sostanzialmente sempre uguale a sé stesso, la tavolozza cromatica di Tarsem ancora una volta si rivela una festa per gli occhi, con le sue scenografie manieriste, le sue soluzioni barocche e le sue scelte iperrealiste. Un tripudio di immagini e colori, nel quale si riconosce l'influenza di Michelangelo, Caravaggio, Pietro da Cortona, David, Redon e via citando.


Il Teseo interpretato da Henry Cavill (che con la preparazione fisica di questo film si è aperto la strada a Men of Steel) uccide il Minotauro ma non segue il suo tipico cannovaccio ellenico. Basandosi su una sceneggiatura dei fratelli Charley e Vlas Parlapanides (americani di nascita ma di chiare origini elleniche, che ci riproporranno poi la stessa solfa con la serie Netflix Blood of Zeus), Tarsem prende una rilettura statica e piena comunque degli elementi base dalle storie classiche e questo in effetti è un peccato perché un film basato sulle fatiche di Teseo (semidio non meno popolare di Ercole) sarebbe stato più accattivante. Ma tanto la storia non è importante. importanti sono l'immaginario iconografico delle guerre fra i titani e gli dei dell'Olimpo, con un luciferinoi re di nome Iperione pronto a liberare la vecchia generazione di divinità, da secoli ormai imprigionata nel monte Tartaro. Per farlo necessita dell'arco di Epiro (ispirato all'arco della serie animata degli anni 80 Dungeons and Dragons!), un'arma fatata in grado di abbattere la prigione in cui i titani sono custoditi. Naturalmente sulla sua strada troverà Teseo, un giovane valoroso, reietto fra la sua gente perché figlio illegittimo (figlio bastardo di Zeus). Caro agli dei, Teseo farà di tutto per ostacolare i progetti del sovrano, anche perché nel frattempo la sua questione con Hiperione è diventata molto personale. Ad aiutarlo c'è anche una sacerdotessa che ha il dono della preveggenza ma soprattutto la bellezza (lato b da paura) di Freida Pinto (qui nella sua seconda partecipazione stagionale ad un successo dopo “L'alba del pianeta delle scimmie”). Il moschettiere Luke Evans fa Zeus, il Kellan Lutz di “Twilight” è Poseidone, mentre la bellissima Isabel Lucas vista in “Transformers 2” interpreta Atena. Per loro Tarsem prevede tutta una serie di pose plastiche, almeno fino a quando non si arriva alla battaglia coi titani, che in verità sembrano una variante dei mostri di “Io sono leggenda” o degli zombie versione Snyder (ancora lui!). Il grande John Hurt appare come alter ego umano del re degli dei e il sempre ben voluto Stephen Dorff è il più simpatico in campo, nei panni di un ladro (quasi) amico del protagonista.




Nonostante il grande talento del regista (vedasi i geniali stacchi di montaggio tra una scena e l'altra), questo risultato non sarebbe stato possibile senza il contributo del suo valente team artistico creativo: Il direttore della fotografia Brendan Galvin (ma alla seconda unità c'è Colin Watkinson, che aveva prodigiosamente illuminato “The Fall”), allo scenografo Tom Foden, alla straordinaria costumista Eiko Ishioka che ha lavorato anche nei precedenti film di Singh (senza contare la citazione leporina nell'elmo del cattivo dal rimando al Dracula barocco di Coppola), al team che ha curato gli effetti speciali. E' anche grazie a loro se “Immortals” è uno spettacolo notevole e appassionante.



Commenti

  1. Sembra la pubblicità di un profumo, ma lo trovo ipnotico, anche più del lato "B" in cui è stata impiegata una "Culista", per citare Travolta in un film do Tony Scott ;-) Cheers

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Del resto tra la gavetta di Singh se non sbaglio risulta pure una militanza in pubblicità commerciali dedite a prodotti di abbigliamente etc. Ahaha fantastica la citazione. Però davvero, più lo guardo e più la scelta stilistica, che sembra mimare nelle posture plastiche modelli di Vogue, dona al pacchetto una marcia in più nello svicerarsi in diverse visioni di essa. Poi Rourke come cattivo qui è spettacolare, senza scordarsi l'elmo leporino che tanto rimanda dal Dracula di Coppola da parte di Ishioka.

      Elimina
  2. Non male, ma niente in confronto a 300, che sta un gradino più su ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quello che 300 secondo me ha di puù è la base di Frank Miller, però a livello tecnico questo film secondo me gli da qualche pista a Snyder.

      Elimina
  3. la prima volta che lo vidi non mi ha convinta del tutto, magari una seconda chance gliela do, cmq di tarsem mi è piaciuto molto the cell e anche the fall

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quei due che hai citato sono i suoi migliori lavori, questo è un bel virtuosismo visivo che perde in trama. Ma un occhio puoi darglielo ancora.

      Elimina
  4. Quando hai un regista infinitamente più bravo del materiale di partenza, il risultato è questo 😅 un peccato, perché certe sequenze qui sono oggettivamente sprecate.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un materiale di scrittura abbastanza mediocre, ma grazie a lui è riuscito nel svolgere il lavoro ottimamente. I due sceneggiatori poi hanno replicato lo stesso schema narrativo nella serie animata Blood of Zeus di Netflix.

      Elimina

Posta un commento