Dune (1984) La space opera di David Lynch (e di Dino De Laurentiis)


Vista la triste dipartita mi sembrava giusto dire qualcosa su David Lynch, quindi cosa si può dire del suo Dune?In primis é una space opera di contrasti, un miraggio cinematografico oscillante tra la grandiosità del capolavoro e degli inciampi più o meno discutibili. In questo audace adattamento del romanzo cult di Frank Herbert, il film svela un universo in cui il sogno lynchiano si scontra con vincoli di produzione e scelte discutibili. Il risultato è un affresco inclassificabile, di volta in volta sublime e traballante, dove il sublime convive con il grottesco.



Lynch rimane fedele alla sua natura, infonde una stranezza viscerale. Le visioni mistiche di Paul Atreides, il grottesco immaginario cyber-malato degli Harkonnen e le ambientazioni labirintiche di Arrakis riflettono una notevole ambizione estetica. Tuttavia, questa densità visiva a volte maschera i difetti di una narrazione compressa, dove la ricchezza del materiale originale è diluita in un ritmo a scatti ed ellissi non sempre coese tra loro (dopo il primo atto in poi). Interessante (quasi ipnotico) poi l'uso di monologhi interiori per trasmettere i pensieri dei personaggi, un uso della voce fuori campo che difficilmente avrebbe potuto attecchire se usato in dosi così massicce. Ottimo il cast (quanto vario): Kyle MacLachlan, Jürgen Prochnow, Kenneth McMillan, Max von Sydow, Sean Young, Virginia Madsen, Brad Dourif, Freddie Jones, Silvana Mangano, Francesca Annis, Sting, José Ferrer, Jack Nance, Dean Stockwell, Patrick Stewart e Alicia Witt.



Il futuro mostrato nel film è un'arena di potere e manipolazione, dove l'epopea messianica di Paul diventa una riflessione mistica sul destino e sulla trascendenza. Ma questa ricerca spirituale, così magistrale nelle sue intenzioni, vacilla sotto il peso di effetti speciali invecchiati male (in determinati casi, non tutti) e di un tono che oscilla tra il grandioso e il kitsch. Ma i suoi stessi difetti diventano punti di fascino: le ambientazioni barocche, i costumi esuberanti e i dialoghi magniloquenti trasformano l'opera in un oggetto ibrido. I temi del potere imperiale, della manipolazione religiosa e della lotta per la sopravvivenza trovano una potente risonanza, anche nella sua esecuzione a volte caotica. Il film è quindi un tentativo titanico che, se inciampa spesso, riesce a catturare qualcosa di essenziale. Dune, in questo senso, è un paradosso: un capolavoro imperfetto, magnificamente sbilanciato, dove ogni errore diventa parte della sua affascinante stranezza.



Questo Dune è in poche parole un film che riassume una storia troppo densa di particolari in due ore e un quarto, e ciò provoca inevitabili e notevolissimi difetti che si fanno sentire nella seconda parte del film e nella battaglia finale. Ma, grazie alla particolare visione di Lynch (e Dino) è anche un film che (a patto di apprezzarne la storia e le tematiche, oltre che la sua "età") gode di un'anima tutta sua che riesce a portare lo spettatore veramente in un universo di fantascienza alternativo, con tutte le sue peculiarità. Si trasmette bene il potere della spezia, anche grazie ad una bella colonna sonora che ci accompagna degnamente in momenti un po' più "psichedelici".





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