Suspiria (2018) Lacrime, tenebre e sospiri


Ed eccomi ritornare sul pezzo, cominciamo questo 2019 con quella che era l'attesissima rivisitazione del leggendario Suspiria di Dario Argento ad opera di Luca Guadagnino. Guardando nel passato l'idea di un rifacimento di questa epocale pellicola di genere era già nata nel 2008 sotto l'ala artistica di David Gordon Green, che aveva assoldato nel cast: Isabelle Huppert, Janet McTeer e Isabelle Fuhrman. Tuttavia i conflitti con lo studio che finanziava la pellicola hanno portato al fallimento del progetto. Tutto fu rimandato al Festival di Venezia 2015, dove Luca Guadagnino ha annunciato che avrebbe diretto il film con la nuova sceneggiatura firmata da David Kajganich, che aveva già collaborato con Guadagnino in A Bigger Splash (altro remake). Nella mia premessa debbo concordare che il genere horror nella settima arte, ha la peculiarità di essere atemporale ed al contempo archetipico come nelle fiabe, quindi una sorta di storia che narra di una paura universale, ma allo stesso tempo politico ovvero capace di far scaturire incubi veri, traumi, questioni sommerse del mondo presente e celate nel passato. Per niente l'idea di riproporre una pellicola del 1977 ambientandola nel 1977 oltretutto facendo del 1977 una specie di personaggio, (oltre che il titolo del primo capitolo) è stata una mossa interessante per la connessione narrativa principale e non (anche lì dove le sottotrame sono rimaste aperte). Quindi a prima vista abbiamo un film ambientato nella Berlino del 1977 che parla della Berlino del 1977 che sembra un film di Fassbinder del 1977.


La storia del film è conosciuta da tutti, una congrega di streghe si nasconde in una scuola di danza, un camuffamento semplice ed insieme furbo visto che i movimenti, le coreografie, i passi di danza sono gli incantesimi stregoneschi. Altra mossa furba (aggiungo) è la scelta narrativa di mostrare (sin da subito) e mettere le carte in tavola su quanto è celato nella scuola di danza già dal primo capitolo. Il film raggiunge il suo massimo apice nei primi 40 minuti, né più né meno, da citare la bellissima danza punitiva per la disertrice Oga dove il montaggio concatenato (ottimamente elaborato da Walter Fasano) tra i movinenti ed il massacro nella camera degli specchi trova il culmine della messa in scena voluta da Guadagnino. Senza comunque dimenticarci della sabba finale degno del peggior incubo Naganiano: teatrodanza puro, una performance da museo, kitch, con una grana completamente diversa dell’immagine, sfacciatamente finta, sia nella CGI di cui è circonfusa Dakota Johnson sia nell’orrenda putrefazione prostetica di madre Markos.


Francamente trovo impossibile non lasciarsi trasportare dal vortice interpretativo di questo Suspiria, dato che è su questa continua sfida costruttiva che è critico: su un accumulo di sdoppiamenti e trinità, equivalenze, rimandi, significati possibili. Stregoneria/Nazismo/Terrorismo; la stregoneria vista come psicanalisi, attraverso il genere horror; la danza tramutata in disciplina di spersonalizzazione come il totalitarismo; Tilda Swinton che addirittura si cimenta in tre ruoli contemporaneamente (alla Sellers) cioè tre tipi diversi di passato da cui imparare/da distruggere/da perdonare. Guadagnino quindi ha fornito l’unica risposta possibile. L’unico modo di affrontare il remake di un film certo amatissimo, forse irripetibile, sicuramente frutto di un’epoca e di un ambiente che sembrano lontani. Tutto il comparto tecnico lavora a livelli stratosferici, nessuna scelta è mai sciatta o lasciata al caso – e ogni elemento è funzionale alla creazione di un’atmosfera ben precisa: la sensazione che dietro una facciata rigorosa aleggi sempre qualcosa di deviato e malato, ma anche tanto insolito da attrarre





Commenti

  1. Guadagnino è un grande, forse il nostro più grande cineasta vivente, con questo film l'ha ancora una volta dimostrato, da quanto ho letto in giro e dalla tua rece .... purtroppo non sono riuscito ancora a vedere il film, e non sai quanto ne soffra.

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