Mandy (2018) Nicholas Cage vs gli Slipknot & Jimmy Page

 


Guardandomi le precedenti visioni ho notato una mancanza colossale (insieme a tante) che risiede all'interno di questo portale da dove io scrivo: la mancanza di un film con Nicholas Cage, si perchè nonostante quello che dicano molti per me è un grande attore, che ha fatto negli anni della sua persona (molto estroversa) un marchio di fabbrica riconoscibilissimo in ogni pellicola in cui ha preso parte. Visto che ci sono faccio che prendere due concetti con una visione, cioè i figli d'arte cosa che comunque avevo già anilizzato parlando del figlio di Cronenberg. Ironicamente parliamo di un regista anche qui canadese, in parte, ma anche greco che porta il nome di Panos Cosmatos. Figlio del ben noto George P. che non ha bisogno di presentazioni avendo fatto pellicole degne di nota come Rambo 2, Tombstone e Cobra.

  Mandy segna il ritorno in auge di Nicolas Cage, dopo tante pellicole dimenticabili e poche che possono essere considerate accettabili (la migliore probabilmente Joe). Panos Cosmatos dirige questo horror d'azione psichedelico e citazionista, in cui la prima parte è: introduttiva, lenta, onirica e con Cage che lascia spazio agli altri (la Riseborough da sempre una conferma ormai ma non scordatevi del veterano Bill Duke e del Zeppeliniano/Mansoniano Linus Roache), si vede poco. La seconda parte è folle ed esagerata, in linea con la prestazione di Cage, abbastanza libero di fare quello che vuole. Cosmatos tratteggia un'atmosfera notturna e quasi post-apocalittica, probabilmente la cosa migliore del film.


Mandy è più una droga che un film. Un'esperienza allucinata e allucinogena, che si muove sotto la forma di un brutto trip e ne prende sempre più le sembianze. Il livello di psichedelia ipnotica di Mandy, che prende una canonica revenge story e la disintegra in una sinfonia di colori e sangue, è semplicemente indescrivibile. Siamo dalle parti del primo Friedkin e di Jodorowsky, di George Miller e Sam Peckinpah. Tutti riletti sotto acido, naturalmente. Dire che Mandy sia uno dei film più folli e imprevedibili degli ultimi anni, davvero, non rende letteralmente l'idea del livello di spettacolo sensoriale e provocazione artistica che sfida le concezioni dello spettatore. Un film che abbina, e fa convivere splendidamente, la violenza più estrema, e splendidamente ironica, con l'amore più puro e solitario. Un film che brama la pace la guerra, gli eccessi con i silenzi, la perversione col sentimento. Tutto calato in un'atmosfera lisergica di pulsioni e sensazioni astratte dal primo all'ultimo secondo.Tutto ciò, appunto, rende Mandy una delle più complete, per quanto tra le più ostiche e strambe, esperienze cinematografiche possibile. Una dose di sconfinato divertimento e costante sorpresa. Un senso di stupore pervaso da un malessere esistenziale. Non ci sono compromessi e mezze misure, Mandy va iniettato e lasciato corre libero senza alcun freno.


Quindi, sì, è un revenge-movie – con degli inserti a disegni animati, ad abundantiam – enfatizzato e misticizzato (solo Neon Demon a livelli visivo aveva fatto tanto o in generale il cinema di Refn nel dopo Bronson) dai giochi di luce di cui sopra della fotografia di Bejamin Loeb e dalle musiche di Jóhann Jóhannsson. Fate comuqnue mente locale: in particolare alla Setta di Michele Soavi. Tant’è che io sono fermamente convinto che il regista – co-sceneggiatore con Aaron Stewart-Ahn – avesse per la testa di fare una specie di folle sequel del film italiano. Magari mi sbaglio, ma non mi sbaglio. I fanatici di Cage troveranno pane per i loro denti. Oltretutto il rimando al bere dal teschio del proprio nemico di Drive Angry per me è uno dei più bei rimandi che si potesero fare.



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