V/H/S (2012) Horror antologico analogico, un simposio del genere mockumentary

 

Nonostante possa essere definito come un “peccato di gola” nella settima arte, posso dire che sin da quando ero adolescente ho sempre adorato l’inventiva (sia essa puramente commerciale, che sperimentale) che possiamo trovare nel genere mockumentary (o falso documentario) e nelle sue derivazioni come il found footage (video ritrovato). Indubbiamente sulla mia persona ebbe molto effetto il classico per eccellenza e capostipite del successo del genere, ossia “The Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair” (The Blair Witch Project, 1999) scritto e diretto da Daniel Myrick e Eduardo Sánchez, però non bisogna dimenticare altri memorabili esemplari che sono: The Tunnel del 2011 di Carlo Ledesma e la serie spagnola REC (i primi due almeno). Non solo il cinema puramente commerciale ha utilizzato questa tecnica, per esempio possiamo trovare “Zelig” nel 1986 di Woody Allen, il bellissimo “Redacted” di Brian De Palma del 2007 e anche variazioni tipicamente B-Movie stile “Il passo del diavolo” (Devil's Pass, conosciuto anche col titolo The Dyatlov Pass Incident) del 2013 di Renny Harlin. In tutto questo excursus, mi viene anche in mente il bellissimo incipit di “Non aprite quella porta” (The Texas Chainsaw Massacre) del 2003 di Marcus Nispel, “Cloverfield” di Matt Reeves del 2008 e “Chronicle” del 2012 di Josh Trank. Come vedete è una sfilza molto lunga di citazioni, questo per far comprendere come ad un certo punto possa nascere l’idea di un film antologico per il genere, come negli anni 80 la serie “Creepshow”, che rappresenta una summa di quanto visto in una determinata area temporale.
Idea che venne in mente al produttore Brad Miska, assieme al sito Bloody Disgusting, in cui mise il progetto in mano a cineasti che negli anni successivi avrebbero detto la loro, tramite il talento, nel genere horror. Ormai nomi come: Adam Wingard, Simon Barrett, Ti West, David Bruckner e i Radio Silence li conosciamo ben tutti. Come dicevo il film è sviluppato come se fosse un’antologia horror nel quale una trama di base permette il susseguirsi dei vari mediometraggi, lo scheletro narrativo della vicenda è il “Tape 56” di Adam Wingard (scritto assieme a Simon Barrett) dove un gruppo di giovani teppisti registra con una telecamera i suoi crimini, che vanno dal distruggere case a spogliare, contro la loro volontà, le donne per vendere il tutto a un porno reality. Cercano in tutti i modi di “migliorare” i loro atti di violenza inaudita, fino a quando un misterioso personaggio li ingaggerà per un'enorme somma per rubare soltanto una singola videocassetta VHS all'interno di una villa. Da questa semplice base verranno mostrate cinque VHS con relative cinque storie al loro interno: "Amateur Night" di David Bruckner (scritto assieme a Nicholas Tecosky) che è quello in più stile Landis, "Second Honeymoon" di Ti West che ricalca molto i gialli slaher, "Tuesday the 17th" di Glenn McQuaid che è uno slaher anni 90, "The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger" di Joe Swanberg (scritto da Simon Barrett) che è il classico alien movie d'inizio 2000 e "10/31/98" dei Radio Silence (scritto assieme a Justin Martinez) che rimanda molto a Joe Dante.
Non male quindi il risultato nonostante le limitazioni, diciamo che è più o meno una summa di quello che è stato il genere mockumentary della mia generazione (cioè da fine 90 fino agli inizi della seconda decade del 2000). Vi è al suo interno il meglio e il peggio di questo particolare filone cinematografico, è un horror antologico analogico (come suggerisce il titolo). Comunque, troviamo cineasti che avranno molto risalto per il genere horror negli anni successivi a quest'opera e in cui possiamo notare i loro tratti peculiari, che li renderanno famosi. Non sarà di certo ai livelli di "I tre volti della paura" di Mario Bava, però si guarda che un piacere. Episodi preferiti: Amateur Night (che è diventato un vero e proprio lungometraggio nel 2016) e 10/31/98.

Commenti

  1. Un bel filmetto, per uno degli ultimi del suo genere (mockumentary) riusciti bene.

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    1. Si senza dubbio, per questo lo reputo un simposio del genere. Per chi è cresciuto assieme a questa tipologia di film, penso, rispecchia ottimamente degli standard medio/buoni.

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