Masters of Horror: Homecoming (2005) Candidato maledetto di Joe Dante

 

- L’horror è sempre stato il genere più radicale e rivoluzionario, ma quando mi hanno chiesto di pensare a una piccola storia da raccontare in 60 minuti ho voluto fare un horror politico. È stato facile: bastava che i personaggi fossero repubblicani -


Probabilmente già solo dalla citazione di Joe, si può capire che questo è uno di quei lavori che porta il lascito di George A. Romero nel dare una pacca sulla spalla, per la bravura nel mettere in atto le sue idee, al cineasta che ne ha preso spunto. Joe Dante non merita tante presentazioni, se non fosse per il fattore botteghino e supporto da Hollywood, sarebbe l'altra faccia della medaglia di un certo modo di fare cinema fantasioso che solo Spielberg aveva. La sceneggiatura di Sam Hamm (uno degli autori dei primi due Batman di Burton) prende spunto dalla storia "Death & Suffrage" di Bale Bailey, però grazie all'indole dello stesso regista trasforma il materiale di partenza in una satira sociale e politica degna del maestro dei morti viventi. Non solo il fattore zombismo, ma anche quello mediatico vengono messi sotto la corrosiva lente del regista che non risparmia nulla al caso. Un po' "Night of the Living Dead" ma anche molto "The Network" di Sidney Lumet, con il quale condivide un personaggio femminile che tanto ricorda l'arrivista e avvenente Diana Christensen interpretata dalla mitica Faye Dunaway. Nessuno è risparmiato, tutti i media americani vengono messi alla berlina tramutando gli zombi veterani deceduti nei veri eroi della storia. Un film molto fedele a Romero che prende le distanze dai suoi contemporanei moderni di allora come "L'alba dei morti viventi" di Zack Snyder e James Gunn, ma anche dai sickos introdotti da Dan O'Bannon e molto in voga con "28 Days Later" di Garland/Boyle e "Planet Terror" di Robert Rodriguez.
La trama vien da sé: un innominato presidente sta correndo per la rielezione nel bel mezzo di una guerra che divide l'opinione pubblica. Uno dei collaboratori della sua campagna elettorale, David Murch (Jon Tenney), va in TV e fa di tutto per far credere all'opinione pubblica che la guerra sia cosa buona e sostiene che se il proprio fratello, a suo dire morto in Vietnam, fosse ritornato dal mondo dei morti avrebbe detto che era morto per una buona causa. Dopo pochi giorni i soldati morti in Iraq tornano in vita come zombie e l'unica cosa che vogliono non è mangiare carne umana ma poter votare per qualcuno che non mandi a morire i ragazzi per una bugia.
Joe Dante sforna il capitolo più non convenzionalmente horror di tutta la serie, ma anche il più grottesco, ironico e intelligente. Feroce critica/satira a Bush e alla sua dissennata politica guerrafondaia senza contare poi il resto del mondo americano dai media fino al sistema elettorale. Il film è assai gradevole, sfizioso e persino suggestivo in alcune parti come nella scena del risveglio dei caduti dove vengono mostrate le lapidi con i grandi nomi dei registi horror (tra cui pure Lucio Fulci). Buono il cast tra cui spiccano su tutti Robert Picardo e quella grande biondona canadese che porta il nome di Thea Gill. Come per "The Second Civil War" anche qui Joe Dante mette giù un affresco americano attuale come pochi, passando da un'ipotesi di guerra civile alle guerre preventive post 9/11. Per niente Joe Dante ha definito questa sua opera l'altra faccia di "Fahrenheit 9/11" di Michael Moore

Commenti

  1. Il secondo episodio più bello di questa antologia, Dante può parlare della seconda cosa che gli sta a cuore dopo il cinema, ovvero la politica e non fa rimpiangere il fatto di essere stato un sostituto (di lusso) di Romero, prima scelta per questo segmento, ma era già impegnato sul set di "Land" e per assurdo, è rimasto fuori dai "Masters", ecco, questo è l'unico difetto di questa serie. Cheers!

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    1. La prima volta che lo vidi pensai subito a Romero. L'estetica era quella di "Land" solo che dentro si annidava Dante. Non mi stupisce di questo retroscena, infatti mi son sempre chiesto perché dopo la famosa cena di Garris, non abbia preso parte al progetto.

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  2. Uno dei miei episodi preferiti, divertente ma anche tristemente attuale ed intelligentissimo. Un gioiellino.

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    1. La prima volta fu folgorante, sono quelle produzioni che ti si annidano nella testa. Fanno pensare, in un mondo che normalmente ci vuole oscurare.

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