Soggetti da cinema: L'uomo duplicato, di José Saramago

 

Aprendo questa nuova rubrica, mi sembra lampante la sua intenzione, parliamo sempre di cinema ovviamente ma per via traversa tratterò (quei libri letti da me), che sono stati d'ispirazione per la settima arte in generale. Cominciamo quindi con "O homem duplicado" di José Saramago pubblicato nel 2002. Il romanzo è stato in seguito liberamente adattato nel 2013 con il film Enemy, diretto da Denis Villeneuve e sceneggiato da Javier Gullón

Sinossi: Tertuliano Máximo Afonso è un professore di storia nelle scuole medie piuttosto depresso anche a causa di un matrimonio fallito alle spalle. Dietro consiglio di un proprio collega noleggia un film dal titolo Chi cerca trova. Mentre guarda la pellicola, l'uomo si accorge che uno dei personaggi secondari, che ha il ruolo di receptionist di un hotel, è interpretato da un uomo identico a lui. Tertuliano si reca al negozio di videonoleggio per prelevare sei film della stessa casa di produzione del film e passa le notti a controllare se compare il suo sosia e a trascrivere i nomi degli interpreti secondari per identificarlo. Un autentico doppio, la cui esistenza sconvolge quella di Tertuliano, che da quel momento fa di tutto per scoprire chi sia quell’attore, cosa faccia, che storia abbia, sprofondando in una realtà parallela. Saramago commenta passo passo la vicenda, accompagna il lettore con ironia, acume e sapienza narrativa in quest’inquietante indagine sull’alter ego, ricca di suspense e di spunti di riflessione sull’identità, nonché di svolte impreviste.


Come ci comporteremmo se scoprissimo l’esistenza di un uomo identico a noi in tutto e per tutto? Saramago non perde tempo nel mettere in scena il teatro dell’assurdo, perché fa vivere al suo protagonista Tertuliano l’evento come fosse una sciagura, prima ancora di proseguire il racconto e rendersi conto se effettivamente questo fatto possa arrecargli danno oppure essere un evento assolutamente incredibile ma del tutto fortuito e senza alcuna conseguenza per lui. L'ispirazione parte dal classico tema caro a Rimbaud ,"Io sono l'altro", Saramago man mano che procede la storia abitua il lettore, piano piano, all’idea del duplicato e del senso di chi sia il primo e di chi sia il secondo e nel loro conflitto nell'accorgersi della propria esistenza. Sin da subito si può notare che quello che si sta leggendo in realtà potrebbe benissimo essere già la sceneggiatura di un film (quella che poi è diventato). Nonostante alcuni momenti di scherzo, il romanzo diventa progressivamente e discretamente più cupo. Gli argomenti trattati sono uno dei motivi di ciò. Si parla di come alcune persone non capiscono perché altri soffrono di depressione; ci viene presentata una relazione emotiva tra due persone che sembrano provare sentimenti diversi l'una verso l'altra; e ci sono anche molte considerazioni pessimistiche sul comportamento umano nella società.

Il romanzo è disseminato di palesi richiami letterari-filosofici: in primis Pirandello e il suo gioco delle maschere con l’uomo prigioniero del contesto sociale e dell’identità che si è auto-imposto, come avviene ne “Il Fu Mattia Pascal”, con la differenza che in Saramago l’individuo non si sdoppia in maniera fittizia ma reale. La cosa paradossale è che il protagonista riesce a ritrovare se stesso nella maschera, quindi la realtà corrisponde al falso e viceversa. Ma chi è la copia di chi? La copia inoltre, è un attore che utilizza un eteronimo! Leggere questo libro è come rileggere Platone secondo cui il mondo dell'arte era una copia della vita e la vita una copia del mondo delle idee. Palesi anche i richiami alla "Nausea" di sartriana memoria o Ennuì, Spleen, Noia di vivere, Tedium vitae come la si voglia definire: la parola Noia è sostituita (nella traduzione italiana) con “marasma”. Nei momenti di particolare importanza, entra in scena la personificazione del “senso comune” con evidenti richiami a Freud e alla sua distinzione in Ego, Es e Super-Io: in pratica Saramago personifica il Super-io identificandolo nel “senso comune”. Ovviamente non può mancare il solito stile di scrittura "saramaghesca": non vengono utilizzati segni di interpunzione nei discorsi diretti e ciò contribuisce ad ingarbugliare la sua intricata sintassi basata sulla concinnitas di ciceroniana memoria.



Commenti

  1. Sicuramente mi è venuta voglia di vedere il film di Villeneuve, che apprezzo molto come regista. Per Saramago invece non so. Ho letto Cecità e Le intermittenze della morte, che mi sono piaciuti, ma faccio sempre una gran fatica a cominciare i suoi romanzi per via dello stile. Vedremo...

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    1. Resta una bella esperienza, sia nel film che nel libro. Io consiglio tutti e due.

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