Microcosmos: Le peuple de l'herbe (1996) Megaminimondo

 

- Un prato verde d'erba di prima mattina da qualche parte sulla Terra, nascosto tra i fili un mondo immenso, grande come un pianeta, gli steli selvaggi formano una giungla inestricabile, i sassi diventano montagne e la più piccola pozza d'acqua un oceano. Diverso scorre il tempo: un giorno dura un'ora, una stagione un giorno, una vita una stagione, ma per penetrare questo mondo è necessario ascoltare i suoi mormorii restando in silenzio.-

Questo monologo (fatto da il regista/attore Jacques Perrin, in italiano doppiato da Massimo Corvo) che accompagna l'incipit di questa deliziosa opera, è solo l'unica presenza umana (e pure vocale) che troverete in questo documentario che supera i limiti del genere documentaristico che rappresenta per sfociare in una vera opera cinematografica. "Microcosmos: Le peuple de l'herbe" uscì nel 1996, scritto/diretto da Claude Nuridsany e Marie Pérennou e prodotto da Jacques Perrin. Una coproduzione internazionale di Francia, Svizzera, Italia e Regno Unito, fu proiettato fuori concorso al Festival di Cannes (dello stesso) ricevendo comunque il premio "Grand Prix Tecnico".

Sì, perchè nonostante vengano mostrati "solo" insetti (in maggioranza) e animali questo progetto racchiude in sè un lavoro tecnico davvero certosino e senza dubbio di grande valore. Non credo sia un antesignano del concetto cinematografico che hanno preso i documentari in tempi moderni, ma probabilmente è uno di quelli più monumentali per il genere e per l'amore con cui è stato realizzato. Seguendo più o meno quello che il regista Herzog (pure lui un grande amante della vera natura), ha descritto nei suoi lavori, affermando che ormai i documentari erano diventati veri e propri film sotto l'aspetto visivo e progettuale. 

Costato quasi quattro milioni (ma con un lavoro dietro durato più di una decade) è stato giustamente un successo al botteghino e pure tra la critica, questo solo per dirvi del valore che va oltre a quello semplicemente oggettivo. Per creare "Microcosmos" ci sono voluti ben quindici anni di ricerche, tre per imprimere ottantamila metri di pellicola (duemila metri quella scelta) e sei mesi di montaggio ad opera della bravissima Marie-Josèphe Yoyotte insieme a Florence Ricard. Quest'opera monumentale è opera di Calude Nuridsany e Marie Pérennou, fue biologi di Parigi che, nel '69, decisero di abbandonare la carriera accademica per dedicarsi allo studio all'elaborazione di speciali tecniche di "inquadratura scientifica", sfruttando soprattutto la microfotografia. Girato nel giardino della loro casa, il bizzarro mediometraggio cataloga in sessantacinque minuti i moltissimi abitanti terrestri che vivono nell'erba e nell'acqua. Microrganismi spesso quasi invisibili e (in)volontariamente "calpestabili" di cui gli autori ci invitano a conoscere abitudini, usi e costumi e persino piccole furberie.


Prima ancora di iniziare le riprese, è stato necessario inventare strumenti su misura per filmare i “personaggi” del film, gli insetti (elencati poi tutti nei titoli di coda), così come vengono ripresi gli attori nei film di finzione: poter accompagnare le loro azioni con carrellate, movimenti della gru e altro scorci panoramici, così da conferire loro la statura di veri protagonisti. Dopo due anni di sforzi, un “motion control” (robot che controlla tutti i movimenti della telecamera a distanza) è riuscito a diventare operativo, grazie allo specialista di motori passo-passo Romano Prada. È una grande fotocamera 35mm guidata dalla punta delle dita con precisione al decimo di millimetro e senza vibrazioni. Questa macchina da 300 chili era appesa al soffitto di cemento dello studio di ripresa, costruito appositamente per il film in un piccolo villaggio del Causse Comtal, sopra un prato ricostituito. Più di tre quarti del film sono stati girati in uno studio, ma uno studio situato in campo aperto in un prato dell'Aveyron. Quasi ogni scena del film è un misto di riprese girate sul posto, in giro per lo studio e riprese effettuate utilizzando il “motion control”.


L'universo sonoro del film è un mix tra suoni reali, catturati sul campo con speciali microfoni, e suoni creati dal “sound designer” e montatore del suono Laurent Quaglio, durante il montaggio del film. I suoni degli insetti più deboli o più difficili da catturare sono stati registrati individualmente in una camera anecoica dell'INRA e poi rielaborati. Dopo il dibattito con i direttori. Bruno Coulais, compositore della musica, ha lavorato in stretto contatto con il montatore del suono, tanto che spesso non sappiamo se i suoni ascoltati siano dovuti a strumenti musicali o insetti. Microcosmos ha richiesto due anni di scrittura della sceneggiatura, due anni di preparazione, tre anni di riprese e nove mesi di montaggio e mixaggio. Inutile dire di quanto il lavoro del sonore/montaggio/regia sia così dettagliato da rendere ogni essere attore della propria scena, quasi seguendo un copione che copione non è visto che vivono secondo natura senza alcuna interferenza, se non quella della telecamera ma che risulta impercettibile quasi come l'occhio del creatore. La forma con cui viene espresso l'elemento narrativo, in soli sessanta minuti, dimostra le potenzialità di una metodica avanzata al puro scopo di far conoscere con occhio interessato un mondo che tante volte calpestiamo troppo facilmente (ma lo sappiamo, gli umani si calpestano tristemente pure tra loro). Solo i francesi potevano essere capaci di tanto, quasi utilizzando la stessa stilistica autoriale di un Godard (Nouvelle Vogue s'intende) per applicarla cinematograficamente a un grandissimo documentario che già sulla carta era di pregevolissima fattura.



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