Civil War (2024) La seconda guerra civile Americana, di Alex Garland




Peggior male di una terra è la sua guerra civile, con queste parole si concludeva il monumentale pezzo musicale "Tornava l'Albatros" di Murubutu e penso che frase non sia più veritiera per descrivere in pochi termini questo film. Garland, uno sceneggiatore davvero intelligente (i suoi ultimi tre lavori parlano da soli, senza citare le sole sceneggiature di altri film non diretti da lui), sfrutta ottimamente il tema guerra civile americana, non come fece Joe Dante ma allo stesso modo riesce nel saper essere dannatamente efferato nel conflitto che racconta. L'impostazione da Road Movie, da New York a Washington, offre I migliori spunti di caratterizzazione possibile per i personaggi essendo anche una narrazione incline alla sviluppo narrativo in tal senso. In particolare mi viene da chiedermi quale sia stato mai il casus belli che abbia fatto unire i due stati del Texas e California contro il Presidente degli Stati Uniti.


Come molti hanno sottolineato, è un film molto più interessante nella sua discussione e rappresentazione del giornalismo (la figura del fotoreporter, come in "Salvador" di Oliver Stone): il ruolo che i giornalisti svolgono quando il mondo di cui si occupano inizia a lacerarsi. In un mondo in cui la verità è costantemente manipolata per interessi di parte, a che punto i giornalisti diventano soldati? Potrebbero non essere armati, ma sparano comunque, e probabilmente i loro colpi ("shot" in inglese ha la stessa doppia valenza di sparo ma anche di riprendere) cambiano il mondo. Non differentemente da "Apocalypse Now" di Coppola, il viaggio intrapreso dai quattro giornalisti mostra pian piano, il grande disfacimento sociale fino al raggiungimento del vero e proprio cuore di tenebra che ha generato il conflitto, non stupisce neanche che lo stesso Garland abbia citato tra i suoi film preferiti "Come and See" di cui sicuramente ne ha preso varie scene trasmutandole nell'idea che aveva per il proprio lavoro.



Gran bel cast poi: Kirsten perfettamente calata nel ruolo della fotoreporter irriducibile, ma anche suo marito Plemons si ritaglia un piccolo ruolo che ne mostra le grandi doti di caratterista (forse la miglior scena del film) in un gioiellino di costruzione della tensione che risulta quella breve parte in cui si vede. Ovviamente anche gli archetipi rappresentati da Stephen McKinley (il vecchio) e Cailee Spaeny (il nuovo) sono funzionali allo svolgimento dei fatti, in cui anche Wagner Moura si ritaglia la sua bella particina. Come sempre Garland, coadiuvato dal fedele Hardy alla fotografia, regala riprese mai scontate e dannatamente accattivanti che a loro modo evocano lo stile sci-fi che lo ha reso famoso, per non parlare poi del comparto sonoro che rimbomba con realismo alienante nei suoi suoni da guerriglia moderna. Non male poi la colonna sonora che regala tra strumentali e vari pezzi di diverso stile musicale l'apporto congeniale al girato.

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