Don't Breathe (2016) Mai rubare in casa del cieco
Capita a volte che nella prima decade del 2000 si possa incappare in piccoli gioielli di genere sul suolo americano (in particolare questo mi ha ricordato nel titolo il Don't di Edgar Wright nei trailer finti di Grindhouse), questa non è esattamente la prima volta, pellicole che hanno la facoltà di prendere un genere e rivoltarlo come un calzino grazie alla regia e alla sceneggiatura. Don't Breathe è uno di questi film, Fede Álvarez dopo essersi fatto notare nella rivisitazione nuova era di Evil Dead (sotto la guida del buon Raimi) se ne esce fuori con questo piccola gemma dal sapore vecchia scuola sulla carta. Il regista Uruguaiano dopo aver preso di petto le critiche (probabilmente senza fondamento) sulla truculenza sanguinaria di Evil Dead, decise di di voler dimostrare cosa poteva fare con una storia originale, basata sulla suspense e priva di qualsiasi elemento soprannaturale.
Tralasciando la scelta dell'antagonista (di cui parlerò dopo), il cineasta prende il genere home invasion e decide di ribaltarne il punto di vista e parti, così da rinfrescarne la vena cinematografica e poter scoprire nuove strade di narrazione. Così forte di un budget di nove milioni di dollari (e la supervisione produttiva sempre di Raimi), chiama nel cast: Daniel Zovatto, Dylan Minnette, Jane Levy (protagonista del suo precedente film) e il sempreverde Stephen Lang per poi andare in Ungheria a girare il film, nonostante la pellicola sia ambientata a Detroit poche sono state le riprese fatte sul luogo.Tralasciando il colpo di scena, forse prevedibile, in cui il proprietario di casa risulta essere inarrestabile e successivamente il fatto che sia un aguzzino sequestratore non rovina il suo prendersi il film creando vera e propria tensione. Vi è anche da dire che è uno degli stupratori cinematografici più gentiluomini che si siano visti, con questo mi riferisco alla sua peretta ingravidante che per nostra gioia gli verrà restituita indietro nel modo più liberatorio possibile dalla nostra protagonista coccinella. Stephen Lang ripeto, è uno di quei caratteristi che ad Hollywood fa sempre e che da sempre ha dimostrato la sua bravura, qui regala un antagonista fantastico: che tutti i film di genere dovrebbero avere per interpretazione, ed in particolare la fisicità del poter disporre della caratterizzazione che il peso divistico del personaggio fornisce nella narrazione. Tirando le fila quindi: senza asserragliarsi in un fortino di soluzioni facili o di cliché ridondanti per spaventare il pubblico, il film di Fede Alvarez si giova di una scrittura equilibrata e asciutta, di una regia coinvolgente e mai sopra le righe e di un ritmo serrato fatto di scelte mai banali o prevedibili. Attorno a una trama semplice (solo in superficie) e con un uso sapiente del colpo di scena, Don't Breathe costruisce progressivamente una vorticosa spirale di terrore misto a inquietudine, svelando una vicenda più ampia del previsto e senza mai dimenticare di raccontare in maniera cruda e diretta la (dis)umanità dei suoi protagonisti. Ma non è finita qui, Man in the Dark (titolo italiano che sembra un misto tra Man on the moon dei REM e Shot in the dark dei Black Sabbath) potrebbe avere un seguito già in cantiere. Sam Raimi ha detto al riguardo dell'idea di Fede sul seguito: <Si tratta dell’idea più geniale congegnata per un sequel che io abbia mai letto. Credetemi, non sto scherzando>. Staremo a vedere quindi, anche perchè a fronte di un budget di nove milioni questo gioiellino è riuscito ad incassarne 157 e passa in tutto il mondo.
Anche questo mi è piaciuto, e parecchio, un piccolo gioiellino di originalità e tensione ;)
RispondiEliminaE' ben calibrato e non lascia delusi!
EliminaQuello mi manca assolutamente di Craven!
RispondiElimina