[•REC]² (2009) La lunga notte della paura nel condominio della pazzia pt.2
Continuando la rubrica: “seguiti della mia adolescenza”, era impossibile non incappare nella saga di “Rec”, della premiata ditta spagnola horror composta da Jaume Balagueró e Paco Plaza, questo secondo capitolo che ha portato una continua linfa vitale (ben 4 film sono stati fatti, compreso questo) sia al genere di ripresa amatoriale (mockumentary/found footage) che all’horror prettamente europeo, anche a livello mondiale, è un seguito che definirei naturale e che amplia quello che non era stato detto nel primo, il tutto fu elaborato dal duo spagnolo durante il tour di promozione del primo film. Il risultato del nuovo capitolo è completamente diverso rispetto alle premesse che avevano reso famoso alla prima pellicola: il contagio delle persone non è più strettamente legato a qualcosa di solamente infettivo ma devia direttamente sul soprannaturale, inoltre vi è un passaggio dall’analogico al digitale nelle riprese quindi non solo più la prospettiva di una sola telecamera ma di più dispostivi, l’unica cosa da non rimanere invariata è il luogo dove si svolgono gli eventi, visto che si svolge dove finisce quello precedente come narrazione e anche in contemporanea per certi aspetti.
Il film è diretto, sin da subito, a differenza del precedente che partiva tranquillo per poi trasformarsi in un inferno. I nuovi personaggi, che sono dei militari, appena mettono piede nell’infernale condominio vengono assaliti immediatamente, in pratica agnelli messi al sacrificio di una missione destinate al fallimento e morte certa. Fatto fondamentale è la spiegazione della possessione demoniaca diventata virale, presupposto dannatamente originale che nel primo veniva solo accennato in dettagli visivi nel finale, qui è parte di svolta fondamentale della pellicola. L’impianto narrativo diventa un horror satanico soprannaturale, con innesti stile sparatutto: incalzante, veloce e anche molto confusionario (per via anche della natura stessa di come avvengono le riprese). “Rec 2” è nettamente più elaborato a livello cinematografico: la messa in scena, il montaggio che fa da padrone, un cast più ampio e tutto, di conseguenza, si assesta ben oltre lo stile minimale del capostipite della saga. Forse il difetto caratteriale di ogni seguito è quello di mettere molte più informazioni che debbono rendere più dettagliata la storia, così da potersi incatenare senza far perdere il filo invisibile della conseguenza narrativa. Informazioni, che rispetto al primo portano alla troppa confusione, che mista allo svolgersi in walzer tra “Doom” e “L’esorcista” risulta strano e poco eterogeno. Ma questi difetti caratteriali cono solo piccoli dettagli, di un’analisi tecnica che lascia il tempo che trova, talvolta.
Abbiamo pure il gradito (e necessariamente dovuto) ritorno di Angela (la gran bella Manuela Velasco) dal primo film, ed è interessante notare che Rosso, che fa la maggior parte delle riprese durante il primo tempo, è interpretato da Pablo Rosso. Pablo ha interpretato anche Pablo (il cameraman di Angela) nel film originale, che ha realizzato le riprese. Ma non lo vedremo mai in nessuno dei due film. Alla fine, la sensazione è che "Rec 2" avesse il potenziale per essere migliore del primo, ma vuoi per la classica legge del sequel, vuoi per il passaggio di telecamere attraverso (troppi) differenti livelli temporali e personaggi troppo distanti tra loro (fisicamente), si è perso un po' il senso di una narrazione univoca i cui eventi precipitassero verso un logico finale comune. E ancora una volta troppa telecamera nervosa e troppa ripetizione di una singola parola nel dialogo. Però la cosa che mi è sempre piaciuta di questo seguito è il portarsi dietro quella efferatezza inquietante, in cui i soggetti contagiati/posseduti diventano talmente violenti, quasi in preda a un’isteria di collera ferina, da risultare davvero interessanti. Il primo senza dubbio sconvolse il mercato e il metodo di vendere un horror, in soli settanta minuti, qui non tutto scorre liscio come in quel caso ma di sicuro la rinnovata vena anticattolica (il prete, che prima finge e poi fa ammazzare tutti è l’esempio primario di tutto questo) e senza pietà che anima il lavoro rende giustizia ad un seguito che ha saputo reggersi sulle proprie gambe.
Sono sempre più legata al primo capitolo, che mi fece uscire dal cinema con la tachicardia, ma anche il secondo ha il suo perché!
RispondiEliminaIl primo è il primo, ha lasciato il sengo dentro di noi per i suoi bei motivi!
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