Omega Doom (1996) Yojimbo formato cyberpunk post-atomico. La sfida degli androidi di Albert Pyun


Come già so per me era ovvio bazzicare ancora negli anni 90, questa non per revisione ma per scoperta perché ogni volta vi è qualcosa da scoprire nel mondo del cinema. Non solo "Last Man Standing" di Walter Hill nel 1996 ha ritrattato il classico per eccellenza "Yojimbo" di Akira Kurosawa per il periodo, ci si è aggiunto anche Pyun con il suo "Omega Doom". Mi sembrava giusto passare dalle parti del regista americano, nato alle Hawaii, vista la sua recente dipartita quindi questo film non mi poteva sfuggire. Il cineasta è sempre stato un esemplare dei film di genere raro, capace di tirare su produzioni interessanti con poco budget. In questo particolare caso, il sempreverde di Kurosawa viene adattato nel più classico dei filoni cinematografici degli anni 90, il cyberpunk post-atomico.



Pyun è ossessionato dall'idea dei "cyborg" in modo ontologico, rappresentano gli oppressori del nostro mondo che operano in base a una direttiva primaria; gli ordini stabiliti sono un meccanismo dell'idea di un potere superiore su come dovrebbe essere il mondo. Che sia attraverso il fato/il caso/la fortuna o qualunque forza invisibile che permette ai punti di incontrarsi e alle linee di collegarsi, i nostri personaggi devono affrontare i valori che custodiscono nel profondo del loro inconscio. I cyborg sono un distacco dall'umanità, non hanno la capacità di pensare da soli ma, soprattutto, "pensano" che le loro azioni siano le loro. Pyun mette in scena i suoi film come un mondo mitico in cui questi aspetti entrano in collisione; sono testi esplorativi più ampi realizzati per riflettere certi aspetti dell'umanità e dell'individualità. se si tratta di un film di serie B a basso budget di "Largo Entertainment", Albert Pyun mette ogni fibra del suo essere nel creare parabole mitiche da questi film.


Una guerra tra umani e androidi ha ridotto il pianeta Terra in una landa desolata, dove la presenza umana è (forse) scomparsa, in questo scenario si aggira un ibrido androide redento in cerca di vita. Nel cast domina la figura di Rutger Hauer, che si aggira con una spada cyborg vestito come un solitario guerriero bolscevico. Insieme ai seguiti che i detentori dei diritti hanno prodotto con il titolo appropriato, Albert Pyun ha avuto la sua trilogia basata su "Cyborg", questo "Omega Doom" rappresenta l'ultimo film della trilogia personale di Pyun. Un sintezoide (Rutger Hauer) che vaga in una terra desolata post-apocalittica si imbatte in una piccola città in cui due bande rivali di matrice robotica differente (guidate da una più che bella Shannon Whirry e un'antesignana di Trinity del mondo di Matrix Tina Cote) combattono per un deposito nascosto di armi necessarie per distruggere tutti gli umani. Hauer offre i suoi servizi a entrambi i gruppi, mettendosi l'uno contro l'altro e proteggendo gli unici due membri pacifici che risultano una malinconica robot servitore con un bar che serve acqua e una testa parlante appartenente ad un robot insegnante.



La prima cosa che si s'intuisce nell'approccio di Pyun al film sono i dialoghi, sin dall'incipit (guerra apocalittica al culmine, davvero evocativo) è tutto servito a questo tipo di fruizione più che a quella propriamente d'azione. Visivamente tutto ciò che filma è denso, le inquadrature, le luci e le scenografie sono tutte progettate per giocare con la telecamera. Il movimento è un fattore importante nel consentire ai suoi film di fluire e assemblarsi; una lezione presa da Takao Saitō. La pellicola è il culmine dei suoi interessi più artistici e funge da veicolo per le cose d'azione più sciocche che gli piacciono a differenza della maggior parte degli altri suoi film. Omega Doom (che è il protagonista interpretato da Rutger Hauer) è un angelo, un infiltrato, un mago, un rilassato guerriero errante che osserva e calcola ciò che lo circonda attraverso una personalità che maschera il suo vero intento. Questa abilità nascosta arriva dopo che i suoi circuiti malvagi sono stati distrutti dopo essere stato colpito alla nuca.




Essenzialmente non è un film privo di difetti, tutti facili da ignorare perché è una commistione del genere western nel cyberpunk in cui Hauer prende in giro e fa il diavolo a quattro ai cattivi con il suo solito carisma. Tra scontri di lame fotoniche e inganni s'intravede anche un messaggio pacifista di speranza, anche qualche piccola trovata che rendono toccante il transumanesimo trattato. Particolare il comparto sonoro, pieno di effetti robot nei movimenti, interessante la fotografia a colori saturi e infine la colonna sonora che rispecchia un rock evocativo che non si lascia scappare qualche richiamo al classico di Sergio Leone.




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