Phone Booth (2002) In linea con l'assassino, l'idea di Larry Cohen e il talento di Joel Schumacher




Quando si parla di un esercizio di genere cinematografico, un thriller teso come una corda di violino collegato alla corda di un telefono. Non stupisce che Larry Cohen si sia fatto un nome nella sua carriera, infatti sua è questa ben precisa idea di thriller ambientato in una cabina telefonica a New York. Suggerita negli anni 60 ad Alfred Hitchcock, poi messa da parte e infine ripresa negli anni 90 in cui fu introdotta l'idea del cecchino. Ovviamente ci voleva un regista adatto per proporla e il talento di Joel Schumacher è stata la migliore scelta possibile vista la sua abilità nel genere, anche perché aveva ancora la fame di riprendersi dopo la gogna (immeritata) mediatica per "Batman & Robin" che ancora gli pesava sul groppone.



Le telecomunicazioni erano legate a luoghi specifici come parte della loro infrastruttura fisica, nel 2001/2002 questa situazione era giunta al termine. A quel tempo, i telefoni erano portatili, identificati con gli individui, si muovevano con loro, utilizzati come parte integrante del movimento. Ciò ha cambiato la natura della telefonia non solo strutturalmente, ma anche nel modo in cui le chiamate telefoniche funzionavano a livello strutturale. Le telefonate erano attività specifiche in cui l'attenzione era focalizzata sull'altra persona in linea. Bisognava andare in un posto specifico per fare una chiamata, spendendo tempo e soldi, sembra la preistoria ma era davvero così. consumo. "Phone Booth" è ambientato dentro e intorno a una delle ultime cabine telefoniche di New York City, nell'ultimo giorno della sua vita operativa, quindi è un pezzo storico, anche appena uscito al cinema. Quasi tutti i personaggi usano i telefoni cellulari, la cabina telefonica è già un luogo infestato, utilizzato da turisti, prostitute e persone impegnate in attività clandestine o criminose. Se non fosse stato per questa specificità e per la serie di punti della trama che richiedono l'uso del cellulare, il film avrebbe potuto essere realizzato in qualsiasi momento dopo l'installazione delle cabine telefoniche. Avrebbe potuto essere realizzato come uno spettacolo teatrale da quanto è valido lo spunto creativo, oltretutto anche nella validità dei dialoghi tipici dello stile di Cohen.





Oltretutto "Phone Booth" si trascina un sottotesto interessante: l'essere giudicato e attaccato da invisibili e sconosciuti aggressori nel corso della vita quotidiana, tenuti in ostaggio o, peggio ancora, come una deviazione da incubo dalla classica frenetica routine, hanno avuto una risonanza speciale nel periodo immediatamente successivo. dell’11 settembre, soprattutto a New York. Il risultato è un ottimo thriller dal retrogusto anni 90, ma servito in salsa anni 2000 (trovando anche un'attualità con la tematica in chiave contemporanea) e con delle solide basi nell'immaginario creativo degli anni 60. L'uso dello split screen multiplo rende bene l'idea d'azione non azione nello svolgersi della trama. Il cast rende il tutto ancora al meglio grazie alle proprie interpretazioni: Farrell regna con la sua performance dello stronzo arrivista che si riscatta (il film non lo risparmia dal moralismo di fondo), Sutherland con (solo) la propria voce crea un killer sublime (quasi un proto-Jigsaw), Whitaker accompagna come sempre ottimamente e senza scordarsi delle più che solide quote rosa date da una biondissima Radha Mitchell e la solita Katie Homes degli anni 2000. L'atmosfera del tutto è comunque riuscitissima grazie anche alla fotografia Matthew Libatique e l'immancabile Harry Gregson-Williams alla colonna sonora, immancabile durante quel periodo.





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