Soylent Green (1973) 2022: i sopravvissuti, di Richard Fleischer


Si è un classico (intramontabile e citato più volte) della fantascienza nei futuri distopici e per certi versi mentre lo guardi pensi da dove Alan Moore abbia tratto tutta la trama per il piano di Ozymandias in Watchmen di Alan Moore, nel senso che se si facesse un’analisi sull’investigazione e accadimenti sembra un copia/incolla di questo film. Mettendo da parte quel dettaglio comunque è proprio una gran pellicola, anticipa Blade Runner in toto e regala sensazioni da thriller investigativo che hanno reso famoso Chandler con “Il Grande Sonno”. È liberamente ispirato al romanzo di fantascienza del 1966 "Make Room! Make Room!" di Harry Harrison, con una trama che combina elementi di fantascienza e di poliziesco. La storia segue un'indagine per omicidio ambientata in un futuro distopico con oceani morenti e umidità costante causata dall'effetto serra, con conseguente inquinamento, esaurimento delle risorse, povertà e sovrappopolazione.



Charlton nei panni del Detective Scrocco (non nel nome ma dal modo di fare lo scroccone) è fenomenale, Leigh Taylor-Young fa perdere la testa solo a vederla ed Edward G. Robinson si mangia quasi tutti con le sue abilità di caratterista (pensare che quella sia stata la sua vera e ultima scena fa venire i brividi) che lo hanno reso famosi nei film di Wilder e Jewison. Ovviamente è un altro esempio di come gli anni 70 siano stati un culmine di originalità cinematografica alle sue massime vette che ancora oggi regala emozioni e da lezioni. La sequenza iniziale del film, che raffigura l'America sempre più affollata con una serie di fotografie d'archivio accompagnate dalla musica, è stata creata dal regista Charles Braverman. La colonna sonora del "ritorno a casa" nella scena della morte di Roth è stata diretta da Gerald Fried e comprende i temi principali della Sinfonia n. 6 ("Patetica") di Čajkovskij, della Sinfonia n. 6 ("Pastorale") di Beethoven e di Peer Gynt ("Umore del mattino" e "La morte di Åse") di Edvard Grieg. Un cabinato personalizzato del primo gioco arcade Computer Space è stato utilizzato in Soylent Green ed è considerato la prima apparizione di un videogioco in un film.



Inoltre forma una trilogia sci-fi distopica personale di Heston molto iconica con: "Il Pianeta delle Scimmie" e "The Omega Man". Il buon Fleischer ci regala un (sudatissimo) thriller procedurale cospiratorio in cui un detective disilluso (che si concede egoisticamente ogni misero piacere rimastogli da spremere dalla nostra industria alimentare sintetica e dal nostro inferno ambientale; verdure, docce e donne soprattutto) si ritrova in prima fila ad assistere all'orrore dei macchinari cannibali aziendali che contribuisce a servire e mantenere.



Ma vi è anche una forte attenzione visiva dettagliata: dai lussuosi condomini retrò-futuristi, le strade sporche e ricoperte di cadaveri, alla scenografia militarizzata per lo smaltimento dei rifiuti e al filtro per lenti avvelenate dalle radiazioni color verde itterico. Spettacolare la brutale sequenza di controllo delle sommosse del camion della spazzatura passando all'ipnotica cabina del cinemascope del suicidio assistito, fino al finale ferocemente violento e isterico chiuso dalla frase solenne e rivelatoria, rendono a tutti gli effetti il film un classico intoccabile del genere direttamente dagli anni 70.




Commenti

  1. Soylent Green è un gran bel film nonostante qualche baco di sceneggiatura, sia per l'atmosfera sia perché anticipa certe tematiche attuali. Personalmente, metto comunque il primo Blade Runner in un'altra categoria (assai superiore).

    RispondiElimina

Posta un commento