Point Blank (1967) Senza un attimo di tregua, di John Boorman



Ispirato dal libro "The Hunter" (Anime carogne in italiano) di Richard Starl (alias il grande giallista Donald E. Westlake), la sceneggiatura di Alexander Jacobs, Dave & Rafe Newhouse prende la trama non lineare del romanzo adattadola in un narrazione fratturata (nel tempo e nello spazio) della memoria del protagonista, ruolo cucito apposta dallo stesso regista che da Lee Marvin stesso.




Trovo peculiare come Boorman al suo secondo lavoro, abbia avuto il taglio finale del film anche solo grazie all'imposizione di Lee Marvin (ironico come vent'anni più tardi abbia disconosciuto la sua prova, definendola violenta e in preda a demoni personali) ai produttori dopo solo due incontri con il cineasta. Parlando di concessioni è impossibile non notare l'alchimia tra l'attore e il regista, che hanno messo da parte la trama originale infarcendo la figura del protagonista con più livelli d'intepretazione che risultano soggettivi al singolo visionatore (il protagonista è un fantasma? è tutto un sogno pre-morte? È forse l'incarnazione della vendetta?) quindi non convenzionali nella comprensione della storia.



Di base la pellicola è un noir/thriller americano, che però sente l'influsso stilistico del cinema europeo in particolare della Nouvelle vogue francese, in cui sicuramente l'influenza di Alain Resnais si può toccare con mano ed è plateale nell'approccio tecnico narrativo e di ripresa. Le visuali di Boorman combaciano in un continuo loop da incubo nel montaggio concatenato/alternato di Henry Berman, supportato dalla colonna sonora surrealista di Johnny Mandel e dalla ricercatezza delle immagini del direttore della fotografia Philip H. Lathrop (gigante dietro lavori come Touch of Evil di Welles, The Cincinnati Kid di Jewison e The Driver di Hill).



Non stupisce sapere come un film del genere abbia influenzato cineasti del calibro di Tarantino, Michael Mann e Steven Soderbergh che di sicuro hanno preso più di uno spunto dalla potenza creativa che la pellicola si porta dietro. Grandissimo cast: un granitico Lee Marvin nei panni di Walker (Tom Cruise farà sua la caratura della durezza del killer per Collateral) che mette carisma in tutta l'opera donando spessore ad un personaggio (killer, rapinatore) che sembra camminare in un proprio incubo personale, come in un limbo dove le visioni si ripetono azione dopo azione, suono dopo suono e visione dopo visione. Splendide Angie Dickinson & Sharon Acker, davvero due donne dalla bellezza e talento tipico del cinema americano che sfondano lo schermo ad ogni movimento/sguardo/parola e pure non male i comprimari caratteristi come Keenan Wynn, Carroll O'Connor, Lloyd Bochner, Michael Strong, John Vernon e pure Sid Haig in un piccola comparsata.



È un film eccezionale sotto ogni punto di vista nel quale lo si vuole analizzare: puramente tecnico di ripresa/fotografia, narrativo di sceneggiatura/montaggio, d'intepretazione dei personaggi è così via, la genialità di un progetto la si riconosce sul lungo andare e questo film di John Boorman era almeno quarant'anni avanti rispetto ai tempi in cui è uscito.

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