Rabid (1977) Il vampirismo mutagenico di David Cronenberg




Questa è sempre stata una pesante (per non dire grave) mancanza nel mio repertorio, essendo ovviamente un fan del regista in questione. David Cronenberg, un talento che già solamente nei suoi primi lavori si mostrava in tutta la sua forza cinematografica e anche nella sua lungimiranza su determinate tematiche, "Rabid" è una quintessenza del suo stile poi esploso negli anni 80 in tutta la sua Body Horror. Partendo particolarmente dal fatto che quel tentacolo/zanna ascellare/vaginale è una delle cose più pazze che una mente poteva elaborare nella messa in mostra delle proprie idee a quel tempo, senza contare il fatto che fu (al tempo) il film indipendente con maggiore incasso nella storia della cinematografia canadese.



Se già con "Shivers" (una versione apocrifa del ben noto "Condominio" di Ballard) la strada si era aperta, qua comincia ad essere percorsa, un po' come la moto su cui i protagonisti hanno l'incidente che farà poi sfociare tutto il casus belli del contagio nel film, durante tutto il minutaggio la pellicola, in una tipica essenza anni 70 di genere, regala un mix dei film sul tema vampirismo (mutagenico) e zombismo (contagio virale) davvero esemplare. La clinica che sperimenta trapianti di pelle umana, che poi sfociano in una pandemia mondiale (piano piano) sono un grandissimo crescendo d'ambientazione, il tutto supportato da una colonna sonora che fa da leit-motiv continuo con quelle malsane note di piano. Da citare inoltre il lavoro alla fotografia da René Verzier, come del resto tutta l'elaborazione scenica svolta dal direttore artistico Claude Marchand.



Mary Chambers (suggerita da Ivan Reitman, visto che Sissy Spacek non fu voluta dal produttore John Dunning) con quella pelliccia che si aggira per cinema a luci rosse e strade urbane diffondendo il morbo è di un fascino venereo, cosa intrinseca visto che in patria canadese era famosa nella pornografia ("Behind the Green Door" fa parte della Golden Age del settore), ma anche dolce e doppia nella sua natura mutata che ne regala una sfumatura drammatica molto reale. Cronenberg realizza un ibrido interessante (con un'impronta narrativa senza soluzione di speranza), dalla chiave di lettura che va oltre il tempo della sua produzione offrendo scenari che poi (purtroppo) si sono realizzati. Da scoprire, quanto da studiare questo suo lavoro che offre molto di più rispetto all'estetica anni 70 con la quale si presenta in facciata.



Commenti

  1. Una mancanza che fortunatamente anch'io sopperito tempo fa, altrimenti mi sarei perso un interessante film come questo, più stratificato di quanto sembri.

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