The Cincinnati Kid (1965) Una vita al massimo (giocando a poker)
Se non è il simbolo, di sicuro questo film è la quintessenza di un certo genere cinematografico e già solo in questa affermazione si possono trovare una serie di pregi che in molti altri lavori sono solo derivativi. Quindi, tralasciando il fattore originalità, questo film che rappresenta la classica sfida a poker tra il giovane talento della strada e i veterani dell'alta élite è un lezione di stile su tutta la linea: fotografia (di Philip H. Lathrop), montaggio (un certo Hal Ashby), musiche (il grande Lalo Schifrin) e infine regia da parte di Norman Jewison (al suo quinti film ed entrato a sostituire dopo solo quattro giorni Sam Peckinpah).
La sceneggiatura di Ring Lardner Jr. & Terry Southern, basata sull'omonimo romanzo di Richard Jessup, è dannatamente accattivante nella sua semplicità di mostrare le dinamiche che intercorrono tra personaggi, storia e materia trattata che ha fatto pure venire a me (negato nel gioco della carte) i brividi nell'ultima mano dello scontro titanico tra Cincinnati Kid & Lancey Howard.
Lo sfondo di New Orleans in queste bische clandestine (o d'alta società) è un valore aggiunto come scenario tanto quanto l'ottimo cast di caratteristi: Steve McQueen & Edward G. Robinson duettano (e duellano) che è una gioia con le carte, ma l'accompagnamento di caratteristi come: Ann-Margret (bellissima quanto fatale bara in amore e in vita, non mi sorprende che John Romita Sr. abbia basato Mary Jane di Spider-Man sui suoi tratti), Rip Torn (perfetto nei panni del pessimo perdente), Karl Malden, Joan Blondell, Jack Weston, Cab Calloway (l'immortale) e una biondissima Tuesday Weld (la campagnola per cui tutti perderebbero la testa). L'eroe di Steve sa barare quanto essere onorevole, il finale (nonostante il suo colpo di scena) è in tipico stile Hollywoodiano ma questo non toglie nulla a quanto visto prima.
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