Una lucertola con la pelle di donna (1971) L'incubo omicida di Lucio Fulci

Era il 1971 quando il terrorista dei generi Lucio Fulci si presentò sul grande schermo con la sua personalissima seconda invasione del giallo all'italiana (il primo fu Una sull'altra) riscuotendo un buon successo al botteghino. La ventiquattresima opera di Fulci fu prodotta da Edmondo Amati e Renato Jaboni, il soggetto venne scritto da Roberto Gianviti e dal regista stesso per poi venir riletta in fase di sceneggiatura da José Luis Martinez Molla e André Tranché. La produzione figlia totalmente europea è ambientata a Londra e vede nel cast: Florinda Bolkan, Stanley Baker, Jean Sorel, Silvia Monti, Leo Genn, Anita Strindberg e Mike Kennedy (all'epoca cantante del famoso gruppo rock Los Bravos). Carol Hammond, figlia di un avvocato londinese, ha una serie di incubi a carattere erotico-orrorifico, in cui la protagonista è Julia Durer, la sua vicina di casa, una ragazza disinibita che attrae e sconcerta Carol. Quest'ultima rivela al suo psichiatra di aver fatto un sogno in cui uccide la Durer, pugnalandola. Lo psichiatra interpreta il sogno come liberatorio, ma la Durer viene veramente uccisa come sognato da Carol, e tutti gli indizi l'accusano del delitto.
Una pellicola molto sperimentale questa di Fulci, che mischia sogni ed omicidi con un ritmo accattivante grazie all'accompagnamento musicale, di un Ennio Morricone molto in vena di scelte musicali lisergiche che ben si sposano con le diverse fasi narative sia in quelle oniriche che in quelle prettamente reali. C'è un sottotesto pessimista facilmente individuabile che attacca certi ambienti borghesi denunciandone il falso perbenismo e l'ambiguità, allo stesso modo esce un ritratto giovanile deplorevole, perso tra droghe e assenza di valori. Molto sofisticate le scelte d'abbigliamento di Maurizio Chiari elaborati per l'alta borghesia e credibili per i giovani ribelli che risultano credibili e neanche troppo stereotipati nelle loro ambigue vesti. Degno di nota oltretutto è il lavoro svolto dal trio Román Calatayud, Nedo Azzini e Maurizio Chiari che ambientano ottimanente la storia cone loro scenografie, donando molte sfaccettature che vengono richiamate negli incubi (particolare che per chi conosce un minimo di Freud può capire di cosa è capace di far sorgere durante la fase onirica la nostra mente) della protagonista come le opere di Francis Bacon nel salotto per esempio.
Nota in particolare per il trucco di Franco Di Girolamo e Gloria Fava senza contare poi la credibilità degli effetti speciali di Eugenio Ascani e Carlo Rambaldi. In particolare la sequenza più famosa del film è probabilmente quella in cui la Bolkan apre la porta del laboratorio di una clinica e si trova davanti quattro cani vivisezionati. La scena costò al regista un processo intentato da una società protettrice degli animali, che Fulci vinse (evitando due anni di prigione) portando in aula i cani finti (prima volta nella storia), creati da Carlo Rambaldi. La regia di Fulci è funzionale alla storia, unita ad un sapiente montaggio di Vincenzo Tomassi e Jorge Serralonga senza contare poi la fotografia di Luigi Kuveiller, offre lo spettatore delle bellissime fasi di ripresa negli incubi ma anche saggia nelle azioni più movimentate come l'inseguimento. L'abilità di Fulci nel saper sfruttare gli interni, quanto gli spazi aperti rende ancora più appetibile questo giallo che non perde mordente anche nella fasi di dialogo e statiche dove i movimenti della mdp (tipici degli anni 70, come le improvvise zoomate dell'obbiettivo) regalano bei primi piani e prospettive interessanti. Una scena, in particolare la sequenza in cui la Bolkan viene improvvisamente aggredita da un gruppo di pipistrelli attirò il plauso di Mario Bava, maestro dell'horror italiano.
Questo film deve molto all'influenza di Hitchcock: la pellicola è un lungo gioco di specchi deformanti in cui la realtà viene manipolata di continuo da parte del regista Fulci. La capacità di sorprendere, l'inserimento di sequenze caricate di una psichedelia impetuosa sostenuta dalle martellanti note di Ennio Morricone, un intreccio compatto con sporadiche e perdonabili cadute di tono, fanno di "Una lucertola con la pelle di donna" un ottimo esempio di giallo all'italiana. Conquistano i vari depistaggi,intriga il modo composto con cui viene svelata l'identità dell'assassino, in modo non certo convenzionale per il genere e per l'epoca, in cui epiloghi brutali erano preferiti a spiegazioni verbali. Buona l'interpretazione del cast: la Bolkan bella e brava cone al solito, il dectetive fischiettante alla Poirot di Stanley Baker è ben caratterizzato, incantevoli ed ambigue le prove di Anita Strindberg e Silvia Monti, un Jean Sorel abbastanza sottotono ma comunque credibile ed il resto degli attori e attrici fanno la loro parte a volte come sfondo altre volte come svolta narrativa.
Piccola nota; Fulci aveva scelto come titolo del film La gabbia, ma la produzione impose Una lucertola con la pelle di donna per sfruttare il successo della trilogia degli animali di Dario Argento, composta da L'uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio.

Commenti

  1. Impressionanti gli effetti speciali di Rambaldi, che non ha fatto solo King Kong, E.T. e Alien..

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  2. Grande Fulci, tra horror e thriller mi (ci) ha regalato capolavori purtroppo sottovalutati. La scena dei cani vivisezionati è terribile, anche a rivederla in foto mi ha fatto impressione come se la vedessi per la prima volta :D.

    Grazie per la recensione su questo capolavoro

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    1. Una scena disturbante...pare vera pensare che il Mereghetti li definice inutili e brutti...bah!

      Comunque è un piacere parlare di queste pellicole, non andrebbero mai dimenticate..meno male che ci siamo noi...

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