The Ghost and the Darkness (1996) I leoni mangiatori di uomini dello Tsavo, Spiriti nelle tenebre di Stephen Hopkins


Ve l'avevo detto che con Alligator, forse anche prima con Razorback, avrei cominciato a trattare di pellicole che hanno come tema l'uomo contro la natura. La natura intesa come animale, ma anche geneticamente modificata queste però in varie e piccole volte. Il concetto base di questo genere cinematografico mi è sempre piaciuto, anche nella semplicità dei miei pensieri quando ero piccolo: mostri animali grandi contro piccoli uomini, ovviamente il concetto primordiale che è alla base di questa sfida ferale è stato in grado di segnare il cinema, partendo da grandi classici blockbuster estivi passando per film d'essay e infine l'infinità di film dalla B alla Z di serie. E' un concetto che gira su binari che vendono e che attira sempre gente. Il caso che vi riporto oggi è nei miei sempre adorati anni 90, patria d'idee non originali ma tratte in modo fresco nella loro rilettura. La storia tratta di un fatto realmente accaduto: i Mangiatori di uomini dello Tsavo è il soprannome dato a due leoni che compirono una serie di attacchi ad esseri umani nel 1898 in Kenya, nei pressi del fiume Tsavo, durante la costruzione di un ponte ferroviario. La vicenda fu descritta per la prima volta da John Henry Patterson, l'ingegnere capo britannico che sovrintendeva i lavori, nel suo libro The Man-Eaters of Tsavo and Other East African Adventures.
Durante la costruzione, una coppia di leoni albini solitari, senza criniera, iniziò ad aggirarsi intorno al cantiere e ad attaccare gli operai. Gli attacchi avvenivano di notte; i leoni aggredivano gli uomini nelle loro tende e li trascinavano fuori per divorarli. gli operai locali iniziarono a credere che i due leoni fossero "spiriti" che si opponevano alla costruzione della ferrovia. Lo stesso Patterson, in alcuni passaggi del suo racconto, sembra attribuire caratteri soprannaturali ai due animali, per esempio affermando che erano in grado di resistere in modo straordinario ai proiettili, tanto che il secondo leone sarebbe morto solo dopo essere stato colpito ripetutamente per dieci giorni consecutivi. Patterson tentò di uccidere i due leoni usando trappole e piazzandosi di vedetta su un albero, armato di fucile. Riuscì ad abbattere il primo leone il 9 dicembre 1898, e il secondo tre settimane dopo. Quando i due leoni morirono, avevano ucciso 135 operai. Nel 1924 Patterson vendette le pelli dei due leoni al Field Museum di Chicago, dove sono conservate ed esposte ancora oggi.

Quindi come nelle pellicole più interessanti che si possono trovate la base ha un mito e una leggenda alla base di essa: William Goldman aveva sentito parlare per la prima volta della storia durante un viaggio in Africa nel 1984 e pensò che sarebbe stata una buona sceneggiatura. Nel 1989 portò la storia alla Paramount come un incrocio tra Lawrence d'Arabia e Lo squalo, e fu commissionato di scrivere una sceneggiatura che ha consegnato nel 1990. A suo dire i due leoni era l'essenza del maligno che esplose a Tsavo, l
a sceneggiatura introduce un cacciatore americano chiamato Charles Remington. Il personaggio era basato sull'anglo-indiano Charles H. Ryall, sovrintendente della polizia ferroviaria Nelle bozze originali il personaggio si chiamava Barbarossa e Goldman dice che il suo scopo nella storia era quello di creare un personaggio imponente che potesse essere ucciso dai leoni e far sembrare il protagonista più coraggioso; Goldman disse che il suo casting ideale per il ruolo sarebbe stato Burt Lancaster, ma alla fine il ruolo andò a Michael Douglas.
Secondo Goldman, Kevin Costner espresse interesse a interpretare Patterson, ma la Paramount voleva usare Tom Cruise che alla fine rifiutò. Douglas lesse la sceneggiatura e l'adorò, definendola "un incredibile thriller su eventi realmente accaduti". Douglas decise di produrre la pellicola e Stephen Hopkins fu assunto per dirigerla. Val Kilmer, che aveva appena girato Batman Forever ed era un assiduo frequentatore dell'Africa, espresse entusiasmo per la sceneggiatura e prese poi il ruolo del protagonista. La parte di Remington era stata originariamente offerta a Sean Connery e Anthony Hopkins, ma entrambi rifiutarono; i produttori stavano pensando di chiedere a Gérard Depardieu quando Douglas scelse di interpretare lui stesso il ruolo. Stephen Hopkins in seguito si disse scontento di questo. Nelle prime bozze della sceneggiatura, Remington sarebbe stato originariamente una figura enigmatica, ma quando Douglas subentrò al ruolo del personaggio fu riscritto e amoliato. Nel libro di Goldman What Lie Did I Tell?, lo sceneggiatore sostiene che la decisione di Douglas rovinòil mistero del personaggio, rendendolo uno "sfigato" e un "perdente".
Mentre i veri mangiatori di uomini erano, come tutti i leoni della regione dello Tsavo, una varietà più aggressiva, quelli usati per le riprese erano in realtà i meno aggressivi disponibili, sia per motivi di sicurezza che estetici. I leoni del film erano due leoni maschi con la criniera. Erano fratelli di nome Caesar e Bongo, residenti allo zoo di Bowmanville a Bowmanville, Ontario, Canada, entrambi presenti anche in George of the Jungle. Il film comprendeva anche altri tre leoni: due francesi e uno statunitense. Il regista Stephen Hopkins scrisse sulle riprese: - Abbiamo avuto morsi di serpente, morsi di scorpione, febbre da puntura di zecca, persone colpite da fulmini, inondazioni, piogge torrenziali e tempeste di fulmini, ippopotami che inseguivano persone attraverso l'acqua, macchine trascinate in acqua e diversi decessi di membri dell'equipaggio, inclusi due annegamenti .... Val è arrivato sul set nelle peggiori condizioni immaginabili. Era completamente esausto per aver girato L'isola del dottor Moreau; aveva a che fare con la pubblicità sfavorevole di quel set; stava divorziando; ha avuto a malapena il tempo di mettere i denti in questo ruolo prima che iniziassimo; ed è in quasi tutte le scene di questo film. Ma l'ho lavorato sei o sette giorni alla settimana per quattro mesi in condizioni davvero avverse, e ci è riuscito davvero. Aveva una passione per questo film.
Comprenderete quindi le variabili in gioco che hanno creato questo film: una leggenda con una ben precisa realtà dei fatti, uno dei registi più sottovalutati di sempre, uno deghli sceneggiatori più influenti in america, un attore/produttore che come il padre prima di lui ha sempre avuto manie di gestione e uno degli attori più folgoranti degli anni 90 che arrivava da un set infernale. Quindi direi di si, l'atmosfera è il punto forte di questo film ambientato in un mondo primitivo fatto di pericoli e onore. Senza contare la bellissima fotografia di Vilmos Zsigmond e dalla colonna sonora del sempreverde Jerry Goldsmith. Spiriti nelle Tenebre" ha veramente qualcosa che a molti film manca: sarà quell'atmosfera di tensione che ci tiene sull'attenti o la paura che proviamo immedesimandoci nei personaggi, ma il film è veramente avvincente. I dialoghi sono brevi ma significativi e i personaggi hanno una caratterizzazione più che discreta.
La trama è semplice, eppure il film ci colpisce e si imprime nella memoria. Sarà per il cast o per l'originalità (visto che sono veramente pochi i film simili) o ancora per l'atmosfera densa e tangibile del pericolo ferale/primirdiale. Una cosa è certa: Hopkins come sempre ha fatto un ottimo lavoro. Peccato solo che la pellicola scorra via così liscia che quasi sembra troppo corta e quando finisce quasi ci dispiace. Buona l'interpretazione degli attori, in particolare quella di Micheal Douglas che rende bene l'idea di quello che era l'Africa al tempo del colonialismo inglese, anche Kilmer riesce nell'impresa, dona al suo personaggio un buon carattere e si mantiene in piedi davanti a due bestie cannibali come quei leoni. Leoni che nonostante le differenze da quelle reali (intendo estetiche) mantengono tensione e pathos grazie alla loro presenza.

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