Enemy at the Gate (2001) Soviet Sniper, il pastore degli Urali cacciatore di lupi secondo Jean-Jacques Annaud

Chi ha mai detto che i film storici di guerra possono solo essere retorici e pieni della storia fatta dai vincitori? In parte è vero, ma in parte è anche falso. Nonostante abbiamo esempi lampanti di continuità retroattiva (dico a te Roberto Benigni) abbiamo anche ottimi film che talvolta s'insinuano nella prospettiva dei vinti, dei perdenti e di chi ha scaturito gli effetti catastrofici degli eterni conflitti che ardono la civiltà umana sin dai tempi arcaici. Primo fra tutti, mi viene da citare La Croce di Ferro del grande Sam Peckinpah però oggi parlerò di un film che gli può essere affine e che ne porta in un certo senso la stessa prospettiva, che ho citato prima, sto parlando di Enemy at the Gates di Jean-Jacques Annaud del 2001.La vicenda narrata nel film troverebbe ispirazione dal presunto "duello" tra due cecchini che sarebbe avvenuto durante la battaglia di Stalingrado quando il comando tedesco, al fine di eliminare Zajcev, avrebbe inviato a Stalingrado il migliore tiratore di cui disponeva la Germania, ossia l'SS Standartenführer Erwin König. Lo scontro tra i due cecchini si sarebbe sviluppato per quattro giorni, al termine dei quali Zaitsev, dopo la morte di due dei suoi compagni, utilizzando uno stratagemma, avrebbe avuto la meglio. La base del film, nonostante sia molto discussa visto che i fatti differiscono secondo gli storici, è questa da cui il regista assieme ad Alain Godard ha scritto la sceneggiatura. Vi è anche da dire che alcune associazioni dei veterani sovietici della battaglia di Stalingrado si sentirono offese dall'immagine dell'Armata Rossa fornita dal film. In particolare, le scene nelle quali i soldati sono trasportati al fronte come prigionieri in treni chiusi dall'esterno e quando vengono mandati all'assalto disarmati, ed inoltre la descrizione dei comandanti sovietici come despoti spietati e dei soldati semplici e dei civili utilizzati come carne da cannone. Tali critiche giunsero al punto da richiedere ufficialmente il ritiro della distribuzione del film in Russia.
Il film, tra le altre cose, tratta un tema che Sergio Leone avrebbe portato al cinema se non fosse mancato prematuramente (però è stato citato in forma di tributo, tramite una scena, da Annaud stesso). La battaglia di Stalingrado può essere definita come uno degli scontri che hanno deciso il destino del mondo (l'altro è lo sbarco in Normandia), indubbiamente le chiavi di lettura che può offrire al mondo cinematografico sono elevatissime e il film trae sapientemente il suo stampo narrativo da una di queste. Jean-Jacques Annaud mette il suo tocco nelle pellicole di guerra iniziate con Salvate il soldato Ryan di Steven Spielberg arrivando fino al Pearl Harbor di Michael Bay. Favorendo però una retrospettiva più storica e umana che l'elemento bellico vero e proprio, nonostante sia ben presente. L'amicizia, l'amore, il patriottismo di fronte all'esercito invasore nazista ("Il nemico alle porte" del titolo, nomen loquens) e il duello a distanza dei due protagonisti, il cacciatore di cervi tedesco e quello di lupi russo sono il cardine della narrazione alla quale si aggiungono sotterfugi e inganni, imboscate e vendette. Jude Law incarna perfettamente il personaggio "dell'eroe suo malgrado" reso famoso dalla penna sagace del suo amico (ed avversario in amore) Danilov/Fiennes. Mentre Vassili è un "operativo", un pastore poco istruito, Danilov è un "tattico" uno studioso, uno di quelli che sanno come affascinare le masse attraverso la propaganda. Tania (una grandissima Rachel Weisz) è follemente innamorata del suo uomo ma al tempo stesso molto combattiva e coraggiosa. Il film, nonostante la violenza ed il sangue di molte scene, acquista via via una vena romantica (romanzamento dovuto) rappresentata dalla storia d'amore dei due protagonisti.
La ricostruzione storica di Annaud, che è anche una sua peculiarità di fare cinema, è dettagliata, come al solito, ed accompagnata con dovere dalle scenografie che si sublimano con i toni grigio-argento della fotografia di Robert Fraisse, che caratterizza al massimo tutta l'opera e sono azzeccatissimi per una pellicola del genere. James Horner sostiene il tutto con una delle sue grandi strutture compositive che hanno da sempre contrassegnato la sua carriera. Non parliamo poi del cast oltre al già citato trio troviamo caratteristi come Ron Perlman, Bob Hopkins e il grande Ed Harris, che, come antagonista nella storia del cinema, ha fatto sempre la sua bella figura. Il risultato si vede da solo: abbiamo di fronte ad uno dei migliori film di guerra usciti negli ultimi 22 anni. In cui ci viene mostrata in modo diverso rispetto a tanti altri film la Seconda guerra mondiale. Nel quale la sfida tra due cecchini in mezzo ad un ambiente ormai "morto" e desolato la fa da padrone con un gran climax finale (Eastwood in questo avrebbe dovuto trarne una lezione per il suo American Sniper). Oltretutto, come in suo altro film, Annaud ci regala una tra le più appassionate scene d'amore che il cinema di genere possa richiedere, richiamando quasi nel finale quello che tanto tempo prima era mancato al buon Adso da Melk nel Nome della Rosa.

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