Deconstructing Harry (1997) Harry a pezzi, il miglior Woody Allen degli anni 90



Io ho sempre avuto un debole per il cinema di Woody Allen: dalle sue spiccate commedie fatte di equivoci, con battute al vetriolo fino ad arrivare alle sua prove più sperimentali, senza scordarsi i suoi richiami ricercati e plateali ai suoi cineasti preferiti fino ad arrivare alle sue ultime produzioni. Un cineasta profilico, che ha goduto di alti e bassi in carriera, controverso e contestato da molti per fatti al di fuori della settima arte. Mi sembrava giusto cominciare nel rendergli omaggio dal primo film che mi fece innamorare del suo stile, non a caso poi è una pellicola degli anni novanta, ovvero “Harry a Pezzi” (Deconstructing Harry, in originale).

Cosa tipica di Woody Allen è sempre stata quella di mettere molto della sua vita nei personaggi che crea, in questo film si supera presentandosi i tutti i suoi aspetti (e forse anche rappresentando il collega Philip Roth, si proprio lui): immaturità, incapacità di stare soli, tendenza al tradimento, nevrosi, il rinnegare le proprie radici, i conflitti familiari. In pratica, un uomo incapace di reagire alle proprie debolezze, che continua per questo a sentirsi in colpa, trascinandosi perennemente in uno stato di inquietudine. Saranno proprio i personaggi che lui ha creato nei suoi romanzi spezzettando dentro ognuno di loro un po' di Harry e un po' della sua vita ad aiutarlo a non sentirsi " fuori fuoco" rispetto al mondo.


A conti fatti questo è il miglior anni degli anni novanta: duro, caustico, logorroico, mordace, cattivo, subdolamente geniale, spesso volgare, dissacrante nei confronti di tutto e tutti. Uno sfogo (continuo) sincero e appassionato che non risparmia nessuno: Dio, l'ebraismo, la famiglia, la vita moderna, l'amore. Solo l'arte si salva perché è l'unica via che permette all'uomo non solo di evadere dalla realtà ma anche di accettare sé stessi. Omaggiando Bergman e Fellini, riprendendo i temi che hanno reso indimenticabili alcuni suoi film, mettendoli assieme ad un narcisismo marcato come non mai, Allen crea un grandissimo esempio di geniale comicità.

( - Io sono una vittima almeno quanto te...perché secondo te farm-farmi fare un pompino da-da una tettona di 26 anni è una cosa che mi fa piacere? - )

Molto più di un omaggio al maestro svedese, bensì una geniale idea per dipingere un ennesimo alter ego visto dal lato del male, un uomo la cui vita è "nichilismo, cinismo, sarcasmo e orgasmo", disilluso, erotomane, impulsivo, depresso e alienato. Una sagra di malinconie e prati verdi, cieli grigi e camiciole, vecchi amori e tormenti, sarcasmi e delusioni, metafore spicciole e dialoghi acuminati, disprezzo per la vita e acredine misantropico, ridondanza verbosa e scossoni al montaggio, la summa grandiosa di una poetica e di un linguaggio personale e intimo. Sono innumerevoli le battute che Harry tira fuori (e non starò qui nel doverle elencare) come anche le situazioni che vengono messe in scena. Il tutto è completato da un cast di prima mano: Kirstie Alley, Billy Crystal, Judy Davis, Bob Balaban, Elisabetta Shue, Demi Moore, Robin Williams, Eric Bogosian, Mariel Hemingway.


L'idea del melodramma borghese contemporaneo, incapace di reggersi da sola, ritrova dentro “Harry a pezzi” tutto quello che può rendere Woody Allen un grande autore, a partire dal protagonista, con la sua comica ed unica maniera di vedere con nonchalance il tradimento. Se solitamente nei film del regista ci si ritrovava inchiodati ad un'unica storiella qua non solo siamo di fronte ad un racconto frammentato, decostruito, che unisce finzione e realtà e che ragiona su sé stesso attraverso una linea surrealista che sappiamo essere propria dell'autore, ma abbiamo a disposizione più racconti (o gag), ognuno dei quali genuino, irriverente e geniale. Finalmente ci troviamo di fronte ad un film che riesce ad ottenere il massimo dal proprio tipo di cinema e dal proprio tipo di commedia romantica, un capolavoro che riflette sulla propria arte, non lasciandosi ammaliare dalla mera prosa.



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