The Lair (2022) Ricominciare dalle basi del proprio genere cinematografico




Questo era un titolo che aspettavo di vedere da un po’ di tempo, anche perché il buon Marshall ha accompagnato la mia adolescenza: autore di ottimi ibridi cinematografici (ma anche minestroni succulenti) tipo “Doomsday” o “Dog Soldiers”, che nel suo massimo picco artistico ha prodotto quel manifesto claustrofobico horror d'inizio millennio che si chiama "The Descent". Ora si presenta alla mia corte con questo nuovo lavoro dopo il folgorante “passo falso” (secondo fan e critici, ma non me) che è stato Hellboy. Si perché nonostante la qualità della sua revisione di Hellboy, il cineasta ha subito un brutto colpo sia da critica che dai fan, ma questo solo perché gli stessi che avevano ignorato i primi due film del Toro, dopo gli Oscar, si sono trovati nel dover idolatrarlo come nuovo Dio, che bella forma di coerenza dico io. Ma visto che ho messo in ballo la coerenza, questa di sicuro risiede nella mente di Marshall che con questa pellicola ritorna alle basi del genere che lo ha formato.


La trama vien da sé: Kate Sinclair, una pilota della Royal Air Force inglese alle prese con la sua ultima missione in Afghanistan viene abbattuta da una roccaforte nemica ed è costretta a un atterraggio d'emergenza. La donna si rifugia in un bunker sotterraneo, ma è totalmente ignara a cosa sta andando incontro. In quello che lei crede essere un riparo sicuro, vivono creature sinistre che si cibano di carne umana. La sua presenza nel bunker risveglia questi mostri e Kate si vede costretta a fuggire dal rifugio. La sua fuga, però, condurrà le creature verso la base americana del posto. Come si può ben notare dalla sinossi, questo è un monster B-movie fatto e finito che non va oltre i confini della sua natura, questo non è per forza un male. Per certi versi è una versione depotenziata (solo perché più formale, senza contaminazioni) di “Il passo del diavolo” (Devil's Pass, conosciuto anche col titolo The Dyatlov Pass Incident) di Renny Harlin, nonostante i dieci anni di differenza ne rispecchia pregi e difetti.



Neil Marshall ha sempre avuto le idee giuste, pure gusti in donne a quanto pare, visto che Charlotte Kirk ormai è anche compagna del regista oltre che co-sceneggiatrice/produttrice/attrice della pellicola in questione. Nonostante sia una produzione relativamente contenuta gode del suo fascino intrinseco, molto vecchia scuola b-movie, molto di basso budget, una cosa che a questo punto della sua carriera (a Marshall) non dovrebbe essere permessa, da chi ha soldi per finanziare i film nel mondo del cinema. Resta comunque il talento e l'amore per il cinema di genere, vedendola vengono subito in mente: Aliens (di rimando Dog Soldiers), La Cosa, Fantasmi da Marte, Fuga da New York (il capitano americano è una copia di Plissken) che sono indubbiamente riferimenti stilistici voluti dalla coppia d'innamorati che ne ha scritto le fila (e pure prodotto, con il proprio studio). Quasi un già visto della Screen Gems d'inizio 2000, dove W.S. Anderson (con Milla Jovovich) e Len Wiseman (con Kate Beckinsale) hanno spopolato con i loro action horror. In questo caso, nel loro piccolo, Marshall e la Kirk continuano sul selciato di quella strada, ma nella loro personale maniera.

(Firmato con affetto, Charlotte e Neil)

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