Drag Me To Hell (2009) Portami all'inferno, Sam Raimi
La trama vien da sé: Shaun San Dena, una medium ispanica, riceve un bambino colpito da una maledizione in seguito al furto di una collana ad un gruppo di zingari. Il bambino sente da tre giorni delle voci, che stanno diventando sempre più forti. La donna comprende di essere di fronte all'ultimo stadio di questa maledizione e tenta invano di salvare con una seduta spiritica il ragazzino, il quale infine precipita da una balaustra e viene trascinato nell'inferno da una forza malefica. Shaun, devastata, promette al demone che si rivedranno per un'altra battaglia. Anni dopo, Christine lavora come impiegata all'ufficio prestiti di un grande istituto di credito. Per ottenere una promozione a scapito di un collega, vuole mostrare al suo capo quanto "dura" e inflessibile possa essere; pertanto nega una terza proroga di rimborso prestito richiesta dalla signora Ganush, un'anziana zingara. Quest'ultima, per vendicarsi dell'umiliazione subita, le sottrae un bottone dal cappotto e poi glielo restituisce dopo averci invocato sopra una tremenda maledizione. Da quel giorno, la ragazza inizia ad avere delle orrende visioni e ad essere perseguitata dalla Lamia, un terribile demone che cerca in ogni modo di terrorizzarla.
Senza volerla fare troppo lunga: è un film di genere molto semplice, addirittura semplificato: trascinato da un ritmo forsennato (il montaggio di Bob Murawski ben si sposa con la frenesia di Sam Raimi), dalle continue gag in salsa slapstick tipiche del cineasta, dalla profusione di fluido, da momenti deliranti come quello della seduta spiritica e da una colonna sonora di Christopher Young che è una fanfara al demonio. Tutto questo riguarda l'estetica virtuosa del film, che si può ammirare tranquillamente come l’ennesima follia (riuscitissima) di quel pazzo di Raimi, eppure questa malsana e grottesca ironia contrasta con l'anima della storia, che è nerissima, nella sua severità morale e draconiana nella punizione. Perché la protagonista interpretata dalla bravissima Alison Lohman (che ha sostituito nel casting Elliot Page), è infatti una bravissima persona, che per ottenere una promozione si abbassa ai compromessi del potere, la "decisione difficile", forse unica brutta azione nella sua vita, macchia la sua anima inesorabilmente. Oltretutto vi è una un'esclusione sociale che lei stessa avverte, sia dalle sue umili origini della fattoria, passando per il confronto con i genitori elitari del suo fidanzato e infine con l'agonismo lavorativo in banca. In pratica una persona in cui tutti noi ci possiamo immedesimare, vedendone al suo interno una bontà spontanea nel vivere. Con questa premessa affettiva per lo spettatore ed etica per la storia in sé, si giunge ad un epilogo: punitivo, inflessibile e dannatamente spietato nella sua casualità. Se fosse capitato agli altri personaggi del film avremmo tutti accusato meno il colpo di quel finale che chiude (o apre) il cerchio (dell'inferno) e ci mostra la vittoria della Lamia. Tuttavia, accade a una persona dolce e simpatica, una come tante o tanti in questo bieco mondo, e questo risultato fa sorgere nel nostro subconscio quante volte abbiamo smesso di essere giusti, anche solo una dannata volta, quanto ogni volta questa scelta sia stata irreversibile e irreparabile.
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