Blonde (2022) Norma Jeane e il cerchio di luce, decostruzione di un mito Hollywoodiano


A discapito di qualunque possa essere la critica che venga fatta al film (tratto dal romanzo omonimo di Joyce Carol Oates, bisogna ricordarselo perché la chiave di lettura attraverso la disillusione e la demistificazione dello star system Hollywoodiano è un punto cruciale) sulla rappresentazione di fatti/eventi/situazioni/persone che vengono raccontati in questo biopic (che è un parolone) riguardo la vita di Marilyn Monroe, vi è comunque un valore oggettivo che non può essere discusso (e che vale tutto il film), ovvero l'incredibile potenza visiva offerta dal regista Andrew Dominik (talento che non ha bisogno di presentazioni), del direttore della fotografia Chayse Irvin, dal montaggio di Adam Robinson, le musiche del duo Nick Cave/Warren Ellis e dalle scenografie di Florencia Martin e Erin Fite.



Davvero, nella straziante e galvanizzante storia della protagonista si viene immersi in una messa in scena, che ho riscontrato in quanto sperimentazione (per il genere, in tempi recenti) nel "Mank" di David Fincher, solo che la scala in crescendo è continua (talvolta con cambi di colore/formato di ripresa/scenografia inaspettati e alternati fra di loro con maestria artistica) tanto quanto il dramma che prende piede come un ineluttabile sacrificio, a tratti così forte da ricordare venature thriller e quasi al limite dell'horror, anche se le sfumature sentimentali, fiabesche e romantiche hanno la stessa forza d'impatto il tragico epilogo le rende amare come il fiele al solo pensarci. Impossibile rimanerne indifferenti, cinema d'alta qualità che ovviamente può polarizzare chiunque ci si immerga a tutto tondo. Marilyn (una donna appartenente alal costellazione dei Gemelli fatta e finita, dove il doppio è simbolismo intrinseco della personalità) viene rappresentata dal regista come una maschera, in cui più volte l'immagine viene distorta tra realtà e finzione (l'uso del fuori fuoco nel finale è esplicito) muovendosi in uno scenario che varia dai rotocalchi glamour, espressionismo e impressionismo cinematografico. Certe introspezioni poi sfociano nelle tematiche di Freud, la mancanza del padre e la madre problematica, in cui la decostruzione del mito prende possesso nella misura ogni volta che ci si avvicina a fatti realmente accaduti.



Notevole il cast: una toccante e bellissima Ana de Armas si prende sulle spalle un ruolo non facile ma lo fa con una grazia e costanza davvero d'altissima professionalità (e in particolare con credibilità) nel ragalarci la dicotomia del personaggio, ma anche il lavoro svolto da Bobby Cannavale, Adrien Brody e Julianne Nicholson è di un fascino micidiale nella rappresentazione dei personaggi. Il cerchio di luce nella vita di Norma Jeane Mortenson Baker Monroe, quel caos a tratti evocativo dei personaggi di Kubrick come anche la figura "del bambino di luce", il tocco onirico ansiogeno surrealista alla David Lynch e infine quel rimando alle stelle sono meccanismi cinematografici davvero folgoranti, tutti innestati nella lavorazione di questa pellicola, che crea un firmamento originale per mostrare quella stella che è stata Norma Jeane "Marilyn" Monroe.



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