One Night in Miami... (2020) Malcolm X, Cassius Clay, Jim Brown e Sam Cooke chiusi in una stanza a Miami


Per quelli che sono i miei gusti cinematografici, direi che mettere un numero ristretto di attori in una singola location e intrattenere con la potenza intrinseca (storica, sociale nel contesto d'ambientazione fittizia o meno) dei dialoghi, per quasi due ore, è tutto il mio Dio. La bravura da parte di Regina King (al suo primo film) nel dare vita all'opera teatrale di Kemp Powers (di cui è anche regista, vecchia conoscenza del film Pixar che porta il nome di "Soul") come film è palpabile su più fronti, indubbiamente la forza del soggetto non perde quando si parla di dialoghi e contenuti ma può accadere talvolta che una regia funzionale non sappia donare il giusto peso a certe opere, Friedkin (come anche Polanski) negli ultimi anni di carriera ha ben dimostrato cosa sia il talento della trasposizione della matrice puramente teatrale, ma in questo Regina King sicuramente coadiuvata dell'aiuto dello stesso Kemp non fa perdere movente al lungometraggio.



Di sicuro la premessa di mettere: Malcolm X, Jim Brown, Sam Cooke e Cassius Clay nella stessa stanza a discutere delle proprie vite come amici e del contesto sociale in cui l'America si trovava (o si trova ancora) per quanto mi riguarda si vende da sola. Arrivo al film con un bagaglio di conoscenza cinematografica e storica abbastanza solido per comprendere il valore dei dialoghi relativi al periodo storico e questo di sicuro non ha guastato la mia visione generale dell'opera (anzi, ha ampliato e appronfondito certi dettagli), ma di sicuro il livello affettivo che lega i personaggi tra loro (seppur in un incontro fittizio e romanzato) è forte e necessariamente intuibile allo spettatore, che grazie alle stesse premesse offerte come incipit dei personaggi (prima del corpus narrativo pellicola) permette la comprensione della storia e delle dinamiche umane che in esso si svolgono. L'apporto recitativo del quartetto formato da: Kingsley Ben-Adir, Eli Goree, Aldis Hodge e Leslie Odom Jr. risulta efficace e diretto nel mostrare l'attivista, l'eroe, l'atleta e il cantante imprenditore nelle loro assonanze che convergono nel simbolismo di quello che hanno rappresentato, che rappresentano e che rappresenteranno (sempre) per la lotta dei diritti degli afroamericani e in questo loro sono una figura unica e indivisibile nonostante le peculiari differenze caratteriali.



Questo non toglie la bravura anche del cast di contorno: Beau Bridges, Lance Derrick e Michael Imperioli sono figure marginali ma recitate come si deve e con il carisma giusto. Non male poi il cast creativo in cui sicuramente l'apporto di Terence Blanchard alla colonna sonora e Tami Reiker alla fotografia enfatizza ancora di più il girato rendendolo reale. Pellicola consigliatissima per l'offerta individuale, sociale, cinematografica e storica che offre al pubblico in tutti i suoi dettagli di scrittura.



Commenti

  1. Visto all'epoca degli Oscar per cui era candidato, non mi aveva lasciato praticamente nulla, infatti l'avevo dimenticato finché non ho letto il tuo post!

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  2. Storicamente interessante, ma per il resto niente di che..

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