sabato 31 dicembre 2022

Drag Me To Hell (2009) Portami all'inferno, Sam Raimi


Non potevo chiudere l'anno senza parlare di un regista che sono andato a vedere al cinema (nel 2021), nella sua ovvietà cronologica non è questo il film però vista la mancanza della sua filmografia diretta qua su Once, bisogna pur sempre iniziare da qualche parte. Il nome è Sam Raimi, un cineasta che nella sua carriera ha più di un punto in comune con i fratelli Coen, ma anche molto differente da quel drago a due teste senza comunque perderne la sua assoluta originalità nella settima arte. La storia originale di Drag Me to Hell è stata scritta dieci anni prima che il film entrasse in produzione, elaborata da Sam Raimi e suo fratello Ivan Raimi. Il film entrò in produzione con il nome di The Curse, la storia era stata strutturata come un racconto morale, desiderando scrivere su un personaggio che vuole essere una brava persona, ma fa una scelta peccaminosa per avidità e per il proprio miglioramento personale e ne paga il prezzo.

venerdì 30 dicembre 2022

Revenge (2017) W(oman) for Vendetta, la New Wave francese applicata al genere rape and revenge

 


Nonostante la dilatazione dei miei tempi di visione, finalmente, ci sono riuscito nel mettere tra le mie visioni quell'interessantissimo prodotto della New Wave francese, uscito nel 2017, che porta il nome di Revenge. Nonostante il titolo mi rievoca un film di Tony Scott, il genere è ben lungi dalla reminiscenza di quella pellicola da me citata, difatti è facente parte del filone rape and revenge, un sottogenere dell'exploitation che ha come suo capostipite quel particolare "I Spit on your Grave" uscito nel lontano 1978 ad opera di Meir Zarchi. Inutile stare qui a spiegarvi quanto questo connubio della nuova generazione francese con i generi sia per me fonte di gran soddisfazione, visto che dall'inizio del 2000 ci ha regalato così tante perle che hanno rinvigorito soggetti incartapecoriti/stagionati dalla stasi produttiva americana. Coralie Fargeat (la cineasta del film) si è ispirata a realizzare un film di vendetta sulla scia di Mad Max o Rambo, senza aver mai visto I Spit On Your Grave. Fargeat dichiarò al tempo: - Volevo portare questa storia fuori dal genere horror. Non volevo che Jen urlasse e soffrisse per tutto il film, cercando di sopravvivere. Volevo che andasse da qualche altra parte e si trasformasse in un personaggio tosto. -, tra le altre ispirazioni di Fargeat è stato il film Duel di Steven Spielberg perché riusciva a generare tensione usando pochi elementi: un'auto, un camion e basta.

Revenge è stato girato in una location marocchina (nel periodo invernale), scelta per l'aspetto anonimo e isolato del suo deserto. Disse Fargeat: < Dovevamo trovare la villa, il deserto e l'acqua nello stesso paese. Mi piaceva l'idea di non essere in grado di riconoscere esattamente dove si trova il deserto, per creare la sensazione che i personaggi del film siano totalmente soli >. Nel primo atto del film la Fargeat ha descritto che: < Jen è vista attraverso lo sguardo maschile, questo per la resa dell'immagine affascinante e polarizzante della Lolita. Jen può essere vuota e stupida e un oggetto del desiderio se vuole, ma per questo non dovrebbe portare a un'aggressione sessuale. Sento il bisogno di renderlo visivamente importante. Prima di essere violentata, le è stato detto che è colpa sua, che ha creato lei la situazione. Volevo affrontare la violenza psicologica e verbale nei suoi confronti - lo stupro è simbolico del modo in cui è considerata e trattata. >. La trama vien da sé: Jen è una socialite americana che ha una relazione segreta con il milionario francese Richard. I due volano nell'appartata casa di Richard nel mezzo del deserto per un weekend insieme prima della sua annuale gita di caccia con gli amici Stan e Dimitri. Prima di entrare in casa, il pilota dell'elicottero di Richard le cede un peyote come regalo. Tuttavia, Stan e Dimitri arrivano un giorno in anticipo, deludendo Richard, che sperava di mantenere segreta Jen. Mentre i tre uomini e Jen trascorrono una notte a bere e ballare, Jen nasconde il peyote nella sua collana per Richard. La mattina dopo, mentre Richard è via, Stan cerca di convincere Jen a fare sesso con lui, affermando di essere stato provocato da lei la sera prima. Quando lei rifiuta, Stan la stupra mentre Dimitri assiste alla scena senza intervenire. Richard ritorna, rimprovera Stan, e offre a Jen una grossa somma di denaro per dimenticare l'incidente. Lei non ci sta e vuole tornare a casa a tutti i costi, ma Richard si rifiuta. Allora Jen minaccia di rivelare la natura della loro relazione alla moglie di Richard, il quale la schiaffeggia. Jen scappa nel deserto mentre i tre uomini la inseguono e riescono ad accerchiarla di fronte a un burrone. Richard finge di chiamare il suo pilota per portare a casa Jen, ma poi la spinge all'improvviso dal burrone, facendola cadere sopra un albero rinsecchito che la trafigge. I tre uomini, credendola morta, si allontanano e decidono di continuare il loro viaggio di caccia come se nulla fosse accaduto.
Inutile stare qui nell'imbastire come la semplicità dei mezzi e la costruzione di tre atti ben definiti di trasformazione (violenta) di un personaggio possano beneficare all'intero prodotto. In primis dovrei citare la bellissima fotografia ad opera di Robrecht Heyvaert, galvanizzante e molto moderna nell'approccio che sfrutta benissimo la saturazione dei colori a favore della dinamicità alla regia da parte della Fargeat, monumentali la scena dell'incubo da Peyote e il piano sequenza prima dello scontro finale. Altra menzione va fatta per la colonna sonora (alla Bronson) composta da Robin Coudert, che picchia quando deve con fare allucinato ma anche perdendosi in melodie dal retrogusto Carpenteriano. In particolare, voglio fare i complimenti all'italiana Matilda Lutz (mia coetanea) nel ruolo della protagonista, il suo modo di cambiare il personaggio è davvero ammirabile e mai sopra le righe, da ammaliatrice (bella è senza dubbio) passando per vittima e infine carnefice, chiude il cerchio perfettamente nel suo ruolo. Mi è piaciuta la location (è stato girato d'inverno in Marocco), quella specie di deserto con quella casa particolare e ultramoderna in mezzo; mi è piaciuta la fotografia per i particolari colori che riesce a sprigionare e certe trovate di regia. Il realismo non è un corretto criterio di valutazione per un film del genere che si impernia sul grottesco, il parossismo, l'esagerazione. La novità è l'ironia di uno splatter tutto al femminile, la protagonista parte da una posizione di oggetto del desiderio e arriva all'autodeterminazione di sé e del proprio potere, ovviando alla retorica del femminismo, io l'ho trovato divertente e geniale.
Questo è un pulp-movie eccessivo e sopra le righe (chi critica le secchiate di sangue, critiche anche Tarantino), con più di un punto in comune con The Woman, eppure accomunato da una visione tutta al femminile del mondo e dei rapporti con l’«altra metà dell’inferno»: l’universo maschile. Ho adorato infinitamente la scena della guarigione, che è presa pari passo da quella fatta in Rambo 3, ma anche la vastità del deserto solitario e pericoloso alla Mad Max e in particolare non aver fatto troppo peso alla scena di stupro (scelta della regista) in sé così da non snaturare l'escalation violenta. Immancabile poi un montaggio che regge tutto il film, senza mai perdersi nelle classiche divagazioni oniriche alla Refn, ma andando dritto al massacro. Come sempre la New Wave francese si è dimostrata all'altezza della rivisitazione nella quale era stata chiamata.

giovedì 29 dicembre 2022

Saturn 3 (1980) Tutti pazzi (nello spazio) per Farrah Fawcett

 

Spulciando nelle pellicole di genere che fanno parte del passato, possiamo imbatterci in produzioni che a cavallo di determinati decenni riflettono indubbiamente il peso di determinati soggetti cinematografici da cui attingono a piene mani. Altri film invece hanno nelle loro idee una mistura di quello che sarà di sicuro successo in futuro, ma che per problematiche di vario genere nella produzione rimangono limitate alla loro uscita, risultando dunque o troppo avanti per avanti per il pubblico o troppo vecchie per risultare originali. Indubbiamente “Saturn 3” rientra in queste produzioni che ho citato: il progetto era basato su un'idea di John Barry, uno dei principali scenografi degli anni '70, i cui crediti includevano Arancia meccanica, Star Wars e Superman.

Diabolique (1996) La sagra del rifacimento (quasi) anonimo, le diaboliche Sharon Stone & Isabelle Adjani

Ancora negli anni 90, ancora Sharon Stone e mi ritrovo anche nel dover parlare di un rifacimento di un film del mitico Clouzot, questa volta si tratta della versione americana fatta nel 1996 del classico “I diabolici” del 1955. Senza dover tirar di mezzo il lavoro fatto da Friedkin con il suo maledetto “Sorcerer”, si può benissimo affermare che il cineasta Jeremiah S. Chechik, in carriera, non ha mai avuto nulla di cui essere fiero e che la sua avventura ad Hollywood si è poi spenta con il fallimentare “The Avengers – Agenti speciali”, che tra le altre cose era un adattamento della serie televisiva “Agente speciale”. La sceneggiatura fu affidata a Don Roos, la colonna sonora fu ad opera di Randy Edelman e il cast era composto da: Sharon Stone, Isabelle Adjani, Chazz Palminteri, Kathy Bates e J.J. Abrams. Questo nuovo adattamento opta per qualcosa di più lezioso e melodrammatico piuttosto che per la sensibilità e la brillantezza registica di Clouzot, nonostante sia interpretato dalla regina delle reazioni eccessive facciali, cioè Isabelle Adjani e Sharon Stone, la femme fatale preferita degli anni 90.

mercoledì 28 dicembre 2022

Year of the Gun (1991) L'anno del terrore (in Italia) di John Frankenheimer, gli Anni di piombo e il caso Moro attraverso il romanzamento americano

 


Visto che mi trovavo per il sentiero, ho avuto la possibilità di guardare qualcosa di nuovo che trattasse due temi cinematografici a me molto cari, ovvero il cinema anni 90 e Sharon Stone. Destino vuole che il film tratta anche dell’Italia e di un suo periodo molto problematico a livello storico, il tutto ovviamente visto sotto una chiave romanzata e forse poco credibile nel suo pretesto narrativo storico, ma che comunque vede come regista il mitico John Frankenheimer. Il soggetto del film è tratto dal libro omonimo “Year of the Gun” scritto da Michael Mewshaw e pubblicato nel 1984, il tema del libro è incentrato sul caso Moro e gli anni di Piombo in Italia visto in chiave spionistica.

domenica 25 dicembre 2022

venerdì 23 dicembre 2022

Picnic at Hanging Rock (1975) Creare un mito cinematografico da un falso storico, il gruppo roccioso della perdizione di Peter Weir

 

Era da tempo che volevo parlare di questa pellicola, rigorosamente uscita fuori dal tempo creativo reazionario dei generi cinematografici negli anni Settanta, facente parte e in qualche modo capostipite di quella branca di soggetti cinematografici che hanno genesi da dei falsi storici, un esempio potrebbe essere The Blair Witch Project, anche se buona parte del suo falso è riconducibile a una campagna viriale di promozione più che alla motivazione come mezzo cinematografico, che è questo film in fondo quanto lo è il libro da cui è tratto. Joan Lindsay, la scrittrice, lasciò credere di aver preso spunto da fatti di cronaca, ma la storia era inventata, come inventato è l'articolo di giornale che compare alla fine del libro; del resto, il 14 febbraio 1900 non era un sabato, come non corrispondono alla realtà i giorni della settimana attribuiti alle altre date del libro. Tralasciando questo aspetto, il libro fu un successo e portò Patricia Lovell, produttrice australiana che lesse tale libro nel 1971, a volerne fare un adattamento cinematografico su suggerimento di Philip Adams. 

mercoledì 21 dicembre 2022

La Double Vie de Véronique (1991) La doppia vita di Veronica ovvero io sono un'altra, il tema del doppio secondo Krzysztof Kieślowski

 



Era da parecchio tempo che volevo riproporre il tema del doppio del cinema, che ha radici profonde già nella letteratura, non per niente il poeta francese Arthur Rimbaud nella sua “Lettera del Veggente” affermava: < È falso dire "Io penso" si dovrebbe dire "Mi si pensa". – Scusi il gioco di parole: IO è un altro.>. Il tema è stato ampiamente affrontato da vari maestri del cinema: Hitchcock, De Palma, Verhoeven e tanti altri, di base si regge su due tipologie: il doppio per offendere e il doppio per difendere e il film che porto oggi in visione è sicuramente da legare al tema del “doppio per difendere”. Tra le altre cose, “La Double Vie de Véronique” compie trent’anni da quando è uscito (1991) e mi sembrava giusto citarlo e mettere in gioco anche un gigante del cinema europeo che porta il nome di Krzysztof Kieślowski.

Feast (2005) B-Movie mon amour, l'home invasion fracassone e grandguignolesco di John Gulager

Indubbiamente qui da noi in Italia chi distribuisce i film, per un motivo o per l'altro, talvolta tralascia di portarci determinate gemme della cultura b-movie americana che parlano da sole, questo pazzo film è un esempio lampante di tale vizio. Feast è figlio del Project Greenlight, iniziativa supportata da pezzi grossi di Hollywood e dintorni, non stupitevi quindi quando troverete tra i produttori: Ben Affleck, Matt Damon, Chris Moore, il maestro Wes Craven e i Weinstein della Miramax. PG mira a far fiorire il cinema indipendente e dare spazio alle nuove leve. In questo calderone è possibile trovare qualcosa di interessante. Feast è un esempio, una pellicola horror low-budget (circa tre milioni di dollari per la produzione, cifra che in Italia ci sogniamo) diretta dall’esordiente John Gulager (vincitore della terza edizione del Project Greenlight)e scritta dal duo Marcus Dunstan/Patrick Melton, futuri autori della saga di Saw dal IV capitolo in poi.

martedì 20 dicembre 2022

Evil Dead (2013) La sagra del rifacimento cattivissimo, La Casa di Fede Álvarez

Il fatto che il prossimo anno è in attesa l'uscita del nuovo capitolo dedicato al cult di Sam Raimi, che porta il nome di Evil Dead Rise, mi è venuta voglia di rivedere un tentativo di aggiornare e rendere contemporaneo un film che ha fatto storia, me lo ricordavo molto più accattivante e più incisivo, nonostante alla fine dei conti la cattiveria sia stata totale e anche godibile nella sua messa in scena. Non tutto il male vien per nuocere (tranne nella pellicola, lì dilaga come una pioggia di sangue) da questo progetto si è riusciti nel ricreare una certa voglia di continuare la saga e abbiamo avuto la godibilissima serie Ash vs Evil Dead, con tanto di Bruce Campbell. Già nel 2004 si parlava di un quarto capitolo della saga di Evil Dead, però tutto rimase fermo, più avanti nel 2011 si propose l'idea di un nuovo film ma che non seguisse la storia originale. Il risultato di questo processo di stasi portò alla produzione da parte di Sam Raimi, Bruce Campbell e Robert G. Tapert di questo Evil Dead.

Los otros (2001) La magione infestata dagli spettri di Alejandro Amenábar, il film gotico spagnolo per eccellenza degli anni 2000

La fine degli anni Novanta e l'inizio dell'anno duemila ci ha regalato una bellissima spolverata dei generi cinematografici, questo grazie anche al supporto del rinnovato vigore del genere in Europa, tra cui spiccano senza dubbio le scuole francesi e spagnole con la loro corposa New Wave. Oltretutto molto parlare faceva il genere sovrannaturale, anzi, vendeva che era una bellezza al botteghino (come oggi anche ieri) questo grazie anche al successo del "Sesto Senso" di Night. Non poteva sfuggire alle ri-visioni personali questa pellicola conosciuta con il nome di "The Others", il regista è una di quelle personalità che si è fatto da solo la strada fino a Hollywood partendo dalla Spagna, Alejandro Amenábar non ha bisogno di tante presentazioni, la sua filmografia prima di questo lavoro vantava ottime pellicole: Tesis (debutto cinematografico) e Apres los Ojos (rifatto dagli americani con Vanilla Sky) sono stati il suo punto di partenza per la definitiva consacrazione a livello mondiale, che è arrivata con il successo di questa pellicola (più di 200 milioni d'incasso mondiale).

domenica 18 dicembre 2022

Mouse Hunt (1997) Un topolino sotto sfratto di Gore Verbinski


Essendo che siamo in periodo natalizio, mi viene voglia anche di spolverare alcune perle che hanno fatto la mia infanzia negli anni 90 e che mettevo sovente in rotazione nei miei periodi di vacanza. Come sempre siamo nei miei ricorrenti anni 9,0 ma ho anche modo di ritirare in ballo il tema dell'opera prima, nomen loquens, quella che nella maggior parte dei casi è un manifesto di quello che sarà poi il cineasta nello sviluppo della sua carriera.

Cattivi preferiti: Debbie Jellinsky



Debbie Jellinsky (Joan Cusack)

Caratteristiche: Una vedova nera scialacquatrice di doti insaziabile, manipolatrice sessuale intorta uomini, pazza psicopatica uxoricida

sabato 17 dicembre 2022

Enemy at the Gate (2001) Soviet Sniper, il pastore degli Urali cacciatore di lupi secondo Jean-Jacques Annaud

Chi ha mai detto che i film storici di guerra possono solo essere retorici e pieni della storia fatta dai vincitori? In parte è vero, ma in parte è anche falso. Nonostante abbiamo esempi lampanti di continuità retroattiva (dico a te Roberto Benigni) abbiamo anche ottimi film che talvolta s'insinuano nella prospettiva dei vinti, dei perdenti e di chi ha scaturito gli effetti catastrofici degli eterni conflitti che ardono la civiltà umana sin dai tempi arcaici. Primo fra tutti, mi viene da citare La Croce di Ferro del grande Sam Peckinpah però oggi parlerò di un film che gli può essere affine e che ne porta in un certo senso la stessa prospettiva, che ho citato prima, sto parlando di Enemy at the Gates di Jean-Jacques Annaud del 2001.

venerdì 16 dicembre 2022

The Green Knight (2021) Come diventare cavaliere, giocandosi la testa



Avevo già parlato del mio piacere nel visionare il genere fantasy europeo, su questo non mi dilungherò molto, ma visto che siamo anche in tema natalizio, non poteva che saltare fuori un consiglio atipico come film da vedere in questo periodo. Si dia il caso che The Green Knight di David Lowery (Cillian Murphy con i baffi per il caro Cassy!) incarna dentro di sé tutti e due questi attributi che bene o male hanno comunque radice nella nostra Europa. Il soggetto del film è il poema cavalleresco scritto da non si sa chi, attorno al tardo 1300 (Medioevo Alto), che porta il nome di Sir Gawain and the Green Knight, ed è una delle storie più conosciute che riguardano il ciclo arturiano.

giovedì 15 dicembre 2022

Avatar: The Way of Water (2022) Bentornato Jim, ritornare a Pandora 13 anni dopo

 

Molto ironico, se non strano che il primo film che io metta in ballo, qui su Once, sia l'ultimo fatto cronologicamente di questo regista. Il nome è James Cameron, mi ha letteralmente cresciuto con la sua iconografia cinematografica, creatore di diverse saghe che hanno segnato la storia del cinema contemporaneo (e la mia infanzia): Aliens, Terminator e infine quella che forse è la sublimazione della sua continua ricerca che porta il nome di Avatar. Tempo fa Kubrick disse che il cinema è in continua evoluzione e che non sarà mai statico nella sua ricerca espressiva, questa ben precisa affermazione la si può senza dubbio vedere in quella che è la ricerca continua di Cameron dietro (e dentro) la telecamera.

lunedì 12 dicembre 2022

Wolfen (1981) La licantropia come trasmigrazione spirituale di stampo sciamanico

Da un po' non trattavo il licantropismo a livello cinematografico, come da un po' non parlavo del particolarissimo cinema anni 80 e delle ibridazioni che attuava nei generi attraverso determinate produzioni. Tempo fa avevo menzionato come questa particolare decade abbia sfornato molti interessanti progetti riguardo al tema vampiristico, questo riguarda anche l'altro filone horror dedito alla licantropia. Segni che contraddistinguono questa pellicola sono due: il primo riguarda il regista Michael Wadleigh e il secondo è lo scrittore del libro da cui è tratto il film cioè Whitley Strieber. Il cineasta Wadleigh ha una singolare carriera alle spalle, premio Oscar per il documentario Woodstock - Tre giorni di pace, amore e musica nel 1970, che ne decretò il suo successo mondiale, ebbe poi modo di girare questo film (che non ebbe l'acclamazione del pubblico al botteghino) che ne concluse la sua carriera. Wadleigh è senza dubbio un figlio del suo tempo, guardandolo (prendete una foto a caso da internet) viene facilmente in mente la sua natura da figlio dei fiori con risvolti spirituali, indubbiamente queste peculiarità ne fanno il regista più adatto a questo singolare film sui lupi mannari.

Candyman (2021) Come tramutare una leggenda urbana in una paura folkloristica, le mille strade del genere horror di Jordan Peele

 


Viviamo in tempi particolarissimi, tempi in cui il genere horror sembra essere tornato di voga sulla bocca di tutti, tanto che si sono venute a creare nuove terminologie per definirlo e per dargli un risalto che gli è sempre mancato (dicono loro) nella sua storia. Non è così ovviamente, per quanto le nuove generazioni possano sforzarsi di coniare parole per colmare la loro (più che naturale) lacunosità nel genere sin dai suoi albori, o per trasformare (peggio) il genere in qualcosa di artisticamente elitario nella sua trasformazione in età contemporanea, possiamo (grazie a dio) trovare cineasti come Jordan Peele che ben memori della grandezza, che l'horror si porta dietro, sanno con astuzia e azzardo tentare di riscrivere il mito, così da poter spolverare qualcosa che potrebbe risultare fuori corso con le tematiche odierne. Candyman, è uno di quei soggetti (nato da un racconto di Clive Barker) che ha le sue radici negli anni 90, esteticamente nella sua forma semplice è il Freddy Krueger formato afroamericano, però apre le porte a molteplici chiavi di lettura, senza dubbio la prima che viene alla mente è il razzismo violento e sociale che risiede in America, tanto che ancora nei giorni nostri non si è mai affievolito.

Death Machine (1994) Quando un tecnico degli effetti speciali diventa regista, il fantastico WarBeast di Stephen Norrington

Era anche ora di tornare a un certo tipo di cinema anni 90 col quale sono cresciuto, indubbiamente questo ci porta anche al tema del titolo: finita la decade degli anni 80, una buona parte degli esperti dediti agli effetti speciali di film molto conosciuti (e di successo) divenne regista. Abbiamo molti esempi di questo cambio di mestiere: La mosca 2, Virus e anche questo Death Machine figura nella lista. Stephen Norrington, qui al suo debutto, veniva da una gavetta sorprendente avendo lavorato a progetti che portano il nome di Lifeforce, Hardware, The Witches, Split Second e primo fra tutti l'Aliens di James Cameron. Non sorprenderà quindi una certa influenza di questi suoi vecchi lavori all'interno del film, senza contare l'abilità di mettere in scena gli stessi effetti speciali appresa lavorando con giganti che portano il nome di Stan Winston, Rick Baker e Dick Smith.

domenica 11 dicembre 2022

The Green Inferno (2013) Il verde inferno cannibale di Eli Roth, sui sentieri di Ruggero Deodato e Umberto Lenzi

Prima o poi dovevo parlare di Eli Roth, altro cineasta "di pancia" che condivide con noi l'immensa passione per il cinema di genere. Visto che ci sono posso anche ritornare al tema del cannibalismo cinematografico, che trae il suo più grande periodo prolifico in Italia (tra gli anni 70 e 80) attraverso due grandi maestri come Ruggero Deodato e Umberto Lenzi. Conoscendo Roth, non stupisce l'influenza dei due registi italiani, in particolare Deodato, già partendo dal titolo della pellicola che è una diretta citazione a Cannibal Holocaust stesso.

sabato 10 dicembre 2022

Old (2021) Life is a beach and then you die, la spiaggia assassina di M. Night Shyamalan

In questi tempi di mal tempo e avvicinamento del pieno inverno avevo ancora voglia di mare e spiaggia; quindi, non mi sorprende che io mi sia avvicinato a questo film, anche perché non avevo ancora trattato quella figura registica con cui sono cresciuto, mi sembra ovvio che il riferimento sia a M. Night Shyamalan, un cineasta che negli anni ha definito un proprio stile di cinema tra alti e bassi. Quindi ben venga una disamina su questo film: differentemente da molti altri lavori del suddetto regista questo è basato su un soggetto non scritto dal proprio pugno, le radici affondano nel fumetto Sandcastle scritto da Oscar Lévy e disegnato da Frederik Peeters. Lévi concepì inizialmente il fumetto come un mediometraggio, reputandolo il miglior media per mettere in mostra il soggetto, ma per motivi di produzione scelse la trasposizione cartacea che è arrivata nelle mani di Night grazie alla figlia.

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