Copycat (1995) Il killer che copiava i serial killer

 


Non so voi, ma quando si parla di anni '90 per me nasce il binomio thriller e serial killer in terra americana. Citare vari esempi non servirebbe a nulla, chi ha più di una decina di visioni temporali di questo periodo, può inciampare nella memoria di quanto questo genere abbia letteralmente spopolato nelle produzioni targate USA. "Copycat" in questo non si allontana molto dal sentiero che vi ho citato precedentemente. Sono consapevole che alcuni giudizi dipendano dai gusti personali, però quando un film è girato bene lo si vede; "Copycat" è una pellicola che coinvolge più che discretamente lo spettatore per la regia. Jon Amiel, che di sicuro qualcuno lo ricorderà per "The Core", in questo caso è riuscito a regalare qualche marcia in più al film; non è stato eccezionale ma ha saputo dare un buon ritmo al già visto. Nulla che si discosta da tanti altri film di questo genere e infatti sono forti i richiami anche al "Silenzio degli Innocenti", però a livello registico Jon Amiel fa un ottimo lavoro: la camera si muove sempre sinuosa e spesso con inquadrature oblique tra le stanze dell'abitazione della protagonista e la segue costantemente in "prima persona" come se fosse sempre l'assassino ad osservarla, in questo modo si ha una tensione costante e un chiaro stile che fa il verso al genere slasher.


La colonna sonora inoltre è molto buona, infatti fu premiata, e ben si adatta alle situazioni con i giusti crescendo. Una giusta menzione va anche fatta al cast: Sigourney Weaver in un ruolo difficile, Helen dottoressa traumatizzata, che vive da reclusa, ma dalla mente lucida e brillante, anche se alza un po' troppo il gomito. Holly Hunter alias Mary Jane, poliziotta tosta ma umana, che cerca di scrollarsi una relazione del passato e risolvere un caso difficile, infine c'è lui, il serial killer, William McNamara (qui in Italia, ve lo ricorderete in un film di Dario Argento) che riesce a dare una buona caratterizzazione del personaggio, senza strafare, non c'è la fascinazione del pubblico per Hannibal Lecter, no, qui siamo nel regno dell'emulazione fine a sé stessa, il punto di forza della pellicola sta proprio qui, vengono emulati i serial killer del passato: De Salvo, Dahmer, fino a Bundy, ma il finale rivelerà che l'emulazione spesso prende una strada diversa. Nota in più è la città in cui è ambientata la pellicola, la famosa di San Francisco del killer Zodiac, che ha sempre il suo fascino per i cultori del genere nonostante la maggior parte delle scene sono al chiuso.


Lo stesso epilogo ammiccante, con i discepoli del maniaco (un Harry Connick Jr. d'annata) già pronti alla (reiter)azione, è più effettistico che inquietante. Questo non toglie che la pellicola, efficace e coinvolgente, contenga più di un elemento per farne un prodotto al di sopra della media di genere: dalla confezione impeccabile (da ricordare la figuratività dell'impiccagione di Helen Hudson, con il gioco di colori fra il suo vestito rosso e il bagno imbiancato), a sequenze insolite come quella in cui Helen, vittima dell'agorafobia, fatica a raccogliere il giornale o quella in cui abborda il poliziotto perché vogliosa di sesso dopo tredici mesi di clausura. Prezioso il disegno psicologico delle due protagoniste, sottilmente e velenosamente divise fra competizione e ammirazione, impeccabili le loro interpretazioni di una tipa furba e volitiva e una cupa e timorosa.

Commenti

  1. Quando si dice di non esser un tipo originale, copi pure gli omicidi :D
    A parte gli sherzi, buon film, e con due fantastiche attrici ;)

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    1. Certamente, è un godibilissimo esempio di thriller anni 90 con serial killer che fanno da moto narrativo.

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