Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi della vita e ad amare la settima arte
martedì 22 dicembre 2020
From Paris with Love (2010) La solita ricetta di Luc Besson
lunedì 21 dicembre 2020
13 Assassins (2010) Samurai senza gloria
venerdì 18 dicembre 2020
Razorback (1984) Lo squalo dell'outback australiano
giovedì 17 dicembre 2020
Cattivi Preferiti: Han
Caratteristiche: Artista marziale ex membro del Tempio Shaolin, signore del crimine a capo di un'isola privata, monco di una mano ma pesta come un Ecatonchiri, collezionista d'arte bellica
mercoledì 16 dicembre 2020
martedì 15 dicembre 2020
The Pianist (2002) Nascondersi nella tana del lupo
lunedì 14 dicembre 2020
Sea of Love (1989) Il leitmotiv musicale di un assassino
sabato 12 dicembre 2020
The Predator (2018) Il giorno dello Yautja di Shane Black
In un panorama pieno di oltranzisti, feroci e assatanati contro chi non immola la loro nostalgia, è massimo dovere di pochi evolvere un discorso iniziato tanti anni fa nel 1987. Shane Black in questo è l'uomo giusto: regista e sceneggiatore che non ha bisogno di presentazioni ma che, per i pochi che non lo conoscessero, è la genialità dietro Arma Letale e L’ultimo boy scout. Shae non è un cineasta ordinario, né un inesperto dietro la telecamera, risulta però il talentuoso figlio di un’epoca in cui gli eroi erano testosteronici e dalla battuta pronta, un creativo dallo stile estremamente personale capace di restare al passo con i tempi che corrono ma adottando stilemi della vecchia scuola. Gli anni ottanta ormai sono finiti (nonostante però il film sia ambientato nel 2018, la sensazione è quella di essere nel 1988) e il loro lascito stilistico è oggi prerogativa di pochi e ricordo di molti. Ovviamente la moda dei reboot, seguiti anacronistici, rifacimenti e compagnia cantante che non sono all’altezza della saga è sempre davanti alla telecamera, questo non conferma però, necessariamente che ogni tentativo di rimettere mano alla vecchie glorie sia disastroso. In particolare quando il novellino, The Predator, si allontana, non solo per intenti, dall’ingombrante capostipite.
venerdì 11 dicembre 2020
The Second Civil War (1997) Il Dottor StranAmerica di Joe Dante
Torniamo come sempre nei calorosi e originali, a loro modo, anni 90 americani: culla dei più ricercati ritrattamenti in materia di genere. Questa volta trattiamo di un film nato per il piccolo schermo (la HBO) che da noi in Europa è uscito direttamente sul grande schermo. Gli americani son soliti rilasciare delle piccole gemme sulla TV via cavo, che i cultori sapientemente riescono ad afferrare quando si trovano in carestia di prodotti interessanti. Il regista in questione è Joe Dante, i suoi personalissimi cult parlano da soli e non hanno bisogno di presentazioni, un cineasta che può essere definito il contrappunto stilistico di un altro grande, Steven Spielberg. Ovviamente il vivavio americano offre tanti paragoni tra stili affini e paralleli, tra i tanti potrei citarvi i Fratelli Coen con Sam Raimi, però Joe e Steven seguono un'affinità che in pochi possono non notare, a meno che non stiamo parlando di teste e occhi ben attenti in visione, in questo caso se si dovesse fare un paragone The Second Civil War sta a Spielberg come 1941 sta a Dante.
giovedì 10 dicembre 2020
Sleuth (1972) Laurence Olivier v. Michael Caine: L'alba del crimine perfetto
Ho una vena molto viscerale per gli adattamenti fatti da soggetti di natura teatrale, quindi son solito incappare in determinate pellicole che ne sono sia l'alfa che l'omega a livello di messa in scena. Questa ricerca di continua teatralità filmica mi ha portato, cercando nella rete, a questa pellicola nel 1972 diretta da Joseph L. Mankiewicz che è il suo testamento vista la dipartita da lì a pochi anni. Anthony Shaffer (che tutti ricorderete per aver sceneggiato Murder on the Orient Express e Death on the Nile) inizialmente era riluttante a vendere i diritti cinematografici dell'opera da lui scritta, temendo che avrebbe minato il successo della versione teatrale. Quando finalmente cedette i diritti, sperava che il film avrebbe mantenuto gli originali intepreti della piece però alla fine, il regista Mankiewicz optò per Olivier e Caine.
mercoledì 9 dicembre 2020
Death and The Maiden (1994) Il processo a tre di Roman Polanski
martedì 8 dicembre 2020
Possessor (2020) Figlio di buona Body Horror
Era da parecchio che aspettavo (e non vedevo) il cinema di Brandon Cronenberg, con un cognome così non vi è bisogno di alcuna presentazione con trombe, fanfare e tappeti rossi. Già con Antiviral si era dimostrato non solo un figlio d'arte, ma anche un buon cineaste con un'idea propria. Confronto a tanti figli di papà che ci finiscono un po' per caso a ripercorrere le orme di famiglia, e in prevalenza capita di riscontrare una fastidiosa superficialità di fondo, un'agiatezza di chi ha tutto pronto, fondi e un cognome che è sinonimo di garanzia e curiosità, ma spesso il tocco autentico paterno s'interrompe nella discendenza, non assimilato, Brandon osando e perchè no, sbagliando appare inculcato genuinamente al gene di famiglia.
lunedì 7 dicembre 2020
Fist of Fury (1972) Dalla Cina con furore
Finalmente riesco a parlare anche del caro Bruce Lee, è risaputo delal sua importanza sia a livello iconico che nel mondo del cinema. Grazie a Bruce i film sui combattimenti di arti marziali si sono modernizzati, abbandonando momentaneamente la teatrlità dei Wuxia ed itroducendo una maggior base reale alle coreografie. Il film in questione, il cui titolo originale Jingwumen (精武门), significa "la scuola Jing Wu", riscosse un enorme successo sin dalla sua uscita ad Hong Kong.
domenica 6 dicembre 2020
The Invasion (2007) La sagra del rifacimento inutile pt. 2
Avevo già inaugurato tempo fa questa sagra, questo film precede quel Total Recall di cinque anni segno che ad Hollywood nei 2000 la lezione non viene mai imparata. Questa pellicola è il quarto adattamento del famoso libro di Jack Finney, conosciuto da noi come Gli Invasati, e che negli anni si è fatto un nome con il titolo cinematografico L'invasione degli ultracorpi. L'originale è del mitico Don Siegel nel 1956, seguito poi da Terrore dallo spazio profondo di Philiph Kaufman nel 1978 ed infine da quel pazzo di Abel Ferrara nel 1993. Ridendo e scherzando il quarto è forse la versione più debole, ma sicuramente è stato il più grande tonfo del 2007, costato 65 milioni di ex-presidenti morti ne ha portati in cassa solo 40 in tutto il mondo.
The Invitation (2015) Invito a party con (molteplice) delitto
sabato 5 dicembre 2020
Arte nel cinema: Mortal Kombat di Paul W.S. Anderson
Nel dipinto di Arnold Böcklin è raffigurata un’isola fantastica. Böcklin immagina un luogo isolato nel quale i sepolcri sono scavati nella roccia. Gli alti cipressi sono tipici dei luoghi di sepoltura e rimandano al lutto. La barca accompagna il defunto nel suo ultimo viaggio. Infatti, la figura umana è in piedi e avvolta da una tunica bianca. Di fronte ad essa una bara è poggiata di traverso sulla prua dell’imbarcazione. Un uomo conduce la barca a remi. La sua figura evoca il personaggio di Caronte, il traghettatore delle anime dell’Inferno di Dante Alighieri. Le interpretazioni dell’Isola dei morti di Böcklin sono molte. Infatti, ogni intellettuale che si cimentò nella lettura dell’opera diede una propria versione dell’immagine. L’isola immaginaria fu modellata, forse, sul cimitero degli inglesi di Firenze mentre altri indicarono come fonte alcune isole del mediterraneo. Infine, Böcklin dipinse, forse, un’opera che simboleggia il suo dolore per la morte di sei figli. Arnold Böcklin realizzò L’isola dei morti in cinque versioni, tra il 1880 e il 1886. Il titolo, delle due prime versioni, fu Un luogo tranquillo. Il dipinto di Böcklin ispirò molti intellettuali, letterati e artisti. Tra gli altri, Giorgio De Chirico e Salvador Dalì riproposero il dipinto. Il fascino misterioso e mistico dell’opera colpì anche Adolf Hitler che acquistò la terza versione esponendola al Berghof e, in seguito, presso la cancelleria del Reich. Ora si trova presso l’Alte Nationalgalerie di Berlino. Arnold Böcklin, nel 1888, dipinse un dipinto intitolato L’Isola del vivi custodito presso il Kunstmuseum di Basilea.
LUPIN THE IIIRD 血煙の石川五ェ門 (2017) Uno schizzo di sangue per Goemon Ishikawa
Capita, molte volte, nell'animazione giapponese che il pupillo di una certa casa d'animazione assorba in sé le stilistiche del suo mentore, cosa non rara e sicuramente risaputa, tra queste spicca di sicuro il talento di Takeshi Koike. Koike ha fatto le sue ossa lavorando nel pluriconosciuto studio MADhouse, ha avuto come maestro principalmente il regista e sceneggiatore giapponese Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scroll fu uno dei primi prodotti a diventare famoso in occidente assieme a Ghost in the Shell di Oshii), anche se è stato influenzato dall'animatore Yoshinori Kanada, dal fumettista e sceneggiatore Frank Miller, dal fumettista statunitense Mike Mignola e dal regista e sceneggiatore Katsuhito Ishii. Dopo le scuole superiori ha iniziò subito la sua carriera venendo assunto dal regista giapponese Yoshiaki Kawajiri presso lo studio di animazione Madhouse, lavorando come intercalatore su opere dirette dallo stesso regista. Nel 2000 gli venne assegnata la sequenza d'apertura del film Party 7, il suo primo vero lavoro da regista, mentre il suo primo lungometraggio è stato Redline, proiettato per la prima volta nel 2009 e distribuito nel 2010. Ha inoltre lavorato come character designer e direttore dell'animazione per il film del 2012 Lupin the Third - La donna chiamata Fujiko Mine, e ne ha diretto i sequel cinematografici a partire da Lupin III - La lapide di Jigen Daisuke. Si è occupato anche di lavori esterni all'animazione, compresa la grafica del singolo degli Dreams Come True del 2004 "Yasashii Kiss o Shite".
Si potrebbero spendere mille parole su cosa abbia generato la serie citata prima, ovvero La donna chiamata Fujiko Mine, ma la più importante è stata quelal di riportare a livello animato la creatura di Monkey Puch al suo genere principale, l'hard boiled in salsa pulp. Dopo anni di prodotti televisi edulcorati, per ovvi motivi di trasmissione del media, Lupin è ritornato ad essere quello che è sempre stato: pulp, erotico, violento, grottesco, thriller e chi ne ha più ne metta. Questo trittico è sia una costola narrativa aggiuntiva che una rivisitazione (o rigenerazione) di come la famosa banda abbia cominciato a muovere i propri passi nel mondo del crimine. Il primo capitolo inzia con Daisuke Jigen, per poi passare a questo che vi sto mostrando dedicato a Goemon ed infine tornando a Fujiko, il tutto dal 2015 fino al 2019. La trama di questo lungometraggio vien da sé: Goemon lavora per un boss della yakuza che gli ordina di eliminare il Fantasma delle Bermuda, un ex soldato americano creduto morto dopo aver ucciso migliaia di avversari; un uomo massiccio e determinato a mettere le mani su Lupin e i suoi compagni.
Per anni abbiamo visto l'abilità con la katana del silenzioso samurai tagliare con facilità: casseforti, elicotteri e qualunque altro ostacolo. Nel film non succede però nulla di così incredbile, anzi si sceglie di utilizzare tale abilità non esageratamente, da citare la scena migliore del film dove il samurai affronta da solo un gruppo di Yakuza. Un ottimo lavoro nelle coreografia grazie anche alla consulenza di Katsuhito Ishii, responsabile della celebre sequenza animata di Kill Bill vol. 1. Trattasi dunque di violenza esagerata ma più splatter del solito, che si fa desiderare dopo che per la maggior parte della pellicola la spada viene sfoderata solo per brevi sequenze d’azione. Paragonato ai suoi precedenti lavori su Lupin III, questo è il meno riuscito di Koike, con una parte centrale che soffre di un’eccessiva lentezza; mancano inoltre le sequenze oniriche e gli elementi disturbanti delle opere sugli altri personaggi, a eccezione di qualche ferita alla quale però difficilmente si potrebbe sopravvivere nel mondo reale. la presenza poi di Lupin (che in questo film sfoggia una bellissima giacca nera) e dei restanti membri (eccetto l'ispettore Zenigata) è quasi pretestuosa ai fini della trama stessa visto che poteva essere benissimo un film in solitaria. Il cattivo dalle origini e motivazioni abbastanza misteriose fa il suo dovere narrativo, esteticamente risulta essere una versione di Bud Spencer (con delle asce che picchiano come i suoi schiaffi) e del cattivo Jaws di 007 visto in The Spy Who Loved Me (1977) and Moonraker (1979), interpretato da Richard Kiel. Ma quello che conta è che il film regge per tutti i 50 minuti regalandoci un florilegio di fiotti rossi e arti volanti come mai si erano visti nella saga di Lupin. Oltretutto facendo molto il filo (di lama) al bellissimo Ninja Scroll.
Cattivi preferiti: Elijah Price aka Mr. Glass
Caratteristiche: Affetto da osteogenesis imperfecta, folle, appassionato di fumetti
Film: Unbreakable di M. Night Shyamalan del 2000
Frase: - E' normale che tu abbia paura, questa parte non è un fumetto, la vita reale non si fa imprigionare nel riquadro di una vignetta. -
venerdì 4 dicembre 2020
First Snow (2006) Il presagio finale della prima neve
Visto che oggi sta cadendo la prima neve non posso che parlarvi di una pellicola che vidi molto tempo fa. Mark Fergus sceneggiatore di Iron Man e I figli degli uomini (scritto assieme a Hawk Ostby, che è anche il co-sceneggiatore di questo film), qui al suo debutto su grande schermo, che miscela sapientemente il thriller classico con una connostazione sovvrannaturale mai invasiva, che riesce a dare allo script una marcia in più. Insomma non siamo di fronte ad un film memorabile, ma ad un dignitosa opera prima e ad un godibile rappresentante del genere, con un protagonista davvero azzeccato e uno script che pone domande senza per forza imporre risposte ovvie, e instillando nello spettatore qualche momento di riflessione, un film che potrà rivelarsi una gradita quanto inaspettata sorpresa. La trama vien da sé: un venditore di juke box s'imbatte in un indovino che ne profetizza la morte al cadere della prima neve. L'episodio riaccende nell'uomo la paura di una vendetta per un torto fatto in passato a un amico. Il cast comprende nomi come: il sempre gradito Guy Pearce, la bellissima Piper Perabo, il veterano J.K. Simmons, il poliedrico caratterista Shea Whigham ed il sempre presente William Fitchner. La colonna sonora invece vanta le composizioni di Cliff Martinez.
Dalla sua uscita in America passarono ben quattro anni, quattro lunghissimi anni prima di vederlo qui in Italia. Debuttò da noi sul grande schermo, mentre il tank "Avatar" incettava record al botteghino, esce in circa due sale in tutta Italia per un solo fine settimana. "First snow" (userò il nome in inglese perché mi rifiuto di utilizzare quello in italiano) è un prodotto genuino, bello e incredibilmente profondo. Quanto della nostra vita, del nostro destino è già scritto? Si può cambiare il fato o si tratta di una strada già tracciata alla quale non possiamo sfuggire? Tipiche domande che chissà quanti altri film hanno fatto. First Snow in effetti non cambia niente, non apporta niente di nuovo al genere e non stravolge nulla. Un thriller psicologico che varia e si mescola con tematiche puramente noir. Niente colpi di scena, niente spaventi o sussulti, niente suspense tagliante; First Snow racconta una storia, racconta il travaglio di un uomo che conosce il proprio destino, le sue preoccupazioni e le sue paure. Sorretto da un immenso Guy Pearce, la pellicola si dimostra sobria, debitamente costruita e narrata. Signori il film non è una novità, non è originale. Ma è raccontato nel modo giusto, con criterio giusto e senza mai annoiare. Un film che passerà sicuramente in disparte, ma che merita molto di più..
giovedì 3 dicembre 2020
Cattivi Preferiti: Mason Verger
Caratteristiche: Orribilmente Sfigurato, sadico pedofilo, miliardario
Film: Hannibal di Ridley Scott del 2001
Frase: - Come se la disperazione che fiuta fosse lo spunto per quella che può provocare. -
Quello che tira di più
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A volte bisogna concordare sul fatto che nella carriera di determinati cineasti avvenga uno spartiacque nel suo modo di fare cinema (vedasi ...
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- Non riesco a sentire niente. Non riesco a sentire niente. Non sento niente... Non riesco a sentire niente! - A distanza di ben dieci anni ...
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