Per questo Halloween ho voluto rivedermi un classico, nonostante non sia a livello tecnico alla pari con gli altri due esponenti della "trilogia dell'apocalisse", resta il mio film del cuore di John Carpenter. Mischiare fisica quantistica e teologia, senza contare certe introspezioni sci-fi, in quella maniera e rimanere allo stesso sul classico horror è roba da pochi. Le riprese di Prince of Darkness furono girate a Los Angeles, in California, in 30 giorni. Carpenter trasse ispirazione dalle sue ricerche sulla fisica teorica e sulla teoria atomica: - Pensai che sarebbe stato interessante creare una sorta di male assoluto e combinarlo con la nozione di materia e antimateria -, questa idea, che alla fine si sarebbe sviluppata nella sceneggiatura di Prince of Darkness, sarebbe stata la prima di un accordo multi-film con Alive Pictures, in base al quale a Carpenter vennero assegnati 3 milioni di dollari a film e il completo controllo creativo.
Carpenter mette in atto una sorta di profezia apocalittico-religiosa dall’ambiziosa struttura narrativa che serve sul piatto: religione, esoterismo e scienza in una sorta di terrificante invasione demoniaca e anche in questo caso come ne La Cosa vale la teoria isolamento e assedio, quindi un gruppo di persone costrette in un ambiente angusto, una chiesa abbandonata i cui sotterranei nascondono un misterioso cilindro contenente in forma liquida l’essenza pura del maligno.
Ci viene mostrata la nascita di una sorta di anticristo e la possessione fisica di quasi tutti i membri dell’equipe scientifica inviata a studiare il misterioso cilindro. Il signore del male mette molta carne al fuoco, per certi versi anche troppa, la trasmissione del pensiero, i viaggi nel tempo, teorie quantistiche, teologia, demonologia, filosofia, e via discorrendo. Carpenter si diverte a filosofeggiare sul genere e sforna un B-movie da antologia, non privo di imperfezioni, ma dalle potenti ed evocative suggestioni.
John si era già dimostrato un esperto artigiano di generi horror che si fondevano con il surrealismo goffo e spaventoso del mio altro amore: l'orrore cosmico alla Lovecraft. L'atmosfera volutamente propulsiva e a lenta combustione di questo film così sognante, intensa e terrificante che a volte dimentico sinceramente quanto sia divertente la trama, che vede un gruppo di disadattati nerd universitari eccitati e accademici anziani (adoro le conversazioni di Pleasance e Wong tra scienza e religione di cui ne sono le rappresentazioni figurative nel film) aprire e rovesciare accidentalmente un tubetto verde di gelatina satanica nel seminterrato di una chiesa di Los Angeles, che procede a sconvolgere, scomporre e distruggere tutto ciò che noi umani pensiamo di capire e credere del nostro mondo in modo razionale, scientifico e tangibile. Sembra un tentativo, sia da parte loro che di Carpenter, di quantificare logicamente il vero male cosmico e antico in qualcosa di organico e carnale; di ricondurlo alla nostra realtà di mutilazioni violente, manipolazione video, insetti e sintetizzatori malati. Il risultato è tanto strano, nichilista, apocalittico e disgustoso quanto qualsiasi film di Lucio Fulci (giusto per citare un altro grande).

Il film oltre alla regia e colonna sonora di John (tra le più inquietanti che abbia scritto assieme a Alan Howarth), si gioca anche un paio di scene ormai diventate iconiche: in primis quella del sogno/visione dal futuro e seconda quella del tramite attraverso lo specchio. La solita violenza anarchica del regista permane il film, senza contare il puro approccio home invasion/zombi (visto in District 13), ma vi sono qua e là sfumature interessanti sia nei tratti ironici come in quelli romantici. Un Carpenter a tutto tondo insomma, in cui nel cast figurano i soliti Donald Pleasance, Victor Wong, Dennis Dun ma senza scordarsi anche di Lisa Blount, Jameson Parker e Anne Howard. Cameo di Alice Cooper coi fiocchi. Tutte le trasmissioni oniriche VHS e le inquadrature di mani che si infilano nella dimensione del vuoto speculare sono immagini horror di tutti i tempi. E in una carriera costellata di così tanti finali e colonne sonore spettacolari, è difficile classificarli quelli qui presenti meritano di essere tenuti in pari considerazione con quelli canonizzati nella leggenda del cinema horror.
Il Carpenter più sottovalutato, unica sfiga, fare parte di una trilogia con due capolavori conclamati, ma questo non ha nulla di meno, anzi. Cheers!
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