Nope (2022) Le nuvole di Jordan Peele, tra Hitchcock e Spielberg dentro la paura atavica umana e ferina

 


Strano, non covenzionale per non dire atipico, queste parole non sono riservate alla pellicola in questione ma al fatto che in questo 2022 mi ritrovo di nuovo a parlarvi di una visione che è contemporanea (non i miei soliti viaggi nel tempo) e che parla di alieni venuti sulla terra. Dopo aver goduto della presa in visione di Get Out e Us (godibilissime pellicole ma con le dovute limitazioni), mi sembrava normale godermi al cinema il nuovo lavoro di Jordan Peele. Il buon Peele è riuscito nel prendersi, con le sue tematiche, le mie grazie di divoratore dei generi che ballano tra l'orrore e il fantascientifico e di conseguenza un'esperienza sul grande schermo del cinema mi è sembrata più che obbligatoria alla sua terza fatica. La genesi del film è iniziata con il contratto di 5 anni esclusivo firmato dal cineasta con la Universal Pictures ma anche del suo periodo di gestazione durante la pandemia globale (il <voglio uscire da questa casa> messo in bocca a uno dei protagonisti in questo è lampante). Peele, in varie interviste, ha detto di come quel nefasto arco temporale di paura del virus abbia messo in risalto un oscuro scrutare verso il futuro del cinema, per questo la sua scelta di messa in scena ha preso spunto da classici come King Kong, Jurassic Park, Il mago di Oz, Incontri del terzo tipo e ovviamente anche Signs.


In questa sua terza creazione, come già citato, si tende a un modo di fare cinema più classico possibile. Uno dei miei dubbi era che il regista mettesse ancora una volta in mezzo le questioni politiche/sociali, che avevano permeato i suoi scorsi lavori, non perchè le trovassi didascaliche ma perchè obnubilavano (questo dovuto alla concezione critica di molti spettatori) la sua vera capacità di scrittura e messa in vigore di un certo tipo di genere che negli anni era stato monopolizzato da produzioni (nella maggior parte dei casi) abbastanze blande. Questo non toglie comunque che Peele metta qua e là piccoli dettagli della cultura afro-americana e della sua storia però con un modo di fare molto più velato ma intelligente. Un ranch mandato avanti da non bianchi, il nome del protagonista O.J. e anche una piccola chicca che spicca in una scena dove viene mostrato il poster di Non predicare...Spara! del 1972 diretto dal mitico Sidney Poitier. Jordan riguardo al dettaglio della locandina e della sua presenza ha testualmente detto: <il primo film che io sappia che aveva dei cowboy neri tra i protagonisti. Il mito che i cowboy fossero solo ragazzi bianchi che correvano in giro, non è vero, ma non lo sappiamo a causa di Hollywood e della visione romantica di un'era molto brutalizzata. Il film ne condivide lo spirito>. Non scordamioci anche la citazione messa bocca al personaggio di Keke, un dettaglio quello su 
Eadweard Muybridge che conferma il sale in zucca di Peele tra i suoi colleghi.


Nope prende molte particolarità di Spielberg da Jaws, ma anche da The Birds di Hitichcock. Queste due particolarità si fanno davvero sentire nella messa in scena dell'orrore e dell'ambientazione. Sono anzi il punto forte sul quale la pellicola si gioca le sue migliori scene, ma non scordiamo anche il piccolo ironico ammicamento a Signs di Night messo in un modo talmente ironico, inizialmente, che ti fa sorridere per l'arguzia del regista e il suo giocare con gli spettatori. Certo ho citato l'ironia, perchè da buon commediografo galvanizzato dal cambiamento horror della sua carriera, questa non manca ed è messa con le giuste tempistiche e rappresentazioni nei personaggi. Personaggi che hanno dalla loro il fatto di essere interpreti da un ottimo cast: il feticcio del regista Daniel Kaluyaa, Keke Palmer, Steven Yeun, il sempre grande Michel Wincott e il più che adatto Brandon Perea. Ovviamente oltre al già citato Michael Wincott troviamo un altro gigante che porta il nome di Keith David in un piccolo ruolo, ma come sempre carismatico. Mettere un film che parla di un alieno sulla terra e con all'interno Keith David nel cast questo vale già per me il prezo del biglietto, ricordando Carpenter e The The Thing per gli intramontabili appassionati.


Ci sono due cose che mi hanno colpito particolarmente: l'approccio di Hoyte van Hoytema come direttore della fotografia e per seconda il design della creatura (che mi ha ricordato molto Calvin di Life). Hoytema e Peele si giocano un'atmosfera ansiogena, che prende a piene mani dal surrealismo di Magritte e dalla solitudine alienante americana di Edward Hopper, sfido chiunque nel non notare il riferimento diretto a certi quadri degli artisti che ho menzionato. L'approccio artistico nel quale la storia si svolge funge da fantastico catalizzatore per la vasta gamma di sensazioni che solo il cinema di genere può offrire, vedere per credere. Parlando della creatura: 
il professor della CalTech, John O. Dabiri, ha collaborato con Peele e il suo team al design della creatura di Jean Jacket, e in particolare alla sua forma finale di vero "angelo biblico", che è stata ispirata da quelle di Neon Genesis Evangelion (Salahaquiel nel particolare) e creature marine come meduse, polpi e calamari, per immaginare un ipotetico predatore del cielo precedentemente estinto da scoprire, immaginando realisticamente "come potrebbe nascondersi tra le nuvole", con la sua capacità di "generare campo elettrico" preso da anguille elettriche e pesce coltello fantasma, consentendo propulsione ("Il volo veloce di Jean Jacket senza ali/vele").


Parliamo anche di predatore in questo film, il concetto di paura ferale dell'uomo nei confronti di un suo possibile nemico naturale (o meno) in grando di metterlo nella condizione di non essere più in cima alla catena alimentare. Da questo totem simbolico si sente il tocco di Jaws (anche per il finale che ne è un tributo solenne) e The Birds che sono principalmente i più grandi successi e maestri di scuola per questo concetto all'interno del genere cinematografico. Dettaglio che viene suggerito nella dissacrante e violenta analessi temporale (che è anche una critica al mondo senza pietà della piccole star da sit-com) di uno dei personaggi, che fa anche da incipit interessante alla pellicola, in cui si vede tale particolarità della violenza animale incontrollabile e pure il concetto astratto che viene più volte menzionato nel film di miracolo nefasto.



Concludendo: Nope di Peele pesca a piene mani dai classici del genere, sia nella struttura della storia che nella messa in scena, il regista abbandona le tematiche socio-politiche americane, come tema portante, mettendole solo in cornice con una certa astuzia. Favorendo un intrattenimento vecchia scuola che però non rinuncia alla vena degli anni 2000, anzi mischiando benissimo la paura atavica umana con la sua alienazione moderna. Un grande film che forse risente solo di un montaggio talvota incalzante, che ne limità la linearità del suo crescendo però senza privarlo del suo climax e pathos.

Commenti

  1. Bellissima recensione per un film che mi ha colpita più dal punto di vista visivo che da quello della trama (in questo, ho preferito mille volte Us e Get Out) e che di sicuro meriterà molte visioni future!

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    1. Ciao Bubble! Spero che stai passando una bella estate, debbo dire che ho preferito di più questo che quelli precedenti. Forse perché meno propenso verso un certo tipo narrativa sottotesto, nonostante comunque ne sia sempre permeato. Grazie per la visita!

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  2. Un bel film che hai ben presentato. Buona giornata.

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