Prey (2022) Comanche (e francesi) contro Yautja. Trachtenberg puoi ispirarti a McTiernan, ma non oltre...

 


Rieccomi qua, di nuovo in linea, in una nuova visione (questa volta recente), trattando un soggetto di cui i miei occhi hanno visto gloria e sangue sin da quando cominciai ad appassionarmi alla settima arte. La creatura elaborata da Jim & John Thomas (nonostante qualche problematica) gode, con questa pellicola, della sua quinta installazione superando così il suoi carissimo amico/nemico Xenomorfo (nda Alien). Certo nella mia affermazione non conto la serie AvP e i due film di Scott, questo perchè sono due bestie particolari di cui parlerò poi in seguito e con il dovuto tempo. Trachtenberg (il regista) arriva dopo le prove di: Hopkins (Predator 2, il miglior seguito della saga per me), Shane Black, di Nimrod Antal (coadiuvato da Rodriguez alla produzione, Predators è un compitino ben eseguito) e importantissimo dopo ben 35 anni dal classico (il capostipite) Predator firmato con tanto carisma dal grande John McTiernan. Dan è un buon regista, questo non lo metto in dubbio, il suo 10 Cloverfield Lane ha retto benissimo (fino all'implementazione pretestuosa di J.J. Binks del soggetto) e la sua passione per la saga dello Yautja si vede, si sente anche senza approfondimento della persona (anche se in più interviste ha sempre lodato il secondo alieno più famoso del mondo). Ma la passione purtroppo non basta da sola, cioè basta per fare un film godibile (non vuoto) rispetto a molte cose che escono al cinema ultimamente (particolarmente in America) che non meriterebbero neanche di essere pagate per vederle, cosa che però questo Prey avrebbe meritato senza dover ricorrere al mezzo sicuro che i produttori hanno con Disney+. Ma il broadcasting è una questione di cui non metterò mano, dicevo che la passione basta per girare un film che regge ma che non basta da sola senza un po' di sperimentazione e variazione nel soggetto che viene elaborato. In parole povere, Prey è un film godibile (non esente da difetti, molto discutibile) ma che dopo 35 anni dal primo installamento continua nel riproporre lo stesso tema.

Le due mosche bianche nel franchise rimangono ancora gli approcci di Hopkins e Shane Black: il primo un seguito oltremodo sottovalutato e il secondo un approccio autoriale al tema stroncato dai produttori stessi. Trachtenberg mette in mostra la passione per la saga, sfido i più fanatici a non riconoscere quanti rimandi ci sono ai film passati: partendo da quella pistola data nel finale di Predator 2, quella pistola che l'Elder Predator dona a Harrigan dopo aver sconfitto City Predator. Viene fatta un po' di continuità retroattiva su quella pistola (nei fumetti la storia era un po' diversa), ma ci può stare perchè in buona fede. L'utilizzo di un'ambientazione storica e di una popolazione (quella nativa americana, i Comanche addirittura) dal dannato gusto atavico, di quello che è stato il periodo protostorico dell'essere umano, è la miglior trovata messa sul tavolo di quello che è fondamentalmente Prey, un richiamo primigenio alla preda e al predatore. Idea accattivante, intelligentemente applicata (i francesi sono una gioia) su un soggetto cinematografico che può avere, nella sua peculiarità, un'infinità di variazioni antologiche sul grande schermo. Purtroppo però l'esecuzione si perde in dettagli, che a seconda dei gusti personali (i fiori di una certa pianta che gelano il sangue?!) o di problematiche oggettive di forma cinematografica, rimane impatanata con un piede in quella che è la prima forma del 1987. In pratica l'asticella qualitativa del capostipite è come una tagliola che serra il movimento che ogni pellicola successiva possa fare. Trachtenberg ci cade con tutto il piede un po' perchè gli piace e un po' perchè è più facile che tagliarsi direttamente quel piede e vedere dove si può arrivare. 


Il film ha tutto in regola: fotografia mozzafiato sia nei campi lunghi che in riprese un pochettino più ricercate, una colonna sonora godibile (ma lontana dall'inconfondibile Alan Silvestri), degli effetti speciali non troppo invasivi anche nella violenza sugli animali, un cestista come Dan DiLiegro che ben porta il peso divistico della creatura. La pellicola ha tutto al posto giusto, ma pecca (secondo me) di libertà poetiche e forse suggestioni di produzione che non sempre si adattano a quello che è il concetto base che si vuole seguire facendo il filo al film del 1987. Una protagonista (classica ragazzina stile Disney, direbbero molti) Comanche non è un problema per me, la mia sospensione dell'incredulità si può anche adattare a questo solo che non mi viene sempre fornita una base per poterci credere davvero in quello che fa e come lo fa, in questo la giovane Amber Midthunder ci mette tutta la credibilità del mondo ma la sceneggiatura fallisce nel convincermi (a pieno) che lei possa competere in quel modo con uno Yautja, questo perchè (come detto prima) si vuol fare il filo agli showdown dei film precedenti. Il Primitive Predator (così lo chiamerò) è fatto benissimo e messo in scena altrettanto bene però viene depotenziato (forse per scelta stessa dell'alieno o del suo metodo di caccia, chi lo sa) un pò forzatamente per via dello scontro finale sopra menzionato. Ma io non sputerò mai a uno Yautja offertomi in visione anche se i livelli di cazzuttagine di Jungle e Wolf Predator sono molto distanti. Carinissima (e ben elaborata), infine, la trovata del cane che accompagna la protagonista, un po' che richiama (nella mia mente) Cliff Both in C'era una volta a Hollywood ma molto più direttamente Mad Max 2 di George Miller.


Per concludere:
 l'idea è geniale e il film a livello di intrattenimento funziona. Però è dura constatare che dopo 35 anni, a livello cinematografico, ci si perda ancora nel voler eguagliare John McTiernan e Arnold quando in realtà bisognerebbe ricercare nuove strade come in Predator 2. Non è un problema per me, in tutti i periodi storici possibili in quale possa venir ambientato io lo guarderei sempre, solo che se l'iconicità rimane sempre ferma nel voler emulare l'azzardo dal colpo grosso fatto da McTiernan sul finire degli anni 80: allora rimarremo sempre bloccati in quella tagliola e ben poco la creatura evolverà in qualcosa di più interessante che non solo il mito stesso sulla quale si è erta nel panorama mondiale.

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