Da 5 Bloods (2020) Il Vietnam secondo Spike Lee
Spike Lee si prende ben due ore e mezza e i soldi di Netflix per girare il suo Vietnam, il risultato è quello che si aspetta dal regista: regia, sceneggiatura e narrazione perseguono la cifra stilistica del cineasta, totalmente, e si assiste ad un connubio d'intenti artistici e sociali attraverso il cinema davvero vivi e fulgidi.
Sarebbe stato facile perseguire solamente la via del ben più che citato AN di Coppola e del Cuore di Tenebra di Conrad (cosa che comunque fa) o ricadere nel puro intimismo alla Platoon di Stone (che avrebbe dovuto girare il film originariamente) senza contare il dramma bellico alla De Palma, invece Spike riscrive (assieme a Kevin Willmott) lo spec script di Danny Bilson e Paul De Meo, inondandolo della cultura sociale e politica afroamericana spostandone così il punto di vista e rendendolo ancora più originale. Con il solito fare del regista l'equilibrio tra thriller, commedia e drammatico non ha mai una piena definizione e così anche lo svolgersi degli eventi è una continua altalena che ha comunque un grande culmine, si viene ripagati ma anche informati e istruiti su determinati aspetti di cui non si è fatta sempre luce.
La trama di per sé ricalca quella dei veterani della guerra del Vietnam, che non ne sono mai usciti del tutto e ritornando in quei luoghi ne affrontano i fantasmi sia del presente che del passato (la scelta di non cambiare attori per averli giovani durante la guerra porta questo senso e funziona), tutto questo anche per una montagna d'oro seppellita e da dividere. Delroy Lindo si prende tutto il film sulle spalle, davvero è grazie al sua prova che il film ingrana continuamente e offre più chiavi di lettura e scene piene di tensione, quest9 senza nulla togliere al restante cast: Clarke Peters, Norm Lewis, Isiah Whitlock Jr., Chadwick Boseman, Jonathan Majors, Mélanie Thierry (quella bionda francese buca sempre lo schermo), Paul Walter Hauser, Jasper Pääkkönen e un Jean Reno che addirittura manda una frecciatina così grande a Trump che solo lui poteva permettersela. L'America di ieri, di oggi sempre in guerra con altri e con i propri cittadini, ma Spike mette un velo di speranza. Completano il lato tecnico: la fotografia di Newton Thomas Sigel e le stupende musiche di Terence Blanchard a cui si aggiunge il grande Marvin Gaye.















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