Edipo re (1967) Sofocle secondo Pasolini
Altro riuscitissimo adattamento cinematografico di una tragedia greca (l'Edipo di Sofocle) da parte di Pasolini. Come nel successivo Medea vi è un approccio atavico all'atmosfera del film, sia attraverso l'ambientazione (girato in Marocco), la colonna sonora ricercatissima e una fotografia che evocano al meglio l'antichità del racconto.
Notevole l'incipit e il finale autobiografico, voluto dal regista in cui si associa la società moderna in rapporto a quella antica. La Mangano è splendidamente ammaliante nel ruolo di Giocasta e Citti nella veste di Edipo ne regala una sfumatura interessante (un po' diversa dall'eroe sapiente e maledetto che era il discendente di Cadmo nella mitologia ellenica), da citare pure la presenza di Carmelo Bene (Creonte), Julian Beck (Tiresia), Alida Valli (Merope), Francesco Leonetti e Luciano Bartoli (Laio). Forse la parte che riguarda la sfinge è la più concettuale, meno fedele al mito, questo mi ha fatto un po' storcere il naso ma del resto era adatta al modo in cui il regista ha voluto trasporre questa tragedia greca (con dei tratti anche molto nostrani). Un vero peccato che Pasolini non abbia trasposto molte più leggende, opere teatrali greche visti i risultati che otteneva.
È un'audace opera d'arte cinematografica, priva del disordine anarchico del suo successivo Le mille e una notte (1974) o di quella del Satyricon (1969) di Fellini, magnifico predecessore della follia neo-classica usata qua da Pasolini. È fedele alla storia ma si concentra sull'irrazionale e sull'impulsività, pur essendo ipnotico nel ritmo e nelle immagini, utilizzando simboli genitali e fallici per comunicare gli orrori dell'incesto e dell'omicidio con una precisione visiva impeccabile, profondamente radicata nel potere della comunicazione attraverso un linguaggio visivo ambizioso che cerca di parlare, principalmente, alla nazione italiana.
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