Jade (1995) Il film preferito di William Friedkin
David Corelli, aspirante procuratore di San Francisco, indaga su un miliardario assassinato in casa sua a colpi d'ascia durante pratiche sadomaso. Nella cassaforte dell'ucciso viene rinvenuto un rullino di fotografie che ritraggono il governatore a letto con una giovane donna: pertanto, nel corso dell'inchiesta, delicate complicazioni politiche s'aggiungono all'aspetto criminale e ai risvolti erotici.
Friedkin (che più avanti negli anni affermò che questo è il suo film preferito tra quelli diretti), abile maestro della messa in scena, colpisce (nei primi minuti del film) subito con un lungo piano-sequenza, fantastico nella fluidità dei movimenti e nella resa in termini di suspense (da citare pure l'inseguimento in macchina chiaro rimando a French Connection ma che ne risulta pure l'antitesi). Dico questo perché il film è pregno del suo tipico modo di fare cinema e si rimane ammaliati dalle capacità di raccontare l'intreccio narrativo del plot di Joe Eszterhas (pagato un milione e mezzo per la sceneggiatura), già artefice di "Basic Instinct", "Sliver", "Showgirls" e "Hollywood brucia", che è stato a tal punto riscritto dal regista che Eszterhas, nella propria autobiografia, racconta d'aver minacciato di togliere il suo nome dai credits. Lusso e sfarzo malati sono gli elementi principali del film, ci si addentra nei paraggi di Kubrick e del festino orgiastico di "Eyes Wide Shut", senonché Friedkin libera il suo male, che nel suo cinema è praticamente diventato irredimibile. Il classico intreccio di passioni, soldi, scandali, omicidi, intrighi e tradimenti è rappresentato tramite una vertiginosa spirale che a ogni passo verso la ricerca della verità si fa sempre più nefasta. Ci sono soltanto pulsioni primitive e perverse ad animare i protagonisti, implicati in relazioni che si riconducono sempre e comunque al soddisfacimento della loro intima e aberrante natura, nascosta dalla rispettabilità dei ruoli sociali (questo celamento è chiaramente simboleggiato dalla maschera che campeggia in cima alle scale della villa ad inizio film). L'avvocato, il ricco collezionista, il governatore e la psicologa possiedono ciascuno una doppia oscura identità, una vita mondana e una vita sotterranea, secondo una doppiezza che ha la sua più evidente specificazione nella protagonista (che già dall'inizio sa chi è il colpevole).
In conclusione questa pellicola forse è uno tra i più interessanti e sottovalutati noir degli anni 90 (nonostante gli evidenti difetti riscontrabili nel montaggio e nella già citata sceneggaitura), vuoi per la regia (con la marcia in più) del regista che smembra il già visto del soggetto iniziale di partenza ma anche per un cast molto interessante: un credibile David Caruso (in un ruolo offerto inizialmente a Warren Beatty), una Linda Fiorentino d'annata (terza scelta visto il rifiuto di Sharon Stone e Julia Roberts), un ambiguo Palminteri (anche lui sostituto di Kenneth Branagh), un freddo e glaciale Richard Crenna, un baffuto e sfacciato Michael Biehn senza scordarsi poi della presenza del mitico Victor Wong e della bella Angie Everhart. Da citare pure l'apporto creativo dato dalla musica di James Horner che sviluppa una malsana e teatrale colonna sonora basata su un pezzo di Loreena McKennitt che ben si abbina alla sempre tetra e sfarzosa fotografia di Andrzej Bartkowiak.
Così sottovalutato che infatti non l'ho mai visto..
RispondiEliminaNe avrai sentito parlar poco o quasi mai, ma ha delle belle carte da giocarsi.
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