The Menu (2022) Una cena quasi perfetta di Mark Mylod, come sopravvivere alle pietanze diaboliche di Chef Julian Slowik

Torno in tempi recenti, molto recenti rispetto alle mie solite escursioni temporali, per proporvi una visione fresca (vista ieri notte nel dettaglio). Posso dirvi che la prima volta che mi si è paventata davanti questa scelta sul grande schermo non ho avuto dubbi, sicuramente valeva la pena venerla, anche perché memore di interessanti progetti usciti un po' di tempo fa. Mi riferisco a quel bellissimo (e unico) esemplare che porta il nome di "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante" dello stimatissimo Peter Greenaway, ovvio che dal regista di "The Menu", il buon Mark Mylod che ricordo con piacere per Ali G e The Big White, non mi aspettavo di certo il fatto  che superasse tale asticella qualitativa. Mai farsi troppe aspettative o si rischia di rimanere delusi, come vale nella vita vale pure nel cinema e questo film rientra nella categoria di quelli che senza ombra di dubbio vale il denaro speso per comprarne il biglietto.Seconda cosa: Anya, nella sua filmografia ha sempre l'abitudine di essere la persona sbagliata, nel luogo sbagliato e nel momento più sbagliato possibile, questo film è la lampante prova di questa linea di scelta artistica dei produttori, registi che la chiamano in ballo. Quella ragazza, con quegli occhi più grandi del proprio stomaco (citando una frase del film) ci sta costruendo la sua carriera su questo, fa benissimo aggiungo io. Fatto sta che la pellicola mischia, con metodo molto sicuro (un po' adagiato) e pragmatico, la moda dell'alta cucina con il genere survival a tinte horror e dal ritmo indubbiamente posto tra la commedia nera e il classico thriller.
La sceneggiatura è stata scritta a quattro mani da Seth Reiss e Will Tracy, quest'ultimo ispirò il soggetto a una sua personale visita Bergen, in Norvegia, dove prese una barca per un ristorante di lusso, su un'isola privata vicina, per poi rendersi conto di essere bloccato (o intrappolato) sull'isola fino a quando il pasto non era finito. Tra i produttori figura quel pazzo di Will Ferrel, non mi stupisce vista certa ironia presente nel girato. ma anche troviamo Adam McKay. Trai collaboratori del regista possiamo trovare un veterano delle commedie americane come Peter Deming (i fan di Scream si ricordano bene di lui) alla fotografia, al montaggio si può vedere il tocco di Christopher Tellefsen che ben sovrappone stilistiche da "porno cibo" a quelle del thriller più classico e infine si possono udire le ottime composizioni pensate da Colin Stetson che supportano l'andamento narrativo con dei bellissimi violini quando è possibile. Nella genesi della pre-produzione, inizialmente il regista doveva essere Alexandre Payne con Emma Stone, nel ruolo poi diventato di Anya tra le altre curiosità figurano: il grande caratterista Leguizamo che ha basato il suo personaggio su quel panzone di Steven Seagal e che I sontuosi layout delle pietanze sono state preparate dal famoso chef francese Dominique Crenn, l'unica chef donna negli Stati Uniti a ottenere tre stelle Michelin per il suo ristorante Atelier Crenn a San Francisco (a partire dal 2016). Sebbene molti membri del cast e della troupe fossero spesso tentati di assaggiare le prelibatezze tra una ripresa e l'altra, è stato necessario ricordare loro che gli alimenti erano principalmente oggetti di scena e quindi immangiabili.
La trama vien da sé: una giovane coppia (assieme a diversi invitati) si reca in un'isola remota per mangiare in un ristorante esclusivo dove lo chef ha preparato un menu sontuoso, con alcune sorprese scioccanti. Come vedete la trama non è nulla di più semplice e il suo andamento attraverso i generi è altalenante, visivamente è perfettamente riuscito però a livello narrativo si perde un po' nella costruzione del climax finale, rifacendosi comunque sugli ottimi duetti della citata Anya a confronto con quel mostro d'attore (e in questo caso anche cuoco) che porta il nome di Ralph Fiennes, con questo non voglio dire che il cast di contorno non faccia il proprio lavoro: Leguizamo e Hoult fanno la loro bella figura in caratterizzazioni macchiettistiche assieme a Janet McTeer con la sua ipocrita/aulica critica culinaria e senza scordarsi della inquietantissima cuoca camerata invasata di Hong Chau. Ma fra tutti, come ho già detto, spicca il deviato chef santone (stile Manson) interpretato da Fiennes, che semplice la sola imposizione delle mani crea pathos tra dialoghi interessanti e sguardi che dire ambigui sarebbe poco. Ho citato il nome italiano di un altro film nel sottotitolo, un po' perché adatto ma anche perché grazie a diversi fattori ci troviamo quasi in una situazione simile, solo che in questa ultima cena i giuda (colpevolissimi chi più chi meno) sono tutti e 12 gli apostoli davanti a quel Cristo vendicatore che è lo chef pazzo. Il film ha due precisi attimi, quello della rivelazione della natura di questa sontuosa cena e quella del significato (credibile) che apre un velo di sanità mentale nel carnefice (tramite quasi un mezzo Tarantiniano, difatti Anya che addenta un cheeseburger sembra fatta apposta per lui, con quegli occhioni, manco fosse Uma Thurman su quel tavolo nel ristorante anni 50). Come la protagonista trova l'inghippo della logica funesta che devia il malato, vi suggerisco di comprendere la natura del film che nonostante l'estetica vuole soddisfare il suo cliente usando dei sapori semplicissimi e gustosi che sono rappresentati dai generi messi sul piatto.

Commenti

  1. Un film davvero divertente e ben confezionato, con attori superbi. Devo recuperare il lavoro di Greenaway, già che me lo hai ricordato, e in cambio di consiglio il recupero, se non l'hai ancora visto, di Flux Gourmet, che da Greenaway secondo me prende tantissimo!

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    1. Ottimo consiglio,me lo guarderò in questi giorni. Dopo Old e The Green Inferno ;)

      Comunque si, questo Menu è piaciuto anche a me.

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  2. Non ai livelli di Greenaway, però inaspettatamente intelligente. Mi è davvero piaciuto!

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    1. Già, già Jean Jacques! Infatti è stata l'ambientazione di questo film che mi ha interessato prima di tutto, perchè è sempre un scelta di progetto cinematografico non convenzionale.

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