Alien Resurrection (1997) I mutanti Xenomorfi di Jean-Pierre Jeunet, un classico nei suoi generi




Era da molto (fin troppo) tempo che volevo parlare di una delle mie saghe horror fantascientifiche preferite, ovvero Alien, allo stesso tempo volevo anche mettere dentro qualcosa che richiamasse i miei sempre citati favolosi anni 90. Nonostante in quella precisa decade sia presente un'altra pellicola, sempre della saga in questione, anche qui ho preferito cominciare con l'ultimo atto per poi andare a ritroso coi capitoli precedenti. La piccola premessa è che io guardo questo franchise cinematografico da quando ho sei anni, tanto tempo e quindi è come se fosse visceralmente parte di me, questo comporta che rispetto alla vecchia scuola degli anni 80 io ho ben apprezzato i lavori venuti dopo Sir Ridley e Mr. Cameron, i veterani a giusta ragione (o meno) sono sempre rimasti legati all'immaginario dei primi due film cosa che comporta la totale negazione di quelli venuti dopo, ma non è questo il mio caso sappiatelo. La quadrilogia offre ben tre variazioni stilistiche dal film originale, sia per approccio che per genere scelto, di questi tre seguiti due richiamano il primo e uno è una totale variazione sulla fantaguerra action. "Alien - La Clonazione" rientra nel richiamo alla stilistica del primo, ma con un approccio gotico alla Mario Bava (cosa che faceva anche il film di Ridley richiamando "Terrore nello Spazio") però unito alla tipica verve degli anni 90 e con un tocco alla francese che in quel periodo storico non guastava mai ai generi cinematografici, in particolare se si è anche fan di lavori come "Il quinto elemento" di Besson. Bisogna anche citare il fatto che la deriva gore, body horror e splatter sia stata totalmente amplificata rispetto ai tre capitoli precedenti, che messa a braccetto alla commedia nera ne sviscera un risultato molto originale e anomalo allo stesso tempo, questo è anche merito dello sceneggiatore del film che porta il nome di Joss Whedon che ebbe il proprio Vietnam con la produzione per elaborarne il soggetto.




Impressionato dal suo lavoro di sceneggiatore, la 20th Century Fox assunse Joss Whedon per scrivere la sceneggiatura del film. La sceneggiatura iniziale di Whedon prevedeva un terzo atto sulla Terra, con una battaglia finale per la Terra stessa. Whedon scrisse ben cinque versioni dell'atto finale, nessuna delle quali venne scelta per il film. Lo studio inizialmente immaginava che il film sarebbe stato incentrato su un clone del personaggio Newt di "Aliens", poiché il personaggio di Ellen Ripley era morto alla fine di Alien 3, Whedon allora elaborò un copione di trenta pagine attorno a questa idea prima di essere informato che lo studio, sebbene impressionato dalla sua sceneggiatura, ora intendeva basare la storia su un clone di Ripley, che vedevano come il simbolo della serie. Whedon allora riscrisse la sceneggiatura in modo da riportare in vita il personaggio di Ripley, un compito che ha trovò alquanto difficile. L'idea della clonazione fu suggerita dai produttori David Giler e Walter Hill, che si opposero alla produzione di Alien Resurrection, poiché pensavano che avrebbe rovinato il franchise. Sigourney Weaver, che aveva interpretato Ripley per tutta la serie, voleva liberare il personaggio in Alien 3 perché non voleva che Ripley diventasse "una figura divertente" che si "svegliava continuamente con mostri che correvano in giro". La possibilità di un film Alien vs. Predator fu un'altra ragione per la morte del personaggio, poiché pensava che il concetto "suonasse terribile". Tuttavia, Weaver rimase colpita dalla sceneggiatura di Whedon (e dai soldi della Fox, ben 11 milioni di dollari). Pensava che l'errore durante il processo di clonazione di Ripley le avrebbe permesso di esplorare ulteriormente il personaggio, dal momento che il fatto che Ripley diventasse in parte umana e in parte aliena avrebbe creato incertezza su dove risiedesse la sua lealtà. Questo era un concetto interessante per Weaver, che pensava che il film riportasse in vita lo spirito di Alien e Aliens.



Il regista di "Trainspotting", Danny Boyle, era la prima scelta dei produttori per dirigere il film. Boyle e il suo produttore s'incotrarono con i supervisori degli effetti speciali per discutere del film, ma poi abbandonò l'idea per dirigere "A Life Less Ordinary". Anche Peter Jackson fu contattato, ma rifiutò perché non riusciva ad entusiasmarsi per un film di Alien. Nel 1995, dopo l'uscita di "I soliti sospetti", la 20th Century Fox si rivolse a Bryan Singer per dirigerlo. Poi alla fine arrivò  lui, Jean-Pierre Jeunet al quale fu chiesto di dirigerlo, poiché i produttori del film credevano che avesse uno stile visivo unico. Jeunet aveva appena completato la sceneggiatura di Amélie e fu sorpreso che gli fosse stato offerto il lavoro per "Alien Resurrection", poiché pensava che il franchise fosse finito con "Alien 3" e credeva che fare un seguito fosse una cattiva idea. Jeunet, tuttavia, accettò il progetto con un budget di 70 milioni di dollari, oltre che un interprete perché non parlava molto l'inglese quando sono iniziate le riprese. 




Jeunet chiamò il supervisore francese degli effetti speciali Pitof e il direttore della fotografia Darius Khondji, con entrambi i quali aveva lavorato in "La città dei bambini perduti". Nigel Phelps fu scelto come scenografo, essendosi fatto un nome disegnando Gotham City in "Batman" e Mega-City One in "Judge Dredd". Jeunet e la sua troupe guardarono gli ultimi film di fantascienza e il primo "Alien" come materiale di riferimento e ottennero i rapporti di produzione dai film precedenti per studiarne le impostazioni delle telecamere. A Jeunet fu dato pieno controllo creativo, contribuendo con diversi elementi alla sceneggiatura, inclusi cinque finali diversi, anche se quelli costosi sono stati ignorati. Decise di rendere il film una commedia cupa e fu incoraggiato a includere più violenza. Nel giugno 1996, il co-regista di Jeunet, l'artista concettuale Marc Caro, aveva disegnato schizzi approssimativi dei costumi dei personaggi, che furono mostrati al costumista veterano Bob Ringwood. 


Da queste premesse vi è anche da citare il cast, che è simbolo di quel periodo cinematografico in più d'uno dei suoi elementi: Michael Wincott, Winona Ryder, Ron Perlman, Brad Dourif, Dominique Pinon l'attore feticcio del regista francese, Dan Hedaya, ma tra questi caratteristi affermati possiamo anche trovare nuove leve come Raymond Cruz, Leland Orser, Kim Flowers e Gary Dourdan. Un ampio e vario cast, che nonostante il poco spazio di caratterizzazione narrativa riescono nel dargli un'impronta unica e riconoscibile per tutta la durata del loro singolo minutaggio. A ben vedere, se si fosse spesa una mezz'ora in più sul distinguerli ancora di più avrebbero reso alla pari dei personaggi di James Cameron. Ma non è finita, bisogna aggiungere ancora un personaggio, o meglio una creatura impersonata dall'effettista Tom Woodruff Jr. (aveva già fatto lo xenomorfo nel precedente Alien 3), sto parlando dell'abominio ibrido alieno/uomo chiamato Newborn, frutto della Regina (anche lei frutto di un'anomalia genetica dovuta alla clonazione)per parto e non per uova. In lui si può rispecchiare tutta l'anima del film, la sua presenza scenica è la quintessenza del tocco dato da Jeunet (e Whedon) all'intero film.



Jeunet chiese agli effettisti A.D.I. di puntare a rendere la creatura ibrida umano/alieno più umana di un classico Xenomorfo. Un primo concetto era quello di replicare le caratteristiche di Sigourney Weaver, anche se la troupe riteneva che questo design sarebbe stato troppo simile al design della creatura Sil del film "Species" del 1995. Occhi e naso furono aggiunti all'ibrido per consentirgli di avere più espressioni e comunicare più emozioni rispetto agli xenomorfi, in modo che avesse più profondità come personaggio piuttosto che essere "solo una macchina per uccidere". Jeunet era irremovibile riguardo al fatto che l'ibrido avesse genitali che somigliavano a un mix di sessi maschili e femminili. La 20th Century Fox, tuttavia, era a disagio con questo e Jeunet alla fine cambiò idea, ritenendo che "anche per un francese, è troppo". I genitali sono stati rimossi durante la post-produzione utilizzando tecniche di effetti digitali. L'ibrido animatronico richiedeva nove burattinai ed era l'animatronic più complesso del film. Ma quello che più colpisce è l'empatia che dimostra nella scena finale, in cui per la prima volta un alieno di quella razza esprimeva un linguaggio umano, cosa che rese la sua dipartita d'effetto e anche dannatamente tragica.




Quindi, tirando corto perché mi sono fin troppo dilungato il film regala moltissimo allo spettatore, offrendo su più punti tecnici e scenici un'aspetto originale che non può che lasciare il segno. Partendo dalla figura di Ripley che viene nuovamente riletta sotto una chiave interessante, perché ormai diventata la peggiore nemica di sé stessa, fino anche all'ambientazione della storia che è 200 anni dopo la fine del terzo film. I cattivi poi, tutti messi sotto una peculiare lente ironica dal dottore pazzo fino al generale peloso sono un sequela di personaggi che reggono banco con la storia che viene raccontata. A tutto questo la tipica impostazione anni 90 che fa da monte a tutte le scelte di copione è un valore aggiunto, che spazia dal puntamento delle armi da fuoco fino ai massaggi ai piedi di stampo Tarantiniano. "Alien Resurrection" è un ibrido continuo di generi, razze e caratteri molto difficile da gestire, ma Jeunet dimostra di saper mischiare in maniera eccellente i tanti elementi presenti. È certamente il capitolo più bizzarro della saga, volutamente e spesso sopra le righe ma senza mai debordare nel ridicolo involontario. Per chi è abituato ai primi due capitoli, questo conclusivo sembrerà un ibrido alquanto anomalo, ma in fondo la qualità non manca affatto, perché uno dei segreti dell'intera saga è stato anche affidarsi a dei signori registi che hanno saputo dare una propria impronta personale con risultati eccellenti.

Commenti

  1. Mai trovato così male come molti dicono, anzi, è un bel capitolo con alcune belle cose.

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    1. Dannatamente maltratto dai più! Un gioiellino per me

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