The Wolf of Snow Hollow (2020) Cuore di lupo (mannaro), ricordando Robert Forster


Il terrore attanaglia un piccolo centro di montagna quando dopo ogni luna piena vengono rinvenuti dei cadaveri. Non dormendo abbastanza, crescendo una figlia adolescente da solo e prendendosi cura del padre malato, lo sceriffo Marshall fa fatica a ricordare a sé stesso che i lupi mannari non esistono. È in fondo questa la storia di base, la più classica che non si può per un film a tema licantropia, a dire il vero ricorda molto il classico di Stephe King chiamato "Unico indizio la luna piena" ma questa è un'assonanza derivativa dalla pura ispirazione diretta alla classica mitologia dei pelosoni assassini. Oltretutto, era da molto tempo che non vedevo in film a tema, di cui gli esemplari più riusciti si possono contare sulle dita di una mano, quando non sono messi in coppia con altri mostri. Comunque, rispetto alle premesse il risultato è molto differente da quanto ci si possa aspettare da lavori come quelli di Landis, Marshall, Dante e senza dubbio vale la pena di ricordare anche Whitley Strieber, Joe Johnston e John Fawcett come ottimi esempi del genere. Comunque ho sempre avuto un debole per le pellicole che nei loro titoli di produzione riportavano il logo della storica Orion Pictures, di cui questo film rientra tranquillamente nei ranghi del mio godimento da spettatore.



Non prettamente un horror, neanche un thriller fatto e finito (nel pre-finale comunque si avverte tanto Fincher e Demme) ma neanche una commedia nera. Volendo fare paragoni per assonanza di tematiche forse l'accostamento al "Fargo" dei Coen è quello che più si avvicina, nonostante l'ironia qui non sia mai sfacciata nel mostrarsi e venga incontro indirettamente alla situazioni che si vengono a creare. Il regista/sceneggiatore/attore mette su un bel film a tema Licantropia, partendo dalla classica premessa della cittadina innevata che si trova alle prese con un lupo mannaro, una città moderna di vacanza invernale che si trova proiettata nei peggiori incubi da slasher anni 70/80. Il sangue non manca di certo, la bestia non si mostra tanto ma viene messa nei momenti giusti e con le giuste inquadrature. I personaggi, in particolare quello protagonista, sono un bel esempio della demenzialità umana alla quale non si sfugge mai quando le cose vengono a galla nella propria mente o confrontandosi con le altre. Un ibrido ben riuscito, peccato che sia anche l'ultimo ruolo del grande Robert Forster, un grande professionista che sempre è stato sul pezzo in ogni ruolo che si è trovato a dover interpretare.



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