Mayhem (2017) Quel pazzo mercoledì di quarantena

Il secondo titolo non ha nulla a che vedere con la situazione che stiamo vivendo in questi giorni, anche perché avrei voluto tanto intitolarlo "Come ammazzare il capo...e vivere felici", che era poi l'adattamento italiano della commedia dai grandi nomi, nel cast, conosciuta come Horrible Bosses: ma non mi è sembrato il caso. Difficile per me comunque parlare di questo regista, tale Joe Lynch, nel suo palmares figurano: Wrong Turn 2 (saga mai vista da me), la commedia Knights of Badassdom (mai vista) e l'ultra-violento Everly (mai visto pure questo). Ultra-violenza ovvio, perché un film che ha come incipit un violento spiegare (e menare sullo sfondo) con in sottofondo le note di un certo Beethoven mette già le carte sul tavolo (e qui poi ci arriviamo). Il fattore scatenante della trama è in primis un virus particolare (già visto) che porta il nome di ID-7: tale virus colpisce gli essere umani privandoli dei limiti morali e liberando in loro una rabbia incontrollabile, che però non porta alla morte e non leva la ragione ai portatori (contrariamente al Rage virus che tutti conosciamo). Il secondo fattore scatenante risiede nel giovane protagonista (un avvocato) che ha scoperto un cavillo legale per un'omicidio sotto effetto del virus. Da queste due premesse: il virus e l'avvocato si passa a quello che è il corpus della trama vera e propria. Un pericoloso virus, che impedisce alla persona infetta di controllare le proprie inibizioni, viene scoperto all'interno dell'edificio di una multinazionale di studi legali, la stessa che di recente ha licenziato un uomo infetto accusato di omicidio. L'edificio viene posto in quarantena e, prima che sia troppo tardi, uno scontento dipendente e una cliente  adirata dovranno combattere e persino uccidere lungo il percorso per poter parlare con i dirigenti. 

Questa premessa narrativa non viene però gettata alle ortiche. Mayhem è tante cose: irriverente, sfrontato, satirico, efferato, con quel tocco tipico americano di critica verso il lavoro, sceneggiato in modo fantastico e pieno di personaggi memorabili (volutamente caricaturiali: la sirena, l'esecutore, lo scagnozzo). Joe Lynch quindi dirige un buon film che scivola in visione come un picchiaduro a scorrimento dei cabinati anni 90 (i beat'em up!), senza prendersi sul serio che alla fine è l'importanza massima di un certo tipo di cinema irriverente e sboccatamente sanguinario. Mayhem, come suggerisce il titolo stesso, non si sposta da una filosofia che mette una certa preferenza sanguinaria davanti a tutto. Un film  che dà ciò che promette, senza troppi arrivismi o ambizioni.  Siamo ai confini con l'horror ovvio , un virus che stimola le intenzioni più basse degli esseri umani e porta alla violenza senza limiti.  L'originalità nelle premesse quindi  non conta troppo se la realizzazione è così sfacciatamente arrogante. Perché effettivamente Joe Lynch e lo sceneggiatore Matias Caruso hanno messo insieme una serie di robe già viste. Ci sono: il montaggio serrato di dettagli con effettoni sonori alla Edgar Wright. L’eccezione alle regole del vivere civile che ti consente di uccidere impunito alla The Purge. L’ennesima epidemia che ti trasforma in violento (ma gestita benone). E poi c’è quella cosa che sempre più spesso si vede in questo tipo di cinema: la struttura da videogame. I due eroi devono letteralmente salire di livello, affrontando di volta in volta un avversario più potente e portando a termine una missione. Salire di livello implica trovare dei badge che sblocchino il piano successivo eccetera. È palese ma non disturba, perché ormai il linguaggio dei videogame è entrato in simbiosi con quello cinematografico. Mayhem usa gli infetti per una ragione (come Romero con gli zombie), per dire qualcosa su di noi. Lo fa nella maniera più smaccata e meno sottile possibile, ma anche qui non è che le metafore di Romero fossero sempre sottilissime (fuochi d’artificio de La terra dei morti viventi). Lo fa distaccandosi completamente da Romero nell’esecuzione e nello stile, siamo proprio da un’altra parte nello spettro del Cinema Che Conta. Però sotto sotto, nel cuore di Lynch e Caruso batte un piccolo Romerino, e questo basta.

Quello che poi completa il tutto è il fantastico cast di caratteristi che sguazza in questa specie di palazzo violento alla Ballard. Da menzionare sicuramente il protagonista interpretato da Steven Yeun (già facente parte della serie Walking Dead di cui io ho visto solo la prima stagione) è la sempre gradita Samara Weaving, che assolve (come) sempre egregiamente il suo compito sia per presenza fisica che per capacità recitative (è che in una scena mi ha ricordato Sharon Stone in Basic Instinct, tanta roba come sempre).

Commenti

  1. Mi manca, comunque la Weaving davvero una sorpresa, se continua così ha grandi prospettive ;)

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    1. Recuperalo quando ti riesce, un film molto divertente. Si lei è veramente splendida! un vero bijoux australiano!

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