Titus (1999) Storie di Romana follia, Titus Andronicus secondo Julie Taymor


Visto che ultimamente mi trovavo sia nei pressi degli anni 90 che in quelli di Shakespeare, mi è sembrato inerente aggiungere un film che volevo vedere da tempo, come sempre due piccioni con una fava. Direi che si può mettere come atto conclusivo di un, ipotetico, trittico dedicato alla trasposizione dei lavori di Shakespeare in stile post-moderno negli anni 90, tutto iniziato con "Richard III" di Richard Loncraine del 1995 e poi passato con "Romeo + Juliet" di Baz Luhrmann del 1996. Indubbiamente il passato, pluripremiato, nel teatro di Julie Taymor era già un ottimo spunto su cui partire per adattare in chiave post-moderna il classico "Tito Andronico" del grande Bardo.



Questo film può essere accusato di molte cose, ma la mancanza di qualsivoglia ambizione non sarà mai una di queste. Come risultato del disastro della sua commedia teatrale di Spiderman, Julie Taymor è diventata sinonimo di genio creativo, ma anche di mancanza di controllo, che, se ben eseguita, può risultare in una versione opulenta e meravigliosamente epica di una delle opere meno discusse di Shakespeare. Quando invece il regista esagera, il risultato è una catastrofe al limite dell’incomprensibile. In questo caso, entrambe le parti combattono per la supremazia. Come ho detto, questo film è tecnicamente eccezionale. Il design della produzione è dettagliato sotto ogni aspetto. La cinematografia è semplicemente mozzafiato, già solo quella ripresa finale è migliore della metà dei film esistenti. La colonna sonora, spesso rilassante ma sempre appropriata, migliora l'esperienza visiva e ti trasporta ancora di più in ogni momento del film. Tutto sommato, nonostante la durata di quasi tre ore e la maggior parte delle cose strane siano un po' troppe per la maggior parte del pubblico, direi che questo è probabilmente questo è tra i migliori adattamenti di Shakespeare mai realizzati.



Oltre alla bravura della regista si uniscono le scenografie di giganti come Dante Ferretti, la fotografia di Luciano Tovoli, le musiche del marito Elliot Goldenthal, i costumi della sempre grande Milena Canonero e il gioco è fatto, il risultato non può che essere un lavoro solido e molto originale. Una risposta anche alla domanda su come sarebbe stato l'impero romano (occidentale) se fosse sopravvissuto dopo il quinto secolo, anche se va detto l'ispirazione barocca e kitsch al ventennio Fascista si sente eccome nella messa in scena. Il film è necessariamente una piece teatrale coadiuvata tramite l'ucronia citata precedentemente, grandi e potenti dialoghi che fanno da sfondo ad una precipitosa caduta nel baratro del protagonista tra sotterfugi, inganni, violenza e tutto il corollario che ha reso famoso Shakespeare nelle sue roboanti tragedie. Grande cast nel quale spiccano su tutti Anthony Hopkins, una diabolica Jessica Lange e un macchiavellico Harry Lennix. Storie di romana follia insomma, l'incipit nel foro romano è memorabile come pochi per il suo genere.

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