Cecil B. Demented (2000) A morte Hollywood, i terroristi cinematografici di John Waters
Come sempre, vista la nomea del regista, commedia nera e grottesco vanno a braccetto in questo film (sempre ambientato a Baltimora) in cui la satira/critica al mondo Hollywoodiano permette anche un approccio metacinematografico a tutto il contesto narrativo. Il gruppo del santone regista indipendente (che vuole annientare il confornismo mainstream attraverso un film) riporta i nomi di cineasti che hanno segnato la storia della settima arte nelle loro peculiari caratteristiche, stampati su pelle come i tatuaggi che ne riportano i nomi (Peckinpah, Fuller, Fassbinder, Lee, Lynch e così via) e quest9 rende già l'idea della genialità di questo film.
La trama nel suo essere bizzarra e contornata da situazioni al limite della realtà (ma neanche poi così tanto in fin dei conti), mette a nudo una reale divisione tra cinema indipendente e commerciale come quanta è la divisione tra il suo pubblico e in tutte le sue relative ipocrisie (sia ossessive che meramente superficiali e derivative ai fini di notorietà). Cast formidabile, formato da giovanissimi attori che tanto regaleranno negli anni 2000: Stephen Dorff, Adrian Grenier, Alicia Witt, Maggie Gyllenhaal, Michael Shannon e poi lei Melanie Griffith tutta a disposizione di una manipolazione della propria figura d'attrice (il razzie award, per quello che vale, è una conferma negli intenti del regista).
Il film ha momenti intensi quanto sboccati: il cinema a luci rosse pieno di segaioli, il cinema d'arti marziali pieno di pubblico di nicchia, i produttori Hollywoodiani alle prese con un seguito di Forrest Gump, la critica a Patch Adams e la frenesia sessuale di gruppo nella scena finale al drive-in sono tutti facenti parti dell'immaginario di un regista che si è sempre dissociato dalla figure convenzionali di un certo tipo di visione cinematografica e in questo ha sempre regnato.
Commenti
Posta un commento