Vargtimmen (1968) L'ora del lupo, di Ingmar Bergman
Quando Bergman mette mano al puro horror psicologico non lascia indifferenti di sicuro. Criptico e per questo anche di molteplice interpretazione soggettiva, oltre ad aggiungere un contesto personale è anche la disintegrazione di un'artista attraverso i propri demoni (senza contare la costruzione del set come sottofondo dei titoli di testa e l'impostazione da documentario biografico per certi tratti).
Una sceneggiatura con i contro (si possono notare molte cose che hanno poi reso grande The Shining di Kubrick per esempio), riprese sopraffine coadiuvate dalla fotografia che mischia neo-surrealismo con il gotico di stampo puramente svedese (grande strizzatina d'occhio alle opere di Johann Heinrich Füssli). Il corollario di demoni da folklore (riletti nella chiave di lettura di Bergman) che si presentano davanti agli occhi dello spettatore sono tutti particolari e richiamano un vasto immaginario classico: vampiri, lupi mannari, succubi e via dicendo.
Uno dei miei aspetti preferiti è il modo in cui Bergman incarna il disagio qui; è costruito in un modo che quasi riecheggia le opere di Kafka e gli incubi di Goya. La messa in scena, pur essendo minimalista, porta ombre minacciose e spazi vuoti, aumentando il senso di isolamento. Non ci sono ornamenti inquinanti; ogni scena è densa e carica di presagi. Il silenzio, che spesso domina i dialoghi o i flashback, è più eloquente di qualsiasi parola. Quando il suono irrompe, che sia attraverso risate isteriche o il sussurro del vento, non solo interrompe, ma ti fa a pezzi. Ottima la colonna sonora di Lars Johan Werle a cui va aggiunto il leitmotiv voluta dal regista basato su "Il flauto magico" di Mozart. Cast al bacio: Max von Sydow, Liv Ullmann, Gertrud Fridh, Georg Rydeberg, Erland Josephson, Naima Wifstrand e Ingrid Thulins sono tutti autori di prove esemplari.
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