BlacKkKlansman (2018) Il nero che si fece bianco

Negli anni in cui le tematiche e i conflitti razziali negli USA sono stati sdoganati nella propria ideologia attraverso i diritti civili, e identità politiche salta fuori Spike Lee da sempre controcorrente per la costruzione di una mentalità diversa. Sempre estremo nella politica razziale (vedasi Malcolm X) ed esteticamente dirompente (vedasi Inside Man), perché le due cose devono sempre andare insieme a chi sa gestirle. Questo suo BlacKkKlansman, è una commedia sopra al genere (fusa con concetti molto forti come razzismo e potere) che si schiera contro la presidenza Trump utilizzando come mezzo la vera storia di Ron Stallworth scritta nel libro Black Klansman.


La trama parte da un presupposto molto ironico nella messa in scena: un nero e un ebreo che ingannano con un gioco d'identità il Ku Klux Klan. Il tutto ambientato nella sfavillante cornice degli anni Sessanta in America, nella provincia che più provincia non si può, a Colorado Springs. La commedia è una delle armi più potenti per mostrare i difetti americani e della storia su cui si è costruita negli anni, Spike Lee lo sa ed elegantemente lo dimostra senza mai strafare o risultare retorico e ridondante. Il tutto viene sublimato dallo straniamento che lo spettatore riceve nel finale dove le parole di Trump riecheggiano come folli, dato che vengono mostrate immagine odierne: la manifestazione suprematista bianca di Charlottesville (minimizzata da Donald Trump) e le dichiarazioni apertamente anti-semite di David Duke.


Sul lato tecnico posso dire che Spike Lee non ha mai perso il suo tocco personale sia che si parli del fantastico gioco di controcampi ad inizio film con Stokely Carmichael (che in quegli anni aveva appena cambiato il nome in Kwame Ture) passando poi per il montaggio parallelo tra la riunione del Klan presieduta da David Duke e la riunione del sindacato degli studenti black (con un Harry Belafonte che sfoggia un monologo sul linciaggio di Jesse Washington del 1916 da manuale). Senza scordarsi poi la classica carellata (immancabile) seguita poi da una bellissima croce di fuoco riflessa negli occhi di uno dei membri degli incappucciati del Klan. La colonna sonora è adatta al narrato e mai troppo invansiva, non male la fotografia di Chayse Irvin e molto credibili i costumi di Marci Rodgers. Gran bella prova del cast tutti credibili dal protagonista John David Washington passando per Adam Driver, senz ascordarsi poi di: Laura Harrier, Topher Grace, Jasper Pääkkönen, Robert John Burke ed il già citato Harry Belafonte.


Tirando le somme consiglio altamente questa pellicola che non è densa e diretta come Mississippi Burning di Alan Parker (per fare un esempio) anche perché i luoghi in cui il tema (e come) viene trattato rendono questo nuovo film di Spike Lee più "leggero" ma non meno pregno di significato e di una ben definita presa di imposizione vista la particolare personalità del regista stesso.

Commenti

  1. Da quanto tempo! Bentornato ;)
    Comunque mi aspetto parecchio da questo film, sopratutto dopo aver visto Get Out, certo però che un titolo più facile da dire no?

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    1. Non ho ancora visto Get Out, ma è un film in pieno stile Spike Lee su questo puoi stare sicuro. ;)

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