Bone Tomahawk (2015) L'opera prima di Steven Craig Zahler


Opera prima, che non sta a significare la prima opera che hai visto, ma più che altro il primo lavoro sul grande schermo per un regista. Come tutti sappiamo nel cinema odierno (e passato) il primo lavoro di un cineasta è il biglietto di presentazione (ed anche il battesimo del fuoco) di quella che è la sua stilistica, lo è sempre stato per tutti: Tarantino, Ridley, suo fratello Tony e cosi via, nessuno si è mai tirato indietro al primo ciak. Che dire quindi di Steven Craig Zahler: nato a Miami (quindi tutto Heat) nel 1973 ma Newyorkese di residenza, scrittore di romanzi che spaziano attraverso generi diversi, musicante dedito al metal e praticatore della settima arte fin dagli anni 90, da cui pure una sceneggiatura che scrisse ai tempi del sacro college diventò un film (The Incident del 2011), decide nel 2012 di essere pronto per il grande schermo del cinema che conta. Prima cosa chiama il cast: Kurt Russell, Richard Jenkins, Patrick Wilson, Matthew Fox, Sean Young, David Arquette, il compianto Sid Haig e la mia super stra favorita Lili Simmons, poi con un budget di quasi due milioni di ex presidenti morti prende telecamere e va a girare in California a Malibu. Vi direte voi qual è stato il risultato? ve lo dico subito. Un cult!
Non un cult immediato però, ma di quelli che nel tempo verrà rivalutato: per la sapienza nel saper mescolare i generi in un contesto come quello del cinema moderno, che poche volte si sente tirato in ballo, quando si tratta di dover intrattenere in modo personale (ed originale) senza catene della produzione che dettano legge. Ci troviamo di fronte quindi ad un western horror ben fatto: macabro e dannatamente violento quando si tratta d'esplodere. La scrittura sembra prendere da Leone quel tipo di narrativa spalmata su tutti i 132 minuti di durata, una di quelle esperienze di visione che si prende tutto il tempo del mondo ma che allo stesso modo, con inutito, mette tutti gli elementi che formano il quadro finale (sanguinolento) che rimanda molto ad altri registi italiani come Ruggero Deodato e Umberto Lenzi. Kurt Russell interpreta uno sceriffo nel selvaggio west che riunisce una squadra per salvare la dottoressa (e che gnocca di dottoressa dico io) locale chiamata Samantha (Lili Simmons) quando viene rapita da una tribù conosciuta come i Trogloditi. Quattro uomini escono per riaverla indietro: lo sceriffo, il marito di Samantha Arthur (Patrick Wilson), un veterano di nome Chicory (Richard Jenkins, ricorda molto Walter Brennan) e il dandy sinistro e vendicativo Brooder (Matthew Fox). Non c'è bisogno di dire che il viaggio e la fine del viaggio sono un calvario indicibile. I Trogloditi sono dei cannibali molto inquietanti, una versione di ogni specie horror che voi abbiate mai visto, e con un grido animale forte ed mostruoso. È davvero roba da nascondere sotto il sedile, ma girata con assoluta serietà e conoscenza di quello che si sta facendo, non mi spreco per Russell che ci regala il prototipo di quello che sarà poi John Ruth, in The Hateful Eight di Tarantino, caricandosi tutta la parte eroica tipica dei suoi film e del suo modo di recitare. Come molti suoi fratelli western, Bone Tomahawk può dire di essere un trattato sulla paranoia dei coloni nella frontiera sconosciuta, ma è anche un esercizio di genere: un film più spaventoso che un'opera su teste calde dal grilletto facile e dai cavalli ruspanti nel deserto.
Da citare assolutamente la colonna sonora fatta dallo stesso regista, che scandisce in ottimi modi le parti tranquille e quella bomba violentisisma del finale ed il gran montaggio a quattro mani di Greg D'Auria e Fred Raskin, si lo stesso Raskin che è ormai il montatore personale dei film di Tarantino dopo la morte di Sally Menke (di cui lo stesso Fred fu assistente in Kill Bill). Quindi concludendo: non siamo di fronte ad un comune cannibal-movie, ma ad un film che si concentra molto sui personaggi, tutti ben caratterizzati, forse un po stereotipati ma sicuramente d'effetto in una pellicola di questo genere. Western e horror non è una novità, però è altrettanto vero che non si è mai abusato della miscela fra questi due generi e quando succede è quasi sempre manna (insaguinata) dal cielo. Ma la cosa che più deve interessare è che questo è stato il primo passo di Craig e dalì fino ad oggi non si è più fermato.



Commenti

  1. Uno splendido film sotto molti aspetti, particolare la sua visione delle sparatorie, completamente spogliata di tutta l'epica del western.

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    1. Si esatto una decostruzione del genere come I Compari di Altman. Grazie per la visita ;)

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  2. Zahler non si cura delle mode cinematografiche del momento, il suo cinema non prende prigionieri e non fa sconti a nessuno, gli si vuole bene per questo ;-) Cheers!

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    1. Talenti così non bisogna perderli, rimasi meravigliato la prima volta che ho visto il film.

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  3. Beh sì, un'opera prima con i fiocchi e controfiocchi ;)

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