Clockers (1995) When there's murder on the streets, everyone is a suspect


- È rivolto agli abitanti del ghetto di New York. Ho voluto tirar fuori le loro contraddizioni per far capire che nascere neri e poveri non significa necessariamente nascere gangster, spacciatori, drogati, ballerini o rapper, ma che si può perfino studiare, avere un lavoro, metter su famiglia -


Uno Spike Lee molto sperimentale, entrato in cabina di direzione e sceneggiatura dopo l'abbandono del regista originale (rimasto tra i produttori) un certo Martin Scorsese. Il film affronta e critica temi come la violenza, l'uso delle armi, la droga, l'AIDS, il genere musicale del gangsta rap e l'impatto dei mass media sulle persone.


Del cineasta originale non ne è rimasto molto, se non solo la suggestione del solito Harvey Keitel, ma neanche dell'autore Price infatti Spike Lee ha riscritto tutta la produzione con il proprio stampo personale e di sicuro la pellicola ha preso una direzione ancora più interessante. Il messaggio (tralasciando la critica aperta al Gangsta Rap, "pensavo che questo film sarebbe stato l'ultimo chiodo nella bara del gangsta rap") di Lee è chiaro e lampante così come la messa in scena e la narrazione che collega i vari personaggi tra loro, in cui la catarsi è liberatoria dopo tutto quel degrado che ci viene mostrato, quasi come una speranza ma allo stesso tempo un avviso. 



Lee adopera una saturazione dei colori anni settanta, bianco e nero e immagini a 16 mm, riuscendo a creare un look che fa somigliare Clockers a un film di blaxploitation ma che in realtà è in effetti un thriller poliziesco, Malik Hassan Sayeed alla fotografia comunque rende bene l'idea che il regista ha nella sua visione estetica. Ottima prova del cast (anche se Turturro ebbe da ridire sulle scelte del casting), ognuno recita la sua parte nel migliore dei modi in particolar modo: Mekhi Phifer, Keitel, Delroy Lindo, Isaiah Washington, Regina Taylor e Keith David.




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