Chained (2012) Il serial killer che volle essere padre


Le capacità artistiche della figlia d'arte Jennifer Lynch non arrivano di certo ai livelli di quelle del tanto famoso (e forse anche scomodo paragone) padre, però ammetto che questo "Chained" ha un suo perchè. Il film è di produzione canadese girato completamente a Regina in Saskatchewan per un periodo di quindici giorni. La Lynch chiamò lo stesso team di Surveillance per la direzione di questo film, il soggetto originale del film è stato ad opera di Damian O'Donnell e sebbene a Lynch piacesse la sceneggiatura, sentiva che era sbagliata per lei, dato che non voleva girare un film basandosi solamente sulla "Torture Porn". La produzione allora scelse di dar ragione alla Lynch che eliminò falla sceneggiatura tutte quelle oarti che contenevano violenza gratuita così da umanizzare e spiegare (ma non giustificare) la vita folle del killer. D'Onofrio fu la prima scelta del cast, visto che la regista voleva un attore capace di umanizzare il killer e donandogli le giuste sfumature di caratterizzazione dal canto suo Vincent accettò immediatamente visto che voleva lavirare con lei sin dai tempi di Boxing Helena. L'altro protagonista, Eamon Farren, rimase colpito dalla lettera e dallo script inviatogli dalla regista successivamente ebbe modo di imoare molto grazie alla fantastica alchimia venutasi a creare tra lui e D'Onofrio tanto che un certo numero di scene furono improvvisate.


Non stupisce quindi la scelta di Lynch di dirottare la pellicola verso una genere più particolare come quello del thriller psicologico. Il film quindi non risulta tantomeno il solito thriller con il prigioniero di turno ed il carnefice folle, quindi mutare e focalizzare il soggetto sul rapporto perverso e finto "padre/figlio" dove il padre era un serial killer ed il figlio un ragazzino rapito forzatamente dopo aver visto la madre è stata una bella scelta di copione. Il film può essere decifrato come uno studio su come sono fatti i mostri, a cui anche fa capolino un accusa su cosa può perpetrare l'abuso sui minori. Attraverso la storia di Bob, Lynch ha cercato di mostrare come la società lo trasformasse in un mostro attraverso l'abuso di minori. Con il bambino invece si esplora il tema di "natura contro cultura" e del percorso di formazione. Il personaggio interpretato da Farren è descritto come un bambino rachitico, un uomo di diciannove anni che ha smesso di maturare emotivamente a nove. Il bambino quindi non è diventato quello che Lynch ha definito "una replica in piena regola di Bob" perché ha un'infanzia amorevole. Ciò ha permesso a Lynch di confrontare e contrastare la natura ed evoluzione dei due uomini, ed in particolare non voleva far continuare il ciclo di violenza evitando così di rendere il bambino un killer, che secondo la regista stessa sarebbe stata una trovata noiosa.



Infatti la cosa che mi ha intrigato di più è stato proprio questo rapporto perverso tra i due, a volte malato, altre volte pure metaforico, dove l'assassino si affeziona al ragazzo fino a ritenerlo il suo successore, colui che avrebbe appreso da lui e che avrebbe continuato un giorno a svolgere il suo "lavoro". Vincent D'Onofrio pensavo di averlo visto cattivo sulla serie di "Daredevil" quando interpretava Kingpin, ma mi sbagliavo di grosso; su "Chained" mette veramente paura; il suo lato psicotico riesce ad inquietare tantissimo, e forse è uno dei serial killer più singolari tra quelli che ho visto nella storia del cinema; non tra i migliori, tra i più anomali; d'altronde l'idea sta proprio qui, nel mostrare un briciolo di umanità deviata nella mente di un assassino spietato, bisognoso di avere qualcuno per non sentirsi solo mentre svolge le sue terribili azioni, di avere qualcuno accanto che non lo giudicasse negativamente per quello che faceva, ma anzi, approvasse il suo operato. Quindi quello che colpisce maggiormente in questo lavoro di Jennifer Lynch: la relazione simbiotica tra carnefice e prigioniero mostrata con un pizzico di affetto "sincero", decisamente contrastante nel contesto affrontato. Peccato solo per la scena finale che ha causa dei tagli voluti sul minutaggio dalla produzione trasforma il colpo di scena in qualcosa di superfluo e che poteva essere estromesso dalla trama. In conclusione a livello tecnico la figlia d'arte ci sa fare, regalando delle belle inquadrature ben assimilate al contesto e con una scenografia minimale degna del tipico stile del padre.

Commenti

  1. Oddio cosa mi hai ricordato che dovevo vedereeee!
    Che poi il protagonista è stato proprio in Twin Peaks del paparino, l'anno scorso.
    Ed era cattivissimo.
    Bene, bene^^

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Davvero non lo sapevo che era presente! Infatti debbo ancora veder la terza stagione.

      Elimina
  2. Probabilmente l'avrò visto, perché ricordo la scena della pugnalata, ma poi niente più, quindi non sapendo dare un giudizio nel complesso, condivido le tue parole, anche se per me sarebbe 6 ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Boh sarà stato Vincent a trascinarmi nelle sue turbe 😂

      Elimina
  3. Eccomi qui a ricambiarti la gradita visita sebbene, ripeto, non seguo cineblog, eccetto Pietro che vedo qui sulla mia testa.
    In ogni caso, la tua immagine di copertina mi ha fatto troppo sorridere, e la frase subito sotto mi ha fatto ripensare al tuo commento.
    Quanto al film, invece, discostiamoci, come hai detto tu, dal pregiudizio di "figlio d'arte", e aspettiamo nuove pellicole che andranno a definire ancora meglio la bravura di questa regista.

    RispondiElimina

Posta un commento