Hart's War (2002) Sotto corte marziale


Questo è uno di quei film che non ho mai avuto tempo di guardare ma che ho sempre sentito nominare, questo anche grazie al titolo italiano molto evocativo "Sotto corte marziale". La MGM prese i diritti cinematografici del romanzo di John Katzenbach (basato sulle esperienze dirette di suo padre, prigioniero di guerra durante il secondo conflitto mondiale) un anno prima della sua pubblicazione. Il produttore David Foster acquistò i diritti dopo aver letto il manoscritto, il titolo del film era originariamente chiamato Grant's War, che secondo loro era troppo stile guerra civile per un film ambientato durante la seconda guerra mondiale. Jeb Stuart venne assunto per adattare il romanzo. Alfonso Cuarón fu chiamato per dirigere e Terry George riscrisse la sceneggiatura. Lo studio prevedeva di iniziare le riprese nell'aprile del 2000, ma Cuarón lasciò il film per lavorare su "Y tu mamá también". Edward Norton venne inizialmente scelto per il ruolo principale di Tommy Hart.



Il cineasta Gregory Hoblit ha realizzato dei film davvero interessanti in carriera: Primal Fear, Fallen, Fracture e Frequency sono tutte opere molto divertenti che hanno dimostrato che Hoblit aveva l'abilità di abbracciare diversi generi ottenendo il meglio dai cast stellari che vi prendevano parte. Anche se non ha mai prodotto grandi guadagni al botteghino, e solo "Primal Fear" ha ricevuto l'attenzione dei premi, ha comunque realizzato film degni di nota. I film di guerra normalmente non fanno affari molto spesso al giorno d'oggi. Anche nel momento in cui aggiungi un grande nome o ottieni l'entusiasmo per un premio, non sempre significa che riusciranno a recuperare i loro soldi, ma sono diventati un vero successo finanziario all'estero solo a causa dell'ambivalenza degli Stati Uniti nei confronti di tutto ciò che riguarda anche lontanamente le loro guerre preventive. Ma gli scarsi incassi non significano necessariamente che un film sia orribile. Hart's War non fu né un successo di critica né finanziario. È comunque uno di quei film mostra una sontuosa messa in scena dove il suo budget di 70 milioni di dollari si fa sentire eccome (in questo la fotografia di Alar Kivilo è davvero degna di nota). Fondamentalmente un dramma giudiziario ambientato all'interno di un campo di prigionia, c'è di più in atto qui di quanto sembri. La fuga, il tradimento e uno scontro di volontà tra il colonnello americano McNamara interpretato da Bruce Willis, comandante del campo tedesco, e uno dei suoi ufficiali minori, offre un buon mix di commoventi azioni di guerra e intense scene di corte marziale. Bruce Willis potrebbe essere il grande nome qui, ma è messo in ombra sia da Colin Farrell che da Linus Roache e Marcel Lures. Il film di Hoblit è stato massacrato alla sua uscita e alcune critiche erano giustificate, ma questo è comunque un film degno di essere visto almeno una volta.



Fondamentalmente è "La Grande Fuga" unita al più classico e amato dei generi americani, ovvero il dramma giudiziario, però la premessa di ambientare tutto il processo in un campo di prigionia nazista regge il gioco e stuzzica più di una volta. La vera anima di questa sceneggiatura risiede nel sottotesto razziale, in cui viene messo in mostra il pregiudizio dei soldati afroamericani anche in tempo di guerra contro i Nazisti (e non solo). La regia di Gregory Hoblit è funzionale e ben congegnata al racconto che viene esposto in tutto il suo sviluppo. L'apporto di un cast carismatico è il valore aggiunto: un Colin Farrell in rampa di lancio a Hollywood, Bruce Willis eroe autoritario, Marcel Iureş nelle vesti di un comandante nazista diverso dal solito sono interpretazioni giocate benissimo nei rispettivi ruoli interpretati, ma che spicca su tutti è indubbiamente Terrence Howard, con la sua prova regala un sottile monologo che mostra l'ipocrisia americana (in tempo di guerra) nei riguardi dei suoi compatrioti afroamericani. Certo, il film si avvale di un paio di scelte teatrali e di una lampante retorica americana, ma questo non limita la capacità di giocarsi più che degnamente le sue carte migliori nei generi che tratta.

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