John Wick: Chapter 4 (2023) La mia vendetta di compie ora




Vent'anni fa cominciava al cinema una delle più grandi vendette del 21esimo secolo, mi riferisco a Kill Bill di Tarantino, ma vent'anni dopo si conclude una delle vendette (delle vendette delle vendette) che ha riportato di nuovo sulla bocca di tutti (in Occidente) il cinema delle arti marziali: con "John Wick: Chapter 4" si conclude la quadrilogia con protagonista il sempreverde Keanu Reeves, una gran cavalcata che ha portato alla ribalta il regista/stuntman Chad Stahelski nella Hollywood che conta. Pensare che tutto è iniziato nel 2014, film che mi sono perso al tempo ma poi recuperato, con un piccolo e personale film di genere fino a diventare un franchise chiacchieratissimo (anche con un po' di forzatura dai produttori, banconota chiama) con un proprio universo cinematografico (addirittura è uscita una serie con Mel Gibson). Un regista di vecchio stampo come Oliver Stone ha definito questo film come poco credibile, in questo non gli si può dar torto visto che è pur sempre un ex-soldato che parla, certe scelte di copione sono alquanto inverosimili ma io personalmente posso soprassedere se il fattore intrattenimento mi viene infuso durante la visione dal cast creativo della pellicola. Girato con 100 milioni di dollari ne ha ottenuti più di 400 in tutto il mondo, quando le cifre parlano a volte si può dire poco anche se non è un fattore che può incidere sull'effettivo valore qualitativo del prodotto, non in questo caso visto che la pellicola si merita tutti gli elogi possibili.





Il cast per questo ultimo capitolo è tra i più ghiotti per il genere che rappresenta: Donnie Yen, Scott Adkins e Marko Zaror già parlano fa soli come presenza di peso divistico marziale, nonostante i primi due abbiano dovuto sottoporsi a dei "trucchi" per mettersi al livello di Reeves: Donnie Yen accecato e Adkins inciccionato (tanto da sembrare il cantante dei Rammstein nel video Keine Lust, pur sempre di tedeschi parliamo alla fine) ma che nel loro grande talento risultano credibili e carismatici come sempre. Anche sul fronte di attori abbiamo la presenza del sempre mitico Hiroyuki Sanada, che quando si tratta di chiamare attori giapponesi in produzioni Hollywoodiane lui è sempre il primo nella lista, ma anche vanno citati professionisti come Clancy Brown e Bill Skarsgård che gli tocca fare il cattivo di turno (e forse il più carismatico della saga), menzione per la bella Rina Sawayama che firma anche un pezzo della colonna sonora oltre che recitare. Il resto è basato sulla solida presenza degli attori della saga: Reeves, McShane, Reddick (un abbraccio ovunque tu sia) e Fishburne. La trama ricalca da dove ci eravamo fermati, ossia Wick che deve vendicarsi della Gran Tavola, su questo il film è prevedibile come anche il finale (forse).



Ma la vera potenza (non solo di fuoco) di questo quarto capitolo è tutta nel meraviglioso incipit a Osaka, dove sul suolo giapponese (sempre fotografato al neon, vizio introdotto da Ridley Scott negli anni ottanta) si parte alla grande tra snocciolamenti di vita filosofica e messa in scena d'arti marziali miste e pallottole da ogni dove. Era da molto tempo che non vedevo una overture del genere, in cui viene alzato tutto al massimo, successivamente il film tende a calmarsi (modo di dire) su dei binari più standard d'azione narrativa, che restano comunque dannatamente elaborati e inscenati da gente che ne sa, si veda tutto lo scontro nel finale a Parigi prima del duello finale. In pratica da un certo punto in poi si assiste ad una pornografia di pallottole, botte e inseguimenti che a molti potrebbe far storcere il naso, ma io che adoro il genere sin dall'infanzia è una prolissità che abbraccio nel migliore dei modi. Il finale si mostra con il classico duello di pistola, come nelle vecchie regole dei gentiluomini per risolvere i conti, in questo non si poteva chiedere di più neanche alla saga. Resta comunque il fatto che Chad Stahelski, in questi otto anni di lavoro, ha alzato l'asticella ogni volta che poteva anche a discapito del continuo stiracchiamento del già semplice soggetto di partenza che aveva scritto Derek Kolstad, questo è un grandissimo merito oltre quello già menzionato di aver rimesso sulla bocca di tutti un genere snobbato dagli elitari "esperti di cinema". Io dico bravo Chad, bravo Keanu, siete dei nostri.


Ah già! Dimenticavo come si può non amare un film che ti cita direttamente (e forse anche indirettamente) i lavori di Walter Hill? Del resto la matrice anni 70/80 del film è sempre quella, quindi citare due lavori come "The Warriors" del 1979 e "Extreme Prejudice" del 1987 rispettivamente in due distinte scene: l'inizio del ballo di pallottole prima di arrivare al duello finale e in particolare lo stesso duello finale che richiama quello tra Nick Nolte e Power Boothe.



Commenti

  1. Insomma, non mi è dispiaciuto, ma si poteva fare di più, che più si va avanti più certe esagerazioni aumentano.

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