The Guard (2011) Il poliziotto irlandese, di John Michael McDonagh


Di titoli italiani discutibili ne abbiamo letti tanti, in questo caso, "The Guard" e il pubblico ipotetico italiano di "Un poliziotto da Happy Hour" non hanno nulla a che fare reciprocamente, per ragioni totalmente opposte. Forse sarebbe stato meglio scegliere "Un poliziotto da Guinness", che era stato realmente preso in considerazione, nonostante sembri una freddura. Tutt'altro che allegro, sociale e scontato, come si presume sia un happy hour, è il personaggio interpretato dal mitico Brendan Gleeson e il film nel suo insieme vanno invece riportati alle intenzioni (felicemente realizzate) del loro autore, John Michael McDonagh (fratello maggiore di Martin, qui in veste di produttore assieme a Don Cheadle), ovvero alle memorie ombrose di malinconici e malconci personaggi da western crepuscolari ma inondati dall'anima irlandese. Questo è "The Guard": una pellicola non convenzionale, persino nel panorama della commedia acida anglosassone, al quale portare rispetto, perché sa dove e come muoversi nel suo inospitale territorio e, alla fine, potrebbe anche conquistarci del tutto, cosa che ha fatto con me nella mia adolescenza.



La trama del film è minimale, mostrandoci un disincatato sergente della Garda Irlandese (Gerry Boyle) decisamente atipico negli schemi comportamentali, nei rapporti interpersonali con gli altri, ma ben ben consapevole della realtà del suo ambiente lavorativo. Egli si troverà a dover affrontare una serie di reati, omicidi e traffici illeciti, dai quali dovrà districarsi con il suo fare anticonvenzionale. Nella storia è anche presente un agente FBI con il quale la Garda instaurerà uno strano rapporto di collaborazione. La sceneggiatura e la regia del maggiore dei McDonagh, alla sua opera prima, si occupa sopratutto di utilizzare l'ingombrante massa corporea di Gleeson arricchendola di sfumature e ombrosità, caratteriali e comportamentali che trasformano il personaggio principale in una storia quasi a sé stante rispetto alla trama. Sulla scia di "In Bruges" senza alcuna sorta di dubbio, ma anche quasi un antesignano del ben più stratificato "The Banshees of Inisherin".




Il risultato è davvero molto buono, redendo accettabile il basso ritmo narrativo del film. Inoltre, è molto particolare ed esteticamente evocativa l'ambientazione nello scarno paesaggio dell'ovest Irlandese. Seconda anima è la plumbea fotografia di un esperto come Larry Smith, che negli interni ma in particolare negli esterni della Contea di Galway forma la colonna visiva portante della pellicola. Davvero questo è un piccolo gioiellino del cinema indipendente irlandese (e quello che ha venduto di più in patria per la fetta di produzione che rappresenta), girato. Per la tipologia dei dialoghi e dei personaggi non si può che sentire lo stile del primo Tarantino prettamente pulp degli anni '90, ma in quel sottile eco vi si trova molto di più. Usando come base il più classico dei generi americani, il buddy movie, il regista riesce nel mettere poco a poco un'altra anima tipicamente irlandese, fatta da personaggi malinconici e malconci di stampo prettamente europeo. Cast che non sfigura: Gleeson giganteggia, Cheadle accompagna con eleganza, Strong gigiona da cattivo e così in armonia fa il resto del cast (Liam Cunningham, Catarina Cas, David Wilmot) che colma le lacune di questa storia irlandese, densa di humour fatto di chiari e scuri ma anche di una bellissima e toccante vena molto intimista. Senza contare poi i richiami al Western più classico durante certe riprese.



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